«Aspettare la manna dal cielo» è probabilmente uno dei modi di dire più frequenti e forse anche di origine più scoperta: non occorre un gran che per sapere che il popolo di Israele nel deserto non poteva e non doveva lavorare per potersi nutrire: bastava che aspettasse la manna dal cielo.
Secondo il racconto biblico la manna cadeva tutti i giorni dell’anno, tranne il sabato in quanto giorno festivo; anzi, per compensare questa assenza settimanale, il venerdì cadeva in doppia misura.
La manna dal cielo
Numeri 11,8 «Il popolo andava in giro a cercare, la raccoglieva, la tritava nelle macine o la pestava nel mortaio, la cuoceva in pentola e ne faceva focacce: il suo gusto era come gusto di pane all’olio».
Il popolo non doveva fare altro che raccoglierla, tritarla e cuocerla; non serviva che si spaccasse la schiena per zappare, vangare e dissodare, né che attendesse lunghi mesi che venisse la stagione del raccolto, sperando in bene. Tutto pronto e scodellato o quasi… e questo, per quaranta lunghi anni!
Per le ipotesi scientifiche su questo fenomeno vedere QUI.
Non c’è da meravigliarsi dunque che l’espressione «Aspettare la manna dal cielo» abbia assunto il senso metaforico di «rimanere inoperosi attendendo che qualcun altro faccia il lavoro per noi» o ci tragga fuori dai guai.
Il Dizionario di De Mauro parafrasa l’espressione con «Sperare nella soluzione improvvisa di un problema senza far nulla per togliersi d’impiccio».
Però la manna biblica si trova anche nella forma «Essere una manna» nel senso che una determinata cosa, o persona, o avvenimento è qualcosa o qualcuno di insperabilmente fortunato e provvidenziale, in grado di risolvere quella che si prospettava come una situazione difficile o addirittura disperata. La stessa espressione può ricorrere anche a significare la dovizia inattesa di qualcosa, o una circostanza favorevole che consente abbondanti utili senza fatica alcuna.