Attenzione a quel che si diffonde. La nuova Catena di S. Antonio

La Catena di Sant'Antonio
Disinformazione (intenzionale), misinformazione (involontaria) e bufala (bugia confezionata con la parvenza della realtà). Di Mally95 – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=64479958

Attenzione a quel che si diffonde. La Catena di Sant’Antonio esiste ancora. Se vi arriva un messaggio sgrammaticato e inconsistente, del tipo

«È ufficiale. Firmato alle 10:33. Era anche in tv. Il mio è davvero diventato blu. Ricordatevi che domani inizia la nuova regola di META dove possono usare le tue foto»…

mi raccomando, non lo diffondete: è una bufala. Così pure,

«Anch’io sto disattivando! Così ora lo stanno facendo, appena annunciato su Channel 4 News. Facebook addebiterà a tutti gli utenti a partire da lunedì. Puoi fare un’opt-out facendo questo. Tieni il dito su questo messaggio e copialo. Non si può condividere. Non do il permesso a Facebook di addebitare 4,99 dollari al mese sul mio account, anche tutte le mie foto sono di mia proprietà e NON di Facebook».

Tra parentesi, le foto postate su Fecebook sono già disponibili per Facebook. Se non volete che le usino, semplicemente, non ce le mettete. È solo una Catena di Sant’Antonio…

Chi copia e diffonde questi messaggi si espone ad un rischio: quello di mostrare online la propria inesperienza in materia, e di prestarsi quindi a veri messaggi mirati a carpire dati relativi ad account o carte di credito. Di esporsi, insomma, a vere truffe di cui questi messaggi ridicoli sono solo atti esplorativi.

La vecchia Catena di Sant’Antonio

Un tempo c’erano le Catene di Sant’Antonio, e chi ci cascava aveva parecchio da lavorare: doveva ricopiare la lettera che gli arrivava per posta per 9 volte (o 13, o più…), tutto a mano, imbustare, scrivere altrettanti indirizzi, appiccicare altrettanti francobolli, impostare…

C’erano persone a cui faceva paura la Catena di S. Antonio, perché la lettera si concludeva di solito con minacce di disgrazie per i malcapitati che non avessero voluto replicare quel che era arrivato a loro. Ricordo che una volta a scuola l’insegnante di religione, l’indimenticabile don Betti, ci disse che se avessimo ricevuto una di quelle lettere e avessimo avuto paura di distruggerla avremmo potuto consegnarla a lui che se ne sarebbe tranquillamente sbarazzato.

La Catena di Sant’Antonio era una solenne sciocchezza, ma c’era un timore superstizioso che la circondava, e si può capire che qualcuno fosse titubante a sottovalutarla. Si può capire, a quell’epoca. È un fenomeno che nacque ai primi del Novecento (ma la prima Catena documentata in Italia è del 1849), con la diffusione dell’alfabetizzazione e dell’uso del mezzo postale (implica che una persona sappia leggere e scrivere e che esista un servizio di trasmissione della posta). Sant’Antonio, poveretto, non c’entra affatto, ma dato che era il Santo più gettonato (negli anni Cinquanta, le lettere iniziavano con: «Recita tre Ave Maria a S. Antonio…») fu il suo nome ad essere attribuito a questo fenomeno. Le lettere a volte avevano contenuto religioso, a volte no.

Talvolta queste Catene erano fatte circolare a scopo di lucro (chiedendo di inviare soldi), spesso si limitavano a promettere fortuna e minacciare sfortuna, e in tal caso chi ne traeva un guadagno, oltre alle Poste?

Attenzione a quel che si diffonde su WhatsApp

Oggi è tutto più facile: la Catena di S. Antonio si è modernizzata, basta un click. Si capisce anche che ci sia un guadagno a diffondere bufale: il guadagno è dei siti per i quali è importante aumentare, appunto, i click. Per WhatsApp, invece…

Arriva su WhatsApp un messaggio di questo tenore:

«Sabato mattina WhatsApp diventerà a pagamento! Se hai almeno venti contatti manda questo messaggio a loro. Così risulterà che sei un utilizzatore assiduo e il tuo logo diventerà blu e resterà gratuito».

Oppure, ed è peggio:

«Giralo per favore. Bimbo 17 mesi necessita sangue gruppo B positivo per leucemia fulminante, fai girare l’sms per favore è urgente. Inviala a tutti i tuoi numeri è importantissimo».

Tre papi insieme

La Catena di Sant'Antonio
Fonte immagine: https://www.butac.it/foto-tre-papi/. Butac, il nome del sito, significa «Bufale un Tanto al Chilo». Meditate, gente, meditate…

O ancora, vista coi miei occhi (e ringrazio tanto la signora che me l’ha fatta vedere per un consiglio), una foto da far girare, spacciata per foto in cui sono ritratti insieme tre papi: Giovanni Paolo II papa regnante, Ratzinger futuro Benedetto XVI e Bergoglio futuro papa Francesco. Commovente, no? Che coincidenza! Tre papi in un colpo solo! Ma è una bufala. Giovanni Paolo II e Ratzinger insieme? sicuramente, niente di strano. Ma Bergoglio quanti anni avrebbe dovuto avere all’epoca? Come poteva essere già così vecchio? È un fotomontaggio.

La foto originale. Il terzo personaggio è il card. Édouard Gagnon, classe 1918. C’è una bella differenza…

Catene di questo genere, quando arrivavano per email, servivano al mittente a raccogliere dati ed a venderli alle aziende per i loro scopi pubblicitari. Ma su Whatsapp questo non è possibile. Se il messaggio contiene un link, cliccandovi sopra potrete contrarre un virus oppure farvi addebitare un servizio a pagamento: non fatelo mai. Se il messaggio invece è solo allarmistico, lascia il tempo che trova: viene da un burlone, o da un mitomane. Ma perché fare il suo gioco?

Modernamente, queste bufale telematiche hanno spesso la forma dell’avvertimento (nei confronti dei vaccini, per esempio, o di certi cibi, o di certe persone, o di rimetterci economicamente). Fanno perno sulle paure che la gente inconsciamente nutre, e che può pensare: «Perché rischiare? Se fosse vero…».