Nel cammino nel deserto, Mosè si trova varie volte ad essere contestato nel suo ruolo di condottiero. Di leader, diremmo oggi. Problemi di governo… Con Miriam, con gli esploratori, con Core.
Un filo conduttore di questa parte del libro dei Numeri è il tema, o meglio il problema, della leadership. È veramente Mosè il capo di questo popolo tumultuoso? O hanno ragione Miriam e Core?
Problemi di governo: la contestazione di Miriam
Come abbiamo visto, Mosè accetta volentieri di condividere le sue funzioni di giudizio con i settanta anziani, ed anche con Eldad e Medad che si pongono in certo senso fuori dei ranghi, nonostante l’opposizione di Mosè (vedere QUI).
Ma a questo punto è la sua stessa sorella Miriam che coalizzandosi con il fratello Aronne mette in discussione la leadership di Mosè. È lei la più scontenta, perché mentre Aronne era gran sacerdote e quindi gli era stata già affidata una grande parte di autorità, Miriam, benché chiamata “la profetessa”, era stata esclusa dall’esercizio dell’autorità, e ad affiancare Mosè erano stati scelti settanta anziani. La sua arroganza è punita con una malattia che la isola dagli altri per sette giorni; tuttavia, per il rispetto a lei dovuto, il popolo d’Israele non si muove dal luogo in cui si trovava in quel momento, da Hazeròt, finché Miriam non torna nella comunità.
Problemi di governo: la rivolta degli esploratori
L’episodio che determina la sorte di Israele per quarant’anni è la rivolta che segue al resoconto tendenzioso degli esploratori che terrorizzano il popolo scoraggiandolo dall’obbedire a Dio. Una parte del popolo arriva a dire: «Diamoci un capo e torniamo in Egitto». Non c’è cosa peggiore che essere schiavi del passato: della tentazione cioè di tornare in modo acritico ad un passato al quale si è sfuggiti, un passato di schiavitù, rinunciando alle proprie responsabilità con le difficoltà che esse comportano.
Problemi di governo: Core e la demagogia
La rivolta degli esploratori viene seguita da quella di Core, in ebraico Qorach. È un levita, che trova seguaci in una parte della tribù di Levi, nella tribù di Ruben, e in tutti i primogeniti che si sono visti soppiantati dai leviti nel servizio al santuario.
16 3 Si radunarono contro Mosè e contro Aronne e dissero loro: «Basta con voi! Tutta la comunità, tutti sono santi e il Signore è in mezzo a loro; perché dunque vi innalzate sopra l’assemblea del Signore?»… 13 È troppo poco per te l’averci fatto salire da una terra dove scorrono latte e miele per farci morire nel deserto, perché tu voglia elevarti anche sopra di noi ed erigerti a capo? 14 Non ci hai affatto condotto in una terra dove scorrono latte e miele, né ci hai dato in eredità campi e vigne! Credi tu di poter privare degli occhi questa gente? Noi non verremo».
Da parte loro, dunque, il quadro fosco di un futuro catastrofico e di un roseo passato (ci hai portato a morire nel deserto, e ci hai fatto abbandonare… una terra stillante latte e miele!). la vera terra del latte e del miele era, insomma, l’Egitto terra di schiavitù, e non la terra promessa, terra di libertà. Il vero scopo di Core era solo quello di conquistare il potere per motivi personali e non per servire la comunità… Ricordiamo che Mosè aveva cercato invece di rifuggire dalla missione di guida del popolo.
La visione ecclesiale di Core
Però, un momento. L’argomentazione portata avanti da Core è corretta, addirittura ammirevole:
16 3 Si radunarono contro Mosè e Aronne e dissero loro: «Voi siete andati troppo lontano! Perché tutta la comunità è santa, tutti quanti, e YHWH è in mezzo a loro. Perché allora vi innalzate al di sopra della congregazione di YHWH?”.
Non solo Core parla in termini democratici della gestione del potere nella comunità, ma la sua visione è del tutto conforme ai principi ecclesiali di comunione nella comunità! Perché il sacerdozio deve essere esercitato da una sola casta? Core ha dunque torto?
Divisione nella comunità
Mosè non ribatte all’affermazione che tutto Israele è santo, perché risponde ad una profonda verità. Capisce soltanto che Core non è animato da nobili ideali, ma vuole il potere per se stesso. Secondo il Midrash, la frase “e prese” con cui inizia il brano (grammaticalmente non collegata col resto del racconto) si riferisce alla volontà di Core di attirare le persone con parole gentili, in modo da farsi numerosi seguaci, tutti i nobili d’Israele.
Il Targum Onkelos comprende e traduce il verbo iniziale come “fece una divisione”, così come Targum Neofyti, “e divise”.
Mosè non può dunque rispondere che attraverso un giudizio divino: il Signore sceglierà il legittimo sacerdote fra Aronne e i 250 capi che avranno acceso l’incenso. Ai figli di Levi deve bastare che Dio li abbia separati dal resto di Israele per svolgere i compiti sacri nel Tabernacolo e nel servizio della comunità (16,8), senza che debbano cercare anche il sacerdozio. E la scelta divina è chiara.
In assenza di miracoli, tuttavia, come si potrebbe sapere chi ha ragione? Le parole di Core sembrano addirittura le più sapienti… In fondo, come farà notare il filosofo ebreo Baruc Spinoza, il fratello di Mosè era stato nominato sommo sacerdote, mentre tutti i leviti, i primogeniti e anche tutti gli altri israeliti erano stati perpetuamente esclusi da questo tipo di ufficio. Core non sta semplicemente denunciando il nepotismo di Mosè? Oltre tutto, Aronne era stato dolorosamente coinvolto nella realizzazione del vitello d’oro…
I saggi rabbinici riconobbero il dilemma notando però che la disputa di Core era una disputa per un interesse personale mascherata da ideologia. Il tempo, a lungo andare, avrebbe dato ragione a Mosè. E troviamo una interessante notazione: se la disputa avviene per amore del Cielo, come le controversie fra le scuole di Hillel e Shammai, cioè fra due parti animate da rette intenzioni, alla fine l’accordo ci sarà, o almeno ci sarà concordia fra di loro, perché le parti sono unite nella comune ricerca della verità. Se invece lo scisma non è per amore del Cielo, ma per amore del potere, allora nessun accordo sarà possibile. Un principio applicabilissimo anche ai giorni nostri.