Fede e scienza: il gatto nero in una stanza buia. Come si fa a sapere se c’è?
Cosa vuol dire avere fede? La parola presenta varie sfumature di significato. Quella che di solito viene in mente è la dimensione dottrinale: una fede è un complesso di dottrine cui si aderisce con la mente e cui ci si conforma con la vita. È l’aspetto oggettivo, nel senso che si riferisce all’oggetto della fede (fides quae creditur, la fede che si crede). L’altra dimensione principale è comportamentale: la fede è l’atteggiamento con cui ci si fida di (o ci si affida a) qualcosa o Qualcuno (fides qua creditur, la fede per mezzo della quale si crede). Poi c’è l’aspetto della fedeltà, la certezza con cui si crede o con cui ci si affida, la tenacia che mantiene in vita la fede nel tempo. Quindi, dottrina, fiducia, confidenza, fedeltà… tanti elementi che comportano una scelta intellettuale e una scelta di vita.
Ma perché si crede? Quali sono le basi della fede? Qui ci troviamo di fronte ad una profonda divaricazione dalla scienza, non perché fede e scienza siano incompatibili fra loro, anzi sono tranquillamente complementari, ma perché sono i loro campi ad essere completamente diversi per oggetto e per metodo.
Le basi della scienza e della fede
La scienza si basa sui dati di fatto, sulla sperimentazione, sulla formulazione di ipotesi che possono essere verificate (o falsificate cioè riscontrate false, ma anche il superamento delle ipotesi è costitutivo del progresso scientifico) in merito a tutto ciò che fa parte dell’esplorazione sensoriale della realtà. Si basa sulle prove, ed il suo oggetto sono i fenomeni naturali.
La fede si basa sulla fiducia, ed il suo oggetto è costituito da elementi che di per sé vanno oltre la natura. Come è possibile, allora, che la fede sia sensata, ragionevole, sia accettabile, se non è fondata sulla razionalità umana? Come è possibile credere, se non ci sono le prove? E le prove non ci possono essere, altrimenti non sarebbe fede, sarebbe scienza. Allora la fede è assurda? È cieca? Procediamo per gradi.
1. Il gatto nero
Scrisse Bertrand Russell: «Se un filosofo è un uomo cieco, in una stanza buia, che cerca un gatto nero che non c’è, un teologo è l’uomo che riesce a trovare quel gatto». Questo aforisma è efficacissimo: il teologo, credente, è colui che riesce a trovare al buio un gatto nero che non c’è. Peccato che la formulazione sia intellettualmente fragile perché parte da un preconcetto: l’asserzione dogmatica che il gatto non c’è. Ma se è tutto buio, e il gatto è nero, e io non lo posso vedere, io non posso dimostrare che ci sia, ma neppure che non ci sia: di ciò che sfugge ai sensi non è dimostrabile dalla scienza né la presenza né l’assenza.
2. E se il gatto, invece, ci fosse?
La parola pungente di Bertrand Russell può far sorridere, e tuttavia offre uno spunto interessante. In una stanza buia dove la vista non serve, non si può affermare, in base a quel che non si vede, che una cosa ci sia: questo è vero; ma neppure si può negare che la stessa cosa ci sia; per orientarsi in quella stanza buia si deve ricorrere a qualcosa d’altro rispetto alla vista, che in questo caso è la fiducia. Io non posso vedere al buio il gatto nero, ma se una persona degna di fiducia mi ha garantito che in quella stanza il gatto nero c’è, ci posso credere. Non posso verificarlo ma neppure negarlo se non a motivo della fiducia o sfiducia che nutro nel testimone. Quindi non è questione di “prove”, ma di fiducia nella testimonianza. E che una persona sia degna di fede può essere sperimentato.
3. La porta chiusa
Un altro esempio: sono davanti ad una porta chiusa a chiave da cui nessuno può passare. Qualcuno però mi dice: «Io conosco chi c’è entrato. Questa persona mi ha riferito che la porta conduce in una stanza in cui si trova una biblioteca con 5.000 volumi». Non ho prove di questo e non le posso avere; posso solo fidarmi o non fidarmi, credere o non credere.
Scusate la banalità dell’esempio, ma è questa la situazione in cui ci pone la fede. Non ho prove: credo o non credo? Mi fido o non mi fido? Anche se non mi fido e non credo, scelgo pur sempre sulla base di qualcosa che non ha giustificazioni scientifiche. Poiché l’ambito della scienza è solo la natura, ciò che va oltre la natura (oltre quella porta chiusa, per rimanere nell’esempio) non può essere provato che esista, ma neppure può essere provato che non esista. Potrebbe, infatti, esistere su un piano che è solo spirituale, a proposito del quale la scienza non ha strumenti.
4. La fede è irrazionale?
Scrisse Franz Werfel, nel suo bellissimo romanzo Bernadette (1941) che ha per protagonista la veggente di Lourdes: «Per chi ha fede nessuna prova è necessaria, per chi non ha fede nessuna prova è sufficiente».
Dal romanzo di Werfel, nel 1943, fu tratto un celebre film diretto da Henry King, che si può vedere integralmente QUI. Il film vinse 4 premi Oscar nel 1944.
Osservazione profondamente vera e innegabile. Le basi della “fede” o dell’assenza di fede non sono “prove” constatabili con i sensi. Se si crede non occorre niente per dimostrare vera la fede, se non si crede non c’è prova bastante per poter credere. Duemila anni fa, davanti alle medesime guarigioni operate da Gesù, c’era chi credeva e chi non credeva, chi pensava fossero illusioni, o addirittura opere del diavolo. Chi ha assistito ai miracoli del Sai Baba può aver creduto che fosse l’incarnazione di Shiva o aver pensato che fosse solo un abile illusionista o un uomo dotato di capacità paranormali o, peggio ancora, uno strumento del demonio: non è ciò che si vede con gli occhi ciò che di per sé convince.
Oltre la ragione ma non contro la ragione
Questo non significa che la fede sia irrazionale, essa ha invece una sua intima ragionevolezza. Va oltre la ragione, ma non è contro la ragione. Semplicemente, la fede non è e non può essere originata da “prove”. La sua origine sta altrove, in una esperienza non dimostrabile scientificamente. Ma non è nemmeno di natura emotiva, anche se le vicissitudini della vita possono avvicinare alla fede (o allontanarne).
Attenzione, anzi, alla fede originata da traumi o da esaltazione: può essere come la casa costruita sulla sabbia, o come il seme gettato tra le spine, basta niente per distruggerla o soffocarla.
Per durare, deve mettere radici solide nella conoscenza. Deve trovare le proprie ragioni nella mente (e a questo serve la teologia), non limitarsi allo slancio dell’emozione, che va e viene. Si dice che la fede sia cieca, come nella bella poesia di Trilussa che potete leggere nell’immagine; ma è una cieca che sa il fatto suo, che procede con passo lento e sicuro, e che al buio è capace di orientarsi meglio di tanti vedenti…
5. La sete e l’acqua
Un indizio a favore della fede può essere la constatazione che in ogni popolo, in ogni uomo c’è in qualche modo la sete di Dio. E se qualcuno chiedesse: «E allora? Che cosa dimostra la sete?», gli si potrebbe rispondere, sempre con Franz Werfel: «La sete dimostra la sicura esistenza dell’acqua». Provate a dire che non è vero…