Anche il Vangelo dell’Infanzia secondo Matteo, dopo un prologo rappresentato dalla genealogia di Gesù, è costruito – come il corpo del Vangelo – su 5 brani, più precisamente sulle citazioni di 5 passi biblici che l’evangelista vede adempiuti negli eventi della nascita e dell’infanzia, ossia la «genesi», di Gesù. Iniziamo con Matteo 1. Per l’impostazione del Vangelo secondo Matteo, vedere QUI.
Prologo
«Libro della genesi di Gesù Messia, figlio di Davide, figlio di Abramo» (1,1-17).
Questo arido elenco di nomi, che ad un primo sguardo ci direbbe ben poco, è, invece, di fondamentale importanza per l’ebreo Matteo, ma anche per noi: ci porta all’origine della storia.
Gesù, attraverso Giuseppe suo padre legale, è legato intimamente al popolo di Dio che discende da Abramo e alla casa di Davide di cui è l’erede, e ne compie le promesse.
Davide è il fulcro di questa genealogia, delle 14 generazioni (due volte sette, numero sacro per gli ebrei) che da Abramo convergono su di lui, delle 14 che da lui discendono fino al tempo dell’esilio quando i suoi eredi ancora cingevano la corona regale, ma anche delle 14 che dall’esilio, nel nascondimento, portano in sé la promessa della restaurazione messianica in Cristo.
Ma c’è un altro particolare, comprensibile solo nel mondo ebraico: le consonanti che compongono il nome di Davide, dwd, hanno un valore numerico che come somma dà ancora il 14 (D / 4 + W / 6 + D / 4 = 14).
Oltre a questo, il dato più significativo di tale genealogia – doverosamente al maschile – è la menzione di ben 4 donne (Tamar l’incestuosa – Rahab la prostituta – Ruth la moabita – Betsabea l’adultera), tutte straniere, tutte segnate dal peccato o almeno dalla infrazione delle regole, a ricordarci che il Cristo viene a noi in una storia, la nostra, impastata di peccato, ma anche che la salvezza è per tutti (4 è numero cosmico, universale). E intanto queste 4 donne preparano l’avvento di una quinta, la vergine Maria da cui passa definitivamente la salvezza, e così nuovamente abbiamo il 5, la perfezione della legge.
Un dramma in cinque atti
Atto primo (1,18-25 // Is 7,14): il Figlio della Vergine
Il testo
18 Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. 19 Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto. 20 Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. 21 Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
22 Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
23 Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio
che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi.
24 Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa, 25 la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù.
Il contesto
Torna la parola «genesi»: quella che qui si narra è la vicenda della genesi / nascita di Gesù il Messia da Maria, vergine sposa del giusto Giuseppe.
Gli ebrei distinguevano tra fidanzamento / erusin e matrimonio / qiddushin, ma il primo vincolava già quanto il secondo, poteva essere sciolto solo con il ripudio, e tradirlo equivaleva a commettere vero e proprio adulterio e quindi meritava la morte per lapidazione. La situazione, dunque, è umanamente tragica. Il lettore sa da subito che la gravidanza di Maria è dovuta allo Spirito Santo, a differenza di Giuseppe che è assalito dal sospetto.
L’unica cosa che Giuseppe sa è che il padre del bambino che sta per nascere non è lui, quindi non può prendere in moglie una donna che è stata di un altro. Il suo è un dilemma senza soluzione: esporre Maria al ludibrio, cosa che lui non vuole; rimandarla in segreto, cosa che lui vorrebbe fare, ma che non è possibile. Non una parola gli esce di bocca, neppure quando un sogno rivelatore lo indirizza nell’autentica volontà di Dio: divenire padre legale del Figlio di Dio nato dalla Vergine sposa.
Il compimento
Il concepimento verginale di Gesù dà compimento, nella sua portata ultima, a Is 7,14, in cui direttamente il profeta Isaia annunciava un evento naturale, la nascita del principe Ezechia dalla ‘almah (“giovane donna”) moglie del re Acaz. Ma la versione greca dei LXX, utilizzata da Matteo, traduceva con parthenos / vergine, elevando così l’evento predetto dalla profezia al rango soprannaturale: Gesù nasce da una donna, come specificherà Luca, che non ha mai “conosciuto uomo”.
La traduzione letterale di Mt 1,25, «[Giuseppe] non la conobbe finché non partorì un figlio», non contraddice affatto al dogma della verginità perpetua di Maria, in quanto la congiunzione finché, che per noi indica un limite oltre il quale le cose vanno diversamente che in precedenza, nell’antichità biblica segna solo il limite di interesse del discorso, senza contrapposizione con ciò che segue. Un esempio: quando 2Sam 6,23 afferma che Mical, figlia di Saul e moglie di Davide, non ebbe figli «fino al giorno della sua morte», non implica certo che ne ebbe dopo che morì!
(Continua)