
Il capitolo 2 del Vangelo secondo Matteo inizia con la notizia della nascita di Gesù a Betlemme e del lungo viaggio dei Magi per visitarlo.
Matteo 2
1 Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: 2 «Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo». 3 All’udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. 4 Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s’informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. 5 Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:
6 E tu, Betlemme, terra di Giuda,
non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda:
da te infatti uscirà un capo
che sarà il pastore del mio popolo, Israele”».
Il vangelo dell’infanzia secondo Matteo è drammatico e cupo, se confrontato con la gioia e la luminosità diffuse del racconto lucano: inizia con l’intimo tormento di Giuseppe e prosegue con il turbamento di Erode e di tutta Gerusalemme con lui. Veramente l’adorazione dei Magi sarà la scena più luminosa del vangelo dell’infanzia secondo Matteo: possiamo immaginare lo scintillio dei ricchi doni dei Saggi, e la luce sfavillante della stella che li guida. Non sono re i Magi del racconto evangelico: si dice genericamente che sono sapienti, quindi astrologi, che vengono dall’oriente, e popolarmente si considerano in numero di tre perché tre sono i tipi di dono che recano.
Sembra questo un elemento favoloso (midrashico se non leggendario), ed effettivamente potrebbe essere un midrash, una sorta di parabola in cui non conta la storicità dell’evento ma il suo insegnamento teologico e morale, che è questo: Israele ha rifiutato il Cristo, adorato invece dai pagani (cfr. parabola del banchetto).
Cosa mi fa invece pensare che ci sia un elemento storico di base a fondare il racconto dei Magi?
Punto primo.

La stella. Io l’ho vista: è apparsa verso il 21 dicembre del 2020, pochi giorni prima di Natale. Pendeva sul mare, verso ovest, sull’isola d’Elba, ed era la luminosissima congiunzione di Giove con Saturno che si verifica ogni 400 anni e ogni 800 è visibile ad occhio nudo. La videro col telescopio Galileo e Keplero nel 1623, e la videro i contemporanei di san Francesco nel 1226.
Fu visibile ad occhio nudo nel 7 a.C., che come sapete è il periodo più verosimile della nascita di Gesù, e in quel periodo fu visibile tre volte, quindi il fenomeno celeste durò circa un anno. Comparendo nel cielo ad occidente poteva aver guidato dall’Oriente, dalla Persia, dei sapienti, a cercare di scoprirne il significato: Giove e Saturno sono pianeti regali. Questo episodio rispetta il criterio della plausibilità storica. Non è certamente una prova scientifica ma rende plausibile la storicità fondamentale dell’episodio. La stella dei Magi è divenuta una cometa solo con Giotto, che aveva assistito al passaggio della Cometa di Halley.
Il viaggio dei Magi e la stella nell’interpretazione di Franco Zeffirelli: QUI.

Punto secondo.

Ancora la stella, ma qui si torna in ambito puramente biblico tanto caro a Matteo.
Se Matteo ha introdotto lui questo elemento della stella guida dei magi, perché non lo ha giustificato esplicitamente con la profezia di Balaam:
Numeri 24
15 «Oracolo di Balaam, figlio di Beor,
oracolo dell’uomo dall’occhio penetrante,
16 oracolo di chi ode le parole di Dio
e conosce la scienza dell’Altissimo,
di chi vede la visione dell’Onnipotente,
e cade ed è tolto il velo dai suoi occhi.
17 Io lo vedo, ma non ora,
io lo contemplo, ma non da vicino:
Una stella spunta da Giacobbe
e uno scettro sorge da Israele».
Sarebbe stata la motivazione perfetta per inserire l’episodio. Invece, per ottenere il numero di 5 profezie, Matteo si attacca ad una quinta citazione artefatta che è più una compilation di espressioni bibliche che una vera formula di adempimento. Un’occasione mancata se Matteo avesse voluto inserire i magi come adempimento fittizio.
Il messaggio teologico

Qualunque sia la “stella” che essi seguono, questi nomadi della fede riescono a leggere nel grande libro della natura i segni della volontà salvifica divina, che li conducono a Gerusalemme: lì troveranno la Scrittura.
La rivelazione naturale, offerta a tutti gli uomini di tutti i luoghi e di tutti i tempi, parla con il linguaggio muto della bellezza e della maestosità di un Dio creatore, giusto e provvidente, un Dio che viene incontro al bisogno di salvezza dell’uomo; ma l’incontro personale avviene nella storia della salvezza mostrata dalle Scritture. I Magi devono rivolgersi ad esse, attraverso il popolo di Israele, per trovare colui che è nato a Betlemme (Mi 5,1).
La presenza di Erode, morto secondo i dati storici nel 4 a.C., costringe a retrodatare la nascita di Gesù a circa il 7-6 a.C., quindi non al 753 dalla fondazione di Roma come stabilito erroneamente da Dionigi il Piccolo nel VI secolo, ma a qualche anno prima, il 746-747 ab Urbe condita.
I Magi, chiedendo «Dov’è il neonato re dei Giudei?» (e non, come sarebbe stato più corretto dal punto di vista ebraico, il «re d’Israele», anticipano la formulazione della motivazione della condanna di Gesù che sarà scritta sul titulus crucis: «Questi è Gesù, il re dei Giudei» (Mt 27,37).
Anche la confabulazione dei capi religiosi, che qui riguarda la nascita del Messia, anticipa quella che sarà la confabulazione del sinedrio sulla sua morte. Gli scribi sono i custodi delle Scritture, eppure non muovono un passo verso Betlemme: la conoscenza meccanica della Bibbia non basta per essere fonte di vita.
A Betlemme vanno invece i pagani: illuminati dalle Scritture – la luce della stella, da naturale che era, è entrata nella storia – trovano il Bambino e gli tributano il loro omaggio – oro, al Re; incenso, al Dio; mirra, all’Uomo.
Il vangelo dell’infanzia secondo Matteo è il vangelo secondo Giuseppe: è suo il punto di vista del narratore, come il punto di vista di Luca sarà quello di Maria. Ma nel momento dell’adorazione dei Magi Giuseppe si ritira discretamente, e sulla scena rimangono solo il Bambino e Maria sua madre. Testimone silenzioso e operoso delle grandi meraviglie di Dio, Giuseppe non può essere al centro dello scenario. Se un riflettore lo illuminasse, in piena luce starebbe la Madre col Bambino, e Giuseppe sparirebbe nell’ombra, custode di un Mistero di cui non è il padrone.
L’adorazione dei Magi nell’interpretazione di Franco Zeffirelli: QUI.