Terzo annuncio della passione, il più dettagliato: è una sintesi anticipata degli eventi della Pasqua di Gesù. Anche questa volta i discepoli non danno mostra di aver compreso, presi come sono dalla volontà di primeggiare sugli altri. Infatti la domanda pendente dopo che Gesù ha annunciato la sua Passione è: chi è il primo di tutti nel Regno dei Cieli? Tale è la miseria degli esseri umani.
La richiesta di primeggiare
La richiesta di essere primi rispetto agli altri è fatta, in Matteo, dalla madre dei figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni, non direttamente da loro come in Marco. Luca ometterà del tutto l’episodio, stendendovi sopra un velo pietoso. Matteo vuole almeno attutire la figura meschina che gli apostoli stanno facendo, attribuendo la richiesta lla madre. Ma la risposta di Gesù è indirizzata precisamente ad essi: non è l’ottenimento di posti d’onore ciò che va chiesto, ma la capacità di accettare, come il loro Maestro e Signore, il calice della passione.
Facile a dirsi, meno facile a farsi, accettare il martirio. Tuttavia entrambi, fortificati nella fede, lo affronteranno. Di Giacomo sappiamo che fu ucciso di spada per ordine di Erode Agrippa (At 12,2). Di Giovanni la tradizione afferma che fu sottoposto al martirio, anche se gli sopravvisse. La ricompensa, poi, è nelle mani del Padre.
La reazione degli altri
Gli altri discepoli non fanno miglior figura: reagiscono con non minore incomprensione di Giacomo e Giovanni, sdegnandosi con loro. Gesù ribalta ancora una volta la prospettiva umana: i capi delle nazioni spadroneggiano, ma nella Chiesa i primi non saranno i grandi, bensì i servi degli altri, conformandosi a Cristo che è venuto per servire fino a dare la vita per il riscatto della moltitudine.
I molti per cui il Figlio dell’uomo dona la vita non sono, come nella nostra lingua, una maggioranza ad esclusione di pochi, ma un grande numero che non esclude nessuno, la totalità. Lo vedremo meglio commentando le parole dell’Istituzione eucaristica.
I ciechi di Gerico (20,29-34)
Saranno piuttosto i ciechi a manifestare fede e spirito di sequela nei confronti di Gesù. In Marco il cieco di Gerico è uno solo e ha un nome, Bartimeo. Matteo tende a duplicare, forse per rafforzare, secondo la legge, il valore della testimonianza. Come in Marco, i ciechi, che non hanno l’uso della vista, utilizzano però bene quello che hanno, l’udito e la voce. Mentre i due figli di Zebedeo, che possiedono una vista normale, non riescono a vedere Gesù nella sua umiltà, i ciechi di Gerico, che non ci vedono materialmente, riescono a vedere con gli occhi della fede ed a credere chi egli sia: il figlio di Davide che è anche il Signore. Riottenuta la vista, lo seguono. L’unica cosa che si può chiedere al Signore è non il potere o l’onore, ma di avere misericordia. Gesù è sempre pronto a muoversi a compassione (20,34).