Strettamente legata al Politicamente corretto e alla Cancel Culture è l’ideologia Woke (termine del gergo afroamericano che significa sveglio), che è emersa e si è codificata negli anni 2010 identificandosi con una particolare sensibilità (se non vogliamo dire suscettibilità) nei confronti di possibili espressioni di pregiudizi o stereotipi razziali o di altro genere, individuate persino nei cartoni animati.
Entro il 2020, il termine ha assunto anche una connotazione di segno opposto, venendo assunto dai movimenti conservatori per bollare in modo ironico od offensivo le suscettibilità esasperate dei woke.
Una sensibilità esasperata agli stereotipi etnici aveva già spinto Cartoon Network a ritirare nel 1999 Speedy Gonzales, un cartone animato dei Looney Tunes, perché ritenuto offensivo [sic] verso i messicani. Nessuno poteva fermare il topo più veloce del mondo; ebbene, l’emergente ideologia Woke ci era riuscita. Ma con quale risultato?
Sì, quale risultato? I cartoni incriminati furono reintrodotti a furor di popolo a partire dal 2002, proprio per le proteste e le pressioni della Lega dei Cittadini Latinoamericani, la più antica organizzazione statunitense per i diritti degli ispanico-americani, che vedeva invece nella personalità del topo Speedy – un vincente – un’immagine positiva dei messicani. Prima di prendere iniziative in ossequio al Politicamente corretto, un po’ di realismo non guasterebbe…
Invece no: il fenomeno si è acuito. Si è addirittura scatenata una caccia agli stereotipi nel mondo Disney.
Caccia ai personaggi Disney
Se a subire la Cancel Culture sono stati negli ultimi anni anche alcuni classici del cinema tra cui Via col vento, in parte si può capire; ma sotto accusa sono anche i cartoni animati della Disney. Si arriva anche al ridicolo.
Gli Aristogatti sono accusati di razzismo per le caratterizzazioni etniche di un gatto: sai che scandalo se un gatto siamese è raffigurato con tratti asiatici! (la scena QUI).
Si vede benissimo che nella band sono presenti anche un gatto trombettista – Louis Armstrong, un gatto inglese ispirato a John Lennon, un gatto italiano e un gatto russo. Sono gatti diversi fra loro uniti dalla comune passione della musica. È razzismo? Oltre tutto, si tratta di un film in cui si insegna chiaramente ad andare ben oltre i pregiudizi di classe…
Peter Pan avrebbe invece denigrato i nativi americani in quanto Giglio Tigrato chiama i membri della propria tribù “pellirosse”, titolo considerato offensivo.
E poi c’è Dumbo…
Dumbo: una storia infinita
Dumbo è contestato perché i corvi vi si esibiscono in un coro con voci e movenze marcatamente afroamericane (la scena incriminata QUI).
Ma il bello è che i creatori si erano ispirati proprio a Louis Armstrong, e ad una autentica coppia di ballerini afroamericani, come avrebbero potuto fare in un diverso film nei confronti di Ginger Rogers e Fred Astaire senza provocare scandali in nessuno… e la scelta dei corvi era voluta, perché Dumbo è un «diverso» sbeffeggiato (in inglese, dumb vuol dire stupido), e i corvi sono neri e vittime di pregiudizi: una sorta di vicinanza tra emarginati e di richiesta di riscatto sociale e culturale.
I corvi del film rappresentano, in effetti, la cultura afroamericana degli anni Trenta – Quaranta, cosa evidente nel loro abbigliamento e nel loro numero di jazz: nessuno lo nega. I corvi vennero proprio creati prendendo ispirazione dagli artisti jazz dell’epoca, tra cui Louis Armstrong, e, precisamente, dalle movenze del famoso duo di ballerini afro-americani noto come The Jackson Brothers, che vennero appositamente scritturati per fare da modelli agli animatori.
Il capo dei corvi (originariamente si chiamava Jim Crow, dal nome delle leggi razziali vigenti negli stati del sud) venne doppiato da Cliff Edwards, unico attore bianco del gruppo, scelto per la sua particolare capacità canora. Tutti gli altri corvi sono stati doppiati da attori e cantanti afro-americani. La scena, essendo caricaturale, è stata ritenuta offensiva per la comunità afroamericana, ma non è così.
In difesa dei corvi
L’animatore afroamericano Floyd Norman, primo animatore afroamericano assunto negli anni Cinquanta e stretto collaboratore di Walt Disney, nel 2019 ha parlato in difesa dei corvi, di Disney e degli altri animatori (in un articolo intitolato Black Crows and Other PC Nonsense: QUI), che non erano razzisti e che semplicemente ironizzavano sul mondo dello spettacolo del tempo:
«Walt Disney era un intrattenitore e un artista e i suoi film animati semplicemente riflettevano ed emulavano i famosi artisti e membri del mondo dello spettacolo e dell’intrattenimento dei suoi tempi».
Nello stesso articolo ha criticato la tendenza politicamente corretta degli ultimi anni, definendola folle, insensata e distruttiva, e affermando:
«Miei cari amici, la Leggenda Disney Ward Kimball ha animato questi corvi jazzisti negli anni Quaranta. Se trovate razzista Dumbo di Walt Disney, è solo un vostro problema».
Secondo Norman, le persone sono diventate iper-sensibili e molto più povere quanto a umorismo. I corvi erano stati pensati per ironizzare sulle leggi segregazioniste vigenti in quegli anni negli Stati del sud, mentre il pubblico è diventato incapace di contestualizzare e di cogliere ironia e sarcasmo: «Sfortunatamente, l’ironia e il sarcasmo sembrano sprecati per l’attuale e ignorante generazione».
Ce n’è anche per il Libro della Giungla, ma non per i suoi avvoltoi… bianchi
Floyd è cresciuto guardando molte volte Dumbo fin da bambino e se ne è sentito ispirato a intraprendere la carriera dell’animatore Disney. In questa veste ha lavorato personalmente alla creazione degli avvoltoi ne Il libro della giungla, anch’essi personaggi emarginati, ma chiaramente ispirati ai Beatles. Tuttavia, sugli avvoltoi non c’è stata nessuna controversia: perché? Perché sono bianchi, perché sono inglesi? In realtà, anche Il libro della giungla viene contestato, non per gli avvoltoi – Beatles, ma per la tribù delle scimmie che è stata letta come metafora di neri scontenti che cercano invano di entrare nel mondo bianco a cui ovviamente non appartengono. Anche loro, infatti, si danno al jazz…
I corvi di Dumbo sono personaggi positivi
Il musicista John Grant rincara la dose a proposito dei corvi:
«Mi sembra molto strano il fatto che qualcuno veda seriamente un’offesa razziale nella loro rappresentazione. Quindi va bene fare caricature di ogni tipo di bianchi, ma non di neri? Questo sì che è razzista, ed è sicuramente un razzismo molto profondo, molto più profondo di qualsiasi cosa si possa trovare nella rappresentazione amichevole e positiva dei corvi».
Tra l’altro, i corvi della vita reale, così come quelli del film, sono intelligenti e capaci di provare empatia, e anch’essi sono vittime di pregiudizi ingiusti.
I corvi, anzi, sono fra i pochi personaggi del film a comprendere la condizione di Dumbo, che è come loro, per altri aspetti, un diverso; sono spiriti liberi, intelligenti, vivaci, compassionevoli, in quanto anch’essi sono un gruppo ostracizzato a causa dell’aspetto e dei pregiudizi su di loro. I difensori e i creatori stessi hanno affermato che i corvi rappresentano un riflesso della situazione razziale nel sud degli Stati Uniti d’America in quegli anni. Inoltre, Michael Wilmington ha definito i corvi «figure paterne», individui sicuri di sé. «Sono tosti, ma anche generosi. Non si inchinano davanti a nessuno. E, naturalmente, sono loro che insegnano a Dumbo a volare».
Anche la celebre attrice afroamericana Whoopi Goldberg ha difeso i corvi di Dumbo, assieme al film I racconti dello zio Tom, dichiarando che i personaggi meritano rispetto e giustizia e dovrebbero essere inclusi maggiormente nel merchandise Disney.
Il critico e storico cinematografico e dell’animazione Leonard Maltin ha convenuto che «I corvi sono innegabilmente neri, ma sono personaggi neri, non stereotipi dei neri. Nessun dialogo denigratorio o Zio Tomismo nella scena, e se ci vuole “offendere” nell’udire dei neri chiamarsi a vicenda “fratello”, allora lo spettatore è semplicemente sensibile alla veracità».
The Song of the Roustabouts
Ma invece di quella dei corvi canterini ci sarebbe un’altra scena che dovrebbe far pensare, la scena in cui i manovali lavorano di notte a montare il circo insieme agli elefanti, cantando il Song of the Roustabouts, l’unica canzone a non essere tradotta forse perché imbarazzante e poco comprensibile per un pubblico italiano…
Ecco la scena QUI: guardatela e giudicate voi.
The Encyclopedia of Racism in American Films (2018) osserva che «Tutti i lavoratori del circo sono afroamericani, l’unica volta in cui i neri sono visti in gran numero nell’intero film». Ma è logico che nel 1940 fossero gli afroamericani a fare quel tipo di lavoro, come avviene oggi in italia che siano stranieri quelli che svolgono lavori faticosi nell’ediliza e in campagna. Questi Roustabouts (lavoratori a giornata) sono neri e non hanno volto. Sono gli invisibili che lavorano nell’ombra per permettere profitti ad alcuni e divertimenti ad altri, faticano come bestie e cantano:
«Lavoriamo tutto il giorno, lavoriamo tutta la notte
Non abbiamo mai imparato a leggere o scrivere
Siamo degli operai a giornata dal cuore felice
Quando gli altri sono andati a letto
Lavoriamo come schiavi finché non siamo quasi morti
Siamo degli operai a giornata dal cuore felice
Non sappiamo quando avremo la nostra paga
E quando la riceviamo, buttiamo via la nostra paga
Riceviamo la nostra paga quando i bambini dicono
Con il cuore felice: “Oggi è il giorno del circo”.
Muscoli doloranti
Schiena che si spezza
Uova e pancetta, ecco di cosa abbiamo bisogno (Sì, signore!)
Il capo ci perseguita
“Continua a martellare
In cambio del tuo letto e del tuo cibo!”
Non c’è tregua
Tutto deve essere sistemato
“Tira quella tela! Fissa quel palo!”
Voglio addormentarmi
Togliermi i vestiti
Ma devo stare sveglio
“Muovi quella tela! Canta quella canzone !
Lavorate e ridete tutta la notte
Voi, operai dal cuore felice”
Tirando, martellando, testando, fissando
La grande cima si arrotonda
“Continuate a lavorare !
Smettetela di sottrarvi!
Afferra quella corda, scimmia pelosa!”
Martellando, martellando, martellando, martellando….».
A me questa sembra una rappresentazione impietosa e per niente allegra – con una musica incalzante, anzi letteralmente martellante – di gente emarginata e sfruttata; e del fatto che se questi operai a giornata sono analfabeti, malpagati e spreconi, la colpa non si trova in loro, e se si accontentano del sorriso dei bimbi ciò va a loro onore. La scena ha tutto l’aspetto di una denuncia sociale, e non è certo una parodia… Ma siamo sicuri che Dumbo sia un film razzista? O è il contrario?