Soffermiamoci sul capitolo 6 del libro dei Giudici, che presenta un classico racconto di vocazione (potrebbe essere anche di annunciazione, lo schema è lo stesso) con tutti gli elementi che lo contraddistinguono.
Racconto di vocazione: gli elementi
Presentazione
Il personaggio di Gedeone viene “preso” mentre sta mietendo, non pregando o svolgendo qualche mansione sacra. Si trova in una situazione difficile per la comunità: deve nascondere il grano ai madianiti.
È perfettamente integrato nella condizione del suo popolo, non è un elemento di spicco. È solo il figlio di Ioas di Abiezer nella località di Ofra: sono le coordinate storiche di una vita qualunque, di un illustre sconosciuto. Dio sta nella nostra realtà anche quando non ne siamo coscienti. Semplicemente, Egli c’è.
Apparizione
Quando Dio stabilisce un contatto diretto, il personaggio fatica a scoprirlo, tanto è poco appariscente questa teofania. Il saluto a Gedeone è eloquente: Il Signore è con te. È una realtà. E Gedeone è chiamato forte e valoroso: tanto è chiamato ad essere (v. 12).
Turbamento
Prima ripulsa del chiamato: Dio ha inteso il senso comunitario dell‟appello, e ne contesta il messaggio: il Signore è con noi? Anzi, ci ha abbandonato (v. 13). È il plurimillenario problema del dolore: il “perché?” in cui mettiamo tutte le nostre domande.
Rassicurazione e missione
Dio non dà spiegazioni, ma invia: è questa la sua risposta, un atto concreto di salvezza. Va’ con questa tua forza e salva Israele… Non ti mando forse io? (v. 14). La vocazione fa appello alle capacità naturali dell’uomo, anche se esse si possono esplicare solo come servizio, in dipendenza da Dio.
Obiezione
Il sistema dei valori umani non corrisponde al piano di Dio. Gedeone è il più piccolo di una famiglia che è la più povera di Manasse (v. 15). Ma Dio ha preferenza per coloro che si umiliano, perché traspaia che non la forza dell’uomo opera, ma Dio. La parola di Dio stessa è la garanzia della propria efficacia: “Io sarò con te e tu sconfiggerai i madianiti come se fossero un uomo solo” (v. 16).
Segno
Gedeone chiede un segno che gli confermi di essere proprio in presenza di Dio, ma intanto predispone i gesti dell’ospitalità (carne, brodo, pane azzimo). Siamo sempre nel mondo della realtà e dei doveri quotidiani. Il contatto con Dio fa sì che quell’offerta diventi sacra, e come sacra venga accettata e consumata. Il segno è dato nel contesto quotidiano, nel vissuto di una abitudine di accoglienza.
L’elemento del segno è importante, perché viviamo in una dimensione di carne e sangue. È così importante che nel racconto dell’Annunciazione Maria non lo chiede, ma l’angelo glielo dà ugualmente: Ed ecco Elisabetta tua parente…
Reazione e rassicurazione
Il chiamato reagisce col timore al Divino che passa nella sua vita. Ma Dio vuole solo la pace: La pace sia con te, non temere, non morirai! (v. 23). Gedeone traduce la certezza della pacifica presenza di Dio, d’ora in poi, nella sua vita, con l’altare chiamato Signore-Pace (v. 24), e muove guerra all’altare di Baal, per cui riceve il nome di Jerub-Baal.