Qoheleth contesta la sapienza tradizionale

Vivere alla giornata? Il labirinto della vita

Vivere alla giornata, dunque? Tutto lì il suggerimento del Qoheleth? o c’è qualcosa di più?

La  contestazione  della  sapienza tradizionale (prospettiva ideologica: Qoh 7,1-9,3)

Vivere alla giornata? Carpe diem...
Sebleouf, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

L’articolo precedente QUI.

Un video interessante QUI.

Proseguendo con l’esame del libro del Qoheleth, stiamo cercando di capire quale sia il contributo non solo alla letteratura biblica, ma anche ai progressi della rivelazione. Da un punto di vista della fede, Qoheleth rappresenta un progresso o non, piuttosto, come sembrerebbe a prima vista, un regresso? Il suo suggerimento si riduce a questo: vivere alla giornata?

Accettare il mondo com’è

Qoheleth è un fatalista? La cosa è discutibile e discussa, ma si direbbe di no. Il fatalismo è incompatibile con la sua indubbia fede in un Dio che sa e giudica. È la sua volontà quella che prevale nelle vicende umane. Il problema è che questa volontà è imperscrutabile. Al saggio non resta che discernere che cosa sia meglio per lui di momento in momento, anche andando contro il pensare comune.

Il sapiente e lo stolto

7, 4 Il pensiero del sapiente è rivolto alla casa in cordoglio, il pensiero dello stolto alla casa in allegria. 5 Meglio ascoltare il rimprovero del sapiente piuttosto che l’adulazione degli stolti, 6 perché come lo scoppiettio degli sterpi sotto la pentola, così è il riso dello stolto. Ma anche questo è vanità, 7 perché l’oppressione può rendere stolto il sapiente, e un donativo può corrompere il cuore.

19 La sapienza fortificherà il saggio più di dieci potenti in una città, 20 per quanto sulla terra non ci sia nessun uomo che sia giusto, che faccia il bene senza peccare.

Ad esempio, l’allegria sciocca non porta a niente, mentre il cordoglio fa prendere coscienza della propria situazione. Così pure, il rimprovero è più utile dell’adulazione se viene da un sapiente; ma anche questo non dà certezze assolute, perché il sapiente può venire corrotto  a causa della paura di un potente o del desiderio di regalie. Considerate quanto è vera questa osservazione: è nell’esperienza di tutti l’esistenza di un potere corrotto e corruttore che si avvale di pressioni, di ricatti e di lusinghe pur di ottenere i propri scopi, nel grande come nel piccolo.

Non si può raddrizzare ciò che è curvo

10 Non ti domandare com’è che il tempo passato è migliore di quello di oggi, perché questo problema non viene da saggezza. 13 Considera l’opera di Dio, perché nessuno può raddrizzare ciò che egli ha fatto curvo. 14 Nei giorni felici sii lieto, nei giorni del dolore rifletti: gli uni come gli altri vengono per volere di Dio, perché l’uomo non possa sapere mai nulla del proprio futuro.

Dunque, non esiste il perfetto sapiente. Come non esiste il tempo perfetto: contro l’abitudine, assai diffusa nell’umanità, di lodare il tempo passato come migliore del presente, contro i laudatores temporis acti, Qoheleth pensa che non ci sia niente di nuovo sotto il sole: l’uomo è sempre lo stesso, e il mondo va come va. Nessuno può disfare ciò che Dio ha fatto. Accettarlo, questa è la sapienza: sia nei momenti di gioia che in quelli di dolore. Vivere nel presente, senza sapere e senza preoccuparsi del futuro.

Aurea mediocritas e timor di Dio

7,15 Tutto ho veduto nei giorni miei vani. C’è il giusto che perisce nonostante la sua giustizia, e l’empio che vive a lungo nonostante la sua malvagità. 16 Cerca perciò di non essere né troppo giusto né troppo saggio, se non vuoi perire. 17 Ma non essere nemmeno troppo cattivo né troppo stolto, se non vuoi perire prima del tuo tempo. 18 È bene che tu stia attaccato a una cosa, ma che tu non ti discosti nemmeno dall’altra. Quel che conta è che tu tema Dio, e riuscirai in entrambe le cose.

Una condotta retta non garantisce una vita lunga e prospera, come l’iniquità non comporta necessariamente il castigo. Qoheleth sembra raccomandare l’aurea mediocritas degli epicurei: mantenere un comportamento equilibrato, usando dei beni senza eccedere, praticando la virtù senza strafare perché anche il fanatismo è un eccesso. Quindi, non essere stolti né cattivi, ma neppure «troppo» giusti o «troppo» saggi, per non incorrere nell’orgoglio e smarrire il senso della realtà. Sopra ogni cosa, è il timor di Dio che deve governare la vita.

Il Qoheleth è un realista e vuole spogliare i lettori da ogni illusione. Però è uomo di fede; crede in Dio, anche se la sua azione è misteriosa e incomprensibile, ed il principio della vita morale è “temerlo” (3,14; 5,6; 7,15-18; 8,11-14; 12,13-14), sapendo al tempo stesso che Dio è presente nelle piccole gioie della vita. 

Non complicarsi la vita

7, 26 E questo ho trovato, che la donna è più amara della morte, perché essa è un laccio, il suo cuore è una rete e catene le sue braccia. Chi è gradito a Dio ne può scampare, ma il peccatore ci resta preso.

27 Ecco, questo è ciò che ho trovato, ha detto Qohèlet, nel cercare la ragione di tutto, cosa per cosa: 28 quello che cerco, non l’ho trovato. Un uomo su mille ho trovato, ma una donna, fra tutte, non ho trovato. 29 Ma questo l’ho trovato: Dio ha fatto l’uomo dritto; è lui che va in cerca di tante complicazioni.

Nel cercare ciò che dà conforto nella vita, attenzione alla passione: Qoheleth sta parlando della donna maliarda, non della sposa che dà vera gioia alla sua vita. Nella finzione letteraria, lo può ben dire, perché il vecchio re Salomone, secondo il racconto biblico, ne fece esperienza, in quanto si prese 700 mogli e 300 concubine, e queste donne pagane pervertirono il suo cuore, ed egli sacrificò agli idoli per amor loro e fu la causa della divisione del suo regno. Quindi fa bene il vecchio Qoheleth ad ammonire i giovani a guardarsi dalle donne e a non andare a cercare guai.

Carpe diem

8,14 E c’è ancora un’altra vanità che càpita sulla terra: ci sono giusti ai quali càpita secondo la condotta dei malvagi e ci sono malvagi ai quali càpita secondo la condotta dei giusti. Ho pensato che anche questo è vanità. 15 E allora ho esaltato l’allegria, perché per l’uomo non c’è altro bene sotto il sole, se non mangiare, bere e stare allegro. È questa la sola cosa che gli faccia buona compagnia nella sua fatica, nei giorni contati di sua vita che Dio gli ha dato sotto il sole.

16 E come mi son dato a riflettere sulla sapienza e a considerare il lavoro che si fa sulla terra, per cui l’uomo non vede riposo né di giorno né di notte, 17 ho considerato l’insieme dell’opera di Dio rendendomi conto che l’uomo non può arrivare a scoprire tutto quello che avviene sotto il sole, perché non trova niente, per quanto si affatichi a cercare. E anche se il sapiente dice di sapere, il sapiente non trova nulla.

Tutto è nelle mani di Dio

9,1 Ho riflettuto su tutto ciò, e sono arrivato alla conclusione che i giusti, i sapienti e le loro azioni sono nelle mani di Dio. Gli uomini non conoscono nemmeno l’amore e l’odio; per quanto tutto si svolga davanti a loro. 2 Una stessa è la sorte che tocca a tutti, al giusto e all’empio, al buono e al cattivo, al puro e all’impuro, a chi sacrifica e a chi non sacrifica. Come il buono, così il peccatore, come chi giura, così chi teme di giurare. 3 Questo male investe tutto ciò che si fa sotto il sole: la stessa sorte tocca a tutti e, per di più, il cuore dell’uomo è pieno di male. La follia è nel suo cuore durante la vita; e dopo: via, nel soggiorno dei morti.

La vita appare assurda, e l’unica possibilità di essere felici in essa consiste nel cogliere ogni occasione di gioia. È l’unica sapienza possibile. Il sapere umano è limitato, l’uomo non comprende nemmeno se stesso (in quanto ama e in quanto odia, cioè i propri sentimenti), come può comprendere le vicende della storia, la sorte dei giusti e degli ingiusti, la sofferenza della vita e, infine, la morte?

Qual è il contributo del Qoheleth?

In tutto questo, il Qoheleth non ci ha ancora dato un contributo positivo se non questo: inutile arrovellarsi, il mondo è com’è, e all’uomo non resta che temere Dio e prendere la vita come viene, vivere alla giornata momento per momento, gustando i doni divini di cui è disseminata.

In lui non affiora ancora il concetto di Provvidenza, che sarà uno degli elementi risolutivi per il problema della sofferenza, e neppure è evidente un forte rapporto personale con Dio come quello che dimostra di avere Giobbe; però è notevole l’invito ad accettare quello che viene, perché viene dalle mani di Dio in un modo che l’uomo non si può spiegare. Insieme a insegnamenti prudenziali terra terra, come quelli relativi al modo di comportarsi con i potenti (obbedire al re, pensarla come la pensa lui per non correre rischi: 8,3-5), troviamo dunque un nucleo di pensiero sapienziale elevato e praticabile. Vivere alla giornata, ma sapendo che tutto è nelle mani di Dio.