La festa della Visitazione di Maria a Santa Elisabetta conclude il mese di maggio, mese mariano per eccellenza. Degna conclusione per un periodo di venerazione più intensa della Madre del Signore. La Visitazione di Maria a Santa Elisabetta nel Gesù di Nazareth di Zeffirelli QUI.
Questo è il 150° articolo del blog, e voglio ringraziare coloro che mi incoraggiano su questa strada.
La Visitazione di Maria nel vangelo dell’Infanzia di Luca
L’episodio della Visitazione appartiene al vangelo dell’Infanzia secondo Luca e in un certo senso ne è anche il centro. Luca ama i parallelismi, per cui dispone il suo Vangelo dell’Infanzia come un dittico:
annunciazione | nascita | circoncisione | crescita di Gesù
annunciazione | nascita | circoncisione | crescita del Battista.
C’è un solo episodio in cui queste due storie parallele si incrociano, è collocato tra le due annunciazioni e le due natività; ed è proprio quello della Visitazione. Le due madri e i due bambini non nati si incontrano e si riconoscono nella gioia, per poi separarsi di nuovo. I due figli avranno storie diverse; finché non si incontreranno nuovamente, trent’anni dopo, nell’atto che dà inizio al ministero pubblico di Gesù, il suo battesimo. L’episodio della Visitazione rappresenta l’incontro di due storie.
Il racconto lucano dell’infanzia è anche incentrato su tre coppie, molto diverse tra loro ma per certi aspetti molto simili:
- Una coppia naturale ma anziana e sterile, che non ha speranza di discendenza, Zaccaria ed Elisabetta;
- Seconda coppia, giovane ma vergine, Giuseppe e Maria, che non potrebbero generare secondo i dettami della natura;
- Una coppia solo mistica, i vecchissimi Simeone ed Anna, che fin dalla giovinezza pongono tutta la loro speranza nell’attendere la consolazione d’Israele.
Tutti questi personaggi non hanno altra speranza se non nella misericordia divina. Chiaramente lo dicono il Magnificat di Maria («di generazione in generazione la sua misericordia…») e il Benedictus di Zaccaria («grazie alle viscere di misericordia del nostro Dio…»); e lo esprime concisamente anche il nome di Giovanni, Jochanan, «Il Signore ha fatto grazia».
Grazia, benevolenza, misericordia sono il filo conduttore di tutto il racconto dell’infanzia e di tutto il vangelo di Luca.
La Visitazione di Maria: i primi passi del vangelo
Quello della visitazione di Maria ad Elisabetta è il primo viaggio compiuto dalla Parola di Dio, i suoi primi passi mossi su questa terra dal Figlio incarnato nel grembo di sua Madre: una santa fretta – la fretta escatologica perché il tempo ormai è giunto – di visitare l’anziana parente per portarle affetto, servizio ed anche per vedere con i propri occhi questo grande segno che Maria non ha chiesto, ma che Dio ha voluto darle attraverso le parole dell’angelo: la nascita di un bambino da un’anziana sterile. È il primo vangelo (vangelo significa «buona notizia») portato da una creatura umana, dopo il vangelo dell’angelo dell’annuncio a Maria.
La Parola di Dio, che con la forza dello Spirito nell’opera lucana (Vangelo ed Atti) raggiungerà gli estremi confini della terra spingendosi fino a Roma «Caput mundi», inizia qui la sua corsa. Solo un viaggio da Nazareth alle montagne della Giudea, ma già oneroso per una ragazza galilea che non vede l’ora di arrivare. Questo incontro permetterà alle due madri, l’anziana e la giovane, di ascoltarsi reciprocamente, di incoraggiarsi, di servirsi a vicenda, di esultare l’una per l’altra. Ma sarà anche l’incontro dei due bambini; uno già di oltre sei mesi, l’altro appena agli inizi della sua vita embrionale, ma ricolmo di ogni santità. Il sobbalzo del figlio di Elisabetta esprime come in una danza la gioia che Elisabetta esprimerà a voce nel suo saluto a Maria: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno» (1,42).
Ora lascio la parola ai Padri.
Dalla Expositio Evangelii secundum Lucam di Sant’Ambrogio (In Luc., 2, 19.22 s.26 s.)
«L’angelo, che annunziava il mistero, volle garantirne la veridicità con una prova e annunziò alla vergine Maria la maternità di una donna vecchia e sterile, per dimostrare così che a Dio è possibile tutto ciò che vuole. Appena Maria ebbe udito ciò, si avviò in fretta verso la montagna, non perché fosse incredula della profezia o incerta dell’annunzio o dubitasse della prova, ma perché era lieta della promessa e desiderosa di compiere devotamente un servizio, con lo slancio che le veniva dall’intima gioia. Dove ormai, ricolma di Dio, poteva affrettarsi ad andare se non verso l’alto? La grazia dello Spirito Santo non comporta lentezze.
Immediatamente si manifestano i benefici della venuta di Maria e della presenza del Signore: infatti, “appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, esultò il bambino nel seno di lei ed ella fu ricolma di Spirito Santo” (Lc 1,41).
Nota la scelta e il significato anche delle singole parole. Elisabetta udì. per prima la voce, ma Giovanni per primo sentì la grazia: la donna ha udito secondo l`ordine della natura, Giovanni invece ha trasalito nell`ambito del mistero; lei ha percepito l`arrivo di Maria, lui l`arrivo del Signore, la donna l`arrivo della donna, il bambino l`arrivo del bambino. Esse parlano delle grazie ricevute; essi, nel seno delle madri, realizzano la grazia e il mistero della misericordia a profitto delle madri stesse, le quali, per effetto di un duplice miracolo, profetizzano sotto l`ispirazione dei figli che recano nel seno. Il figlio ha esultato di gioia, la madre è stata riempita di Spirito Santo. Non la madre è stata ricolmata di Spirito prima del figlio, ma è stato il figlio che, una volta ricevuto lo Spirito Santo, ne ha riempito la madre.
Giovanni ha esultato e ugualmente ha esultato lo spirito di Maria. Alla esultanza di Giovanni, Elisabetta è ricolma di Spirito Santo; quanto a Maria, apprendiamo che essa non è stata colmata ora dello Spirito Santo, ma che ora il suo spirito ha esultato – colui che è incomprensibile, opera in modo incomprensibile nella madre. Elisabetta è ricolma dello Spirito Santo dopo la concezione, mentre Maria ne è stata colmata prima della concezione…
Tu vedi che Maria non ha dubitato, ma ha creduto, e ha ottenuto perciò la ricompensa della sua fede. «Beata» – dice Elisabetta – «tu che hai creduto».
Ma anche voi siete beati, perché avete udito e avete creduto: ogni anima che crede, concepisce e genera la Parola di Dio e riconosce le sue opere. Che in ciascuno sia l`anima di Maria, per glorificare il Signore; che in ciascuno sia lo spirito di Maria per esultare in Dio. Se corporalmente c`è una sola madre di Cristo, secondo la fede Cristo è generato da tutti; ogni anima infatti riceve il Verbo di Dio in sé, purché, immacolata e immune da colpe, sappia custodire la castità con coraggio.
Ogni anima, dunque, che sa esser così, magnifica il Signore, come l`anima di Maria l`ha magnificato e il suo spirito ha esultato in Dio salvatore.
Il Signore è infatti magnificato, come tu hai letto altrove: “Magnificate il Signore con me” (Sal 33,4). E non nel senso che la parola umana possa aggiungere qualcosa alla grandezza del Signore, ma nel senso che egli viene magnificato in noi: infatti l`immagine “di Dio è Cristo” (2Cor 4,4; Col 1,15), e quindi l`anima che compie opere giuste e pie magnifica questa immagine di Dio, a somiglianza della quale è stata creata.
E magnificandola si sublima, e sembra riprodurre in sé quella immagine con lo splendore delle buone opere e l`emulazione della virtù. Cosi l`anima di Maria magnifica il Signore e il suo spirito esulta in Dio: fedele al Padre e al Figlio, venera di religioso amore il Dio unico da cui derivano tutte le cose, e l`unico Signore per mezzo del quale tutte le cose sono state fatte (cf. 1Cor 8,6)».
Dall’Omelia 2 dello Pseudo-Gregorio Taumaturgo
Maria ha reso benedette in sé tutte le donne
«[Maria] allora si affrettò con premura verso la cognata Elisabetta. “Ed entrata in casa di Zaccaria, salutò Elisabetta“, a imitazione dell`angelo. “E appena Elisabetta udì il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo ed Elisabetta fu ripiena di Spirito Santo” (Lc 1,40.41). Dunque la voce di Maria fu efficace, riempì Elisabetta di Spirito Santo: a mo` di perenne fonte, per mezzo della lingua, emise un fiume di carismi profetici alla cognata: e, pur stando i piedini del feto stretti nell`utero, procurò il salto e l`esultanza. E ciò in verità era simbolo e segno del miracoloso tripudio. Infatti, quando venne la Piena di grazia, tutte le cose furono ripiene di gioia. Ed Elisabetta esclamò a gran voce, e disse: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del ventre tuo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?” (Lc 1,42.43).
“Benedetta tu fra le donne“. Tu senza dubbio fosti per le stesse principio di riparazione. Tu ci desti la fiducia di entrare in paradiso e fugasti l`antico dolore e lutto. Infatti, le donne dopo di te non vengono più disprezzate; giammai le figlie di Eva temeranno l`antica maledizione, né paventeranno le doglie del parto, poiché dal tuo santo utero uscì Cristo, Redentore del genere umano, Salvatore dell`intera creazione, Adamo spirituale, Medico della ferita dell`uomo terreno.
“Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del ventre tuo!” Infatti, il tuo frutto divenne seme di tutte le cose buone. Invero, parole illustri sembrano anche queste della sterile Elisabetta; ma, a sua volta, ancor più illustri ne pronunciò la Santissima Vergine, la quale rese a Dio un cantico di grazie, di soave odore, pieno di teologia, annunciando cose nuove insieme con cose antiche, predicendo insieme con quelle dell`inizio del secolo quelle che accadranno alla consumazione dei secoli, esponendo sinteticamente in un breve discorso i misteri del Cristo».
Dai «Discorsi» del beato Guerrico, abate
Ecco viene il Re!
Ecco viene il Re, corriamo incontro al nostro Salvatore! Dice bene Salomone: «Come acqua fresca per una gola riarsa è una buona notizia da un paese lontano» (Pr 25,25).
Buona notizia è quella che annunzia la venuta del Salvatore, la riconciliazione del mondo, i beni della vita futura. Notizie di tal genere sono acqua refrigerante, bevanda di salutare sapienza, per l’anima che ha sete di Dio: e in verità, chi annunzia a qualcuno la venuta o altri misteri del Salvatore, attinge per lui «acqua con gioia alle sorgenti della salvezza» (Is 12,3) e gliela dona da bere. E l’anima che ha ricevuto l’annunzio, da Isaia o da qualche altro profeta, sembra rispondere con le parole di Elisabetta: A che debbo che il mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, ha esultato di gioia (cfr Lc 1,43-44) il mio spirito per il desiderio ardente di correre incontro al suo Salvatore.
Si levi dunque il nostro spirito con vivida gioia, e corra incontro al suo Salvatore: lo adori e lo saluti con grida festose, mentre ancora sta venendo da lontano: Vieni, o Signore, «salvami e io sarò salvato» (Ger 17,14) vieni, «fa’ risplendere il tuo volto, e noi saremo salvi» (Sal 79,4). «In te speriamo: sii la nostra salvezza nel tempo dell’angoscia» (Is 33,2). Così i profeti e i giusti, col desiderio e l’amore, correvano molto tempo prima incontro al Cristo che doveva venire, bramando, se fosse stato possibile, vedere coi propri occhi colui che antivedevano con lo spirito.
La Scrittura sembra esigere da noi un gaudio tale, che anche il nostro spirito, elevandosi al di sopra di sé, brami di andare incontro in qualche modo a Cristo che viene, si protenda col desiderio e, non sopportando indugi, si sforzi di vedere già l’evento promesso. Penso che l’esortazione di tanti passi della Scrittura ad andargli incontro si riferisca non solo alla sua seconda venuta, ma anche alla prima. In che modo? Come alla sua seconda venuta gli andremo incontro esultanti, anche con i passi del corpo, alla prima dobbiamo andargli incontro con l’amore e l’esultanza del cuore.
E certamente, a seconda del merito e dell’amore, tale visita del Signore in ogni anima è frequente, in questo tempo che intercorre fra la prima e l’ultima venuta, tempo che ci rende conformi alla prima e ci prepara all’ultima. Egli viene in noi ora per non rendere vana per noi la sua prima venuta, e per non tornare adirato contro di noi nella seconda. Con queste visite, tende a riformare la nostra mentalità superba per renderla conforme alla sua umiltà, che ci dimostrò venendo la prima volta; e lo fa per poi «trasfigurare il nostro misero corpo e conformarlo al suo corpo glorioso» (Fil 3,21) che ci manifesterà al suo ritorno.
Noi però, fratelli, non siamo ancora consolati da così sublime esperienza: perché possiamo pazientemente aspettare la venuta del Signore, ci consoli intanto una fede certa e una coscienza pura, che con gioia possa dire fedelmente con Paolo: «So a chi ho creduto, e son convinto che egli è capace di conservare il mio deposito fino a quel giorno» (2 Tm 1,12), cioè «alla manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore, Gesù Cristo» (Tt 2,13) al quale sia gloria nei secoli eterni. Amen.