
Il ventisettesimo giorno, per i cultori di fantascienza, è una data simbolica. È il giorno in cui l’umanità decide delle proprie sorti, e le decide per il meglio, scegliendo la pace. È quanto narra un romanzo di fantapolitica, Il ventisettesimo giorno, appunto, di John Mantley, pubblicato da Urania nel 1957, e il corrispettivo film del medesimo anno, sceneggiato dall’autore in persona, attore, regista e produttore canadese di una certa fama. Aveva partecipato alle operazioni della Seconda guerra mondiale come pilota di caccia e aveva vissuto le vicende della guerra fredda; dalla vita alla letteratura il passo è breve, ecco il romanzo. Ne parliamo oggi perché siamo al ventisettesimo giorno di guerra in Ucraina.
Fantascienza o realtà?

Ricordo benissimo il clima della guerra fredda, e la paura dei miei genitori che la terra ricadesse in un conflitto mondiale che sarebbe stato, questa volta, la fine del mondo. Ero bambina, poi appena ragazzina, per cui non avevo ancora il senso della cruda realtà: sapevo di queste cose dai ricordi familiari, dalle letture e dal 1957 in poi anche dalla televisione, ma per me rimanevano una remota possibilità.
In quel periodo, tutta la fantascienza seria (e io leggevo i romanzi di Urania) profetizzava una terza guerra mondiale, cui sarebbe seguita una civiltà post apocalittica. Lo aveva detto anche Einstein, che pure non scriveva di fantascienza: «Io non so come sarà combattuta la terza guerra mondiale, ma posso dirvi che cosa useranno nella quarta: pietre». Questo detto caustico e agghiacciante risponde a verità, e purtroppo oggi siamo tornati nella condizione di poterlo scoprire di persona. L’idea fantascientifica di una terza guerra mondiale è pericolosamente vicina al farsi realtà.
Rischi di guerra atomica corsi dall’umanità
Molte crisi si sono susseguite dopo la Seconda guerra mondiale, la prima in occasione della guerra di Corea (1950-51) quando vi fu il massiccio intervento delle truppe cinesi in appoggio ai nordcoreani. Il presidente statunitense Harry Truman, che aveva già sganciato la bomba atomica sul Giappone nel 1945, comunicò l’intenzione di utilizzare qualsiasi mezzo, comprese le armi nucleari. Tuttavia, su pressione degli alleati, accettò di risolvere la crisi per via diplomatica.
Nel 1956, l’Egitto bloccò il passaggio del canale di Suez a danno di Regno Unito, Francia ed Israele,che reagirono immediatamente. A sua volta, l’Unione Sovietica minacciò di intervenire al fianco di Nasser con l’uso di armi nucleari. Gli Stati Uniti riuscirono a convincere francesi e britannici a ritirarsi dall’Egitto; la prospettiva della guerra si allontanò.
Il momento di maggior rischio si ebbe nell’ottobre del 1962, con la famosa Crisi di Cuba. I sovietici avevano installato sull’isola basi missilistiche con testate nucleari puntate sugli Stati Uniti. Il 22 ottobre John Fitzgerald Kennedy ordina un blocco navale allo scopo di impedire l’installazione di ulteriori missili a Cuba. Per fortuna, Kennedy e Nikita Krusciov trovano un modo diplomatico per scongiurare una Terza guerra mondiale.
Il nemico era un orso
In concomitanza con la crisi di Cuba c’è un particolare risibile: nella notte del 25 ottobre 1962, in Wisconsin, un soldato americano intravede qualcuno che tenta di arrampicarsisulla recinzione. Dà l’allarme e inizia a sparare. Le sirene suonano e l’allerta è al massimo. Nella vicina base aerea qualcuno preme un comando e i piloti si approntano sugli aerei carichi di armi nucleariper attaccare il nemico. In realtà l’intruso era un orso nero. L’errore poteva costare caro. Ma altri ce ne sono stati.
Errori micidiali
Nel 1983 l’Unione Sovietica scambiò un’esercitazione militare della Nato per un tentativo di attacco. L’errore fu scoperto in tempo. Nella notte del 26 settembre avvenne un altro incidente che rischiò di innescare una guerra nucleare. Il sistema satellitare russo di preallarme identificò un missile intercontinentale diretto dagli Stati Uniti verso la Russia, seguito da altri quattro. Stanislav Petrov, che era ufficiale di servizio quella notte, decise di non seguire il protocollo e di non informare i superiori ritenendo più probabile un errore del sistema. Il sistema era in effetti difettoso; il falso allarme era stato creato da un fenomeno di allineamento della luce solare su nuvole d’alta quota sopra il North Dakota. Se il vertice fosse stato informato, si sarebbe scatenata la rappresaglia con armi atomiche. Si tratta dell’episodio raccontato nel film documentario The man who saved the world.
Il ventisettesimo giorno
La guerra fredda, che aveva polarizzato l’attenzione nella seconda metà del Novecento, sembrava un ricordo. Ma l’aggressione dell’Ucraina ha riacceso una miccia che rischia di portare ad una conflagrazione mondiale. Siamo al ventisettesimo giorno.

Per i cultori di fantascienza, il ventisettesimo giorno è una data particolare, che rappresenta un ultimatum fallito e quindi il raggiungimento della pace. È il titolo di un bel romanzo di John Mantley e di un film mediocre che ne è stato derivato. Il film completo potete vederlo QUI. È un pezzo di modernariato, ne vale comunque la pena.
Il romanzo
Il romanzo nel suo genere è ben scritto e coinvolgente. Sarà che lo lessi, quando Urania lo pubblicò nel 1957, con occhi di bambina, ma ogni tanto mi piace risfoderarlo e rileggerlo, e lo gusto ancora. Pensavo che quei tempi fossero passati per sempre, e invece no, rieccoli.
L’ambientazione è fantascientifica, perché una razza aliena dotata di alta eticità, che ha un bisogno disperato di un nuovo pianeta ma non può sopprimerne la vita intelligente, attraverso cinque persone scelte a rappresentare la Terra mette nelle mani dell’umanità un’energia dotata di un incredibile potere di vita e di morte: se l’umanità si autodistruggerà, sarà una decisione sua.
I cinque terrestri, un giornalista americano, una ragazza inglese della buona società, uno scienziato tedesco, un soldato russo e una fanciulla cinese, temono, anzi sanno che i rispettivi governi useranno al peggio questo potere per sterminarsi a vicenda. C’è però un termine per questo test imposto all’umanità: il 27° giorno le armi si disattiveranno da sole, quindi ci sono 27 giorni di tempo per sottrarle alle ambizioni di potere delle varie nazioni. È ovvio che lo scontro si giochi fra i due colossi dell’epoca, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica. Vi dico subito che la vicenda va a finire bene e che la pace regnerà, da allora in poi, sulla terra, lasciando gli alieni ad arrangiarsi da soli con i loro problemi.
Il film

Questo il romanzo. Il film segue abbastanza fedelmente e piattamente la trama, per quanto estremamente semplificata e con modifiche di poco conto sugli ambienti in cui si svolgono le vicende. È stato criticato come ferocemente anticomunista, e in effetti lo è; i guerrafondai stanno tutti oltre la cortina di ferro, gli Stati Uniti perseguono solo la pace… Questo si riscontra anche nel romanzo, in un modo più sfumato perché i malvagi stanno anche da altre parti.
Quello che il film perde, rispetto al romanzo, è tutta la vivacità dell’azione e dei personaggi. È vero che lo scrittore indulge alle forti caratterizzazioni basate sugli stereotipi (il rozzo ma efficiente americano, la vivace ragazza inglese, lo sbadato e un po’ pazzo scienziato tedesco…), ma è questo che li rende simpatici; toglierle completamente riducendole a ruoli neutri sa veramente di poco. Il finale zuccherino è quasi stucchevole; molto più intelligente e godibile quello del romanzo, in cui gli alieni ci riprovano con un altro pianeta completamente diverso dal nostro ma con le stesse manie di autodistruzione.
Il messaggio… il messaggio c’è: popoli della terra, cercate la pace se non volete annientarvi. Siete seduti su una polveriera, abbiate giudizio. Una dittatura senza scrupoli vuole impadronirsi del mondo, gli Usa stiano all’erta e cerchino di prevenire i colpi bassi. Mutatis mutandis, la situazione non è poi cambiata molto.
Una curiosità: la traduzione italiana
Un segno di quanto questo lavoro sia venerando: la parola Alien che designa il popolo extraterrestre è tradotta con straniero, perché in italiano non è ancora conosciuto l’uso del termine in relazione a razze provenienti dallo spazio. Stesso imbarazzo, nei traduttori dell’epoca, quando si tratta di rendere in italiano cose o usanze sconosciute in Italia, come Halloween, hamburger, hot dog…
Gli errori/orrori dei maturandi
A proposito della guerra fredda: già da parecchi anni all’esame di maturità (?) si viene a sapere che la guerra fredda si chiamò così perché fu combattuta in inverno, e in Siberia per buona misura. Una variante che implica un pizzico di interpretazione personale: la guerra fredda fu un conflitto combattuto senza sentimento, in maniera crudele. Speriamo allora di divenire più sentimentali…