
Bisogna dire che Luca, da abile letterato, è capace persino di trascinare il lettore in una concitata situazione di naufragio. Per forza: c’era anche lui, l’ha vissuta in prima persona! Appare difficile sostenere, come fanno alcuni critici, che l’uso del noi sia solo un espediente retorico fittizio. Io non so se chi non fosse stato parte della vicenda avrebbe potuto rappresentare così al vivo gli eventi… la fatica della nave, l’addentrarsi nella brutta stagione quando le navi antiche non potevano prendere il largo, il soffiare dei venti – chiamati per nome: libeccio, maestrale e scirocco, che noi di mare ben conosciamo, ed anche l’euroaquilone che è un vento di tempesta, la bora -, l’angoscia della deriva, il prolungato digiuno, l’uso dello scandaglio, l’ammutinamento dell’equipaggio, il carico buttato a mare, l’arenarsi della prua e lo sfasciarsi della poppa sotto la violenza delle onde, il salvataggio chi a nuoto, chi sui rottami della nave… Manca qualcosa ad un perfetto romanzo marinaresco?
Il centurione Giulio
«Quando fu deciso che ci imbarcassimo per l’Italia, consegnarono Paolo, insieme ad alcuni altri prigionieri, a un centurione di nome Giulio della coorte Augusta».
Paolo non è solo, alcuni compagni lo seguono. Il viaggio gli consente di prendere o mantenere contatti: a Sidone, può addirittura sbarcare per visitare gli amici. Giulio è buono, si prende cura del suo prigioniero. Continuerà a proteggerlo lungo tutto il disastroso viaggio.
La nave sotto i venti di tempesta
Il viaggio non va come previsto.È già passato il Kippur, siamo in ottobre – novembre. Ci sono venti contrari che determinano una deviazione nella rotta. Occorrerebbe un porto dove svernare, ma il vento è sempre più furioso e la nave è in balia delle onde. Novello Giona, Paolo è sbattuto di qua e di là, benché i marinai usino tutta la loro abilità per salvare la situazione. Ma, novello Giona, Paolo sarà condotto là dove deve andare.
Il mare rappresenta nella Bibbia le forze caotiche che si opporrebbero al disegno armonico di Dio sul cosmo e sulla storia, ma inutilmente: Dio domina le grandi acque, egli che le ha create e che ha detto al mare: “Fin qui arriverai e non oltre, qui si arresterà la superbia delle tue onde!” (Giobbe 38,11).
Nelle vicende della storia, tra l’umanità e la furia del mare sta solo una fragile nave, un guscio di noce spazzato dai venti di tempesta e senza altra possibilità che il naufragio, perché non può comandare ai venti della storia. Abbandonata a se stessa, l’umanità – siamo tutti sulla stessa barca – è questo.
La vicenda di Paolo è esemplare: dove l’iniziativa umana è drammaticamente fallimentare, l’iniziativa di Dio rema in senso contrario e la Sua opera si compie. Paolo lo sa: «Sarebbe stato bene, o uomini, dar retta a me e non salpare da Creta.. avreste evitato questo pericolo e questo danno. Tuttavia ora vi esorto a non perdervi di coraggio, perché non ci sarà alcuna perdita di vite in mezzo a voi, ma solo della nave». Questa è una storia di salvezza, dice Paolo, non di perdizione. Bisogna aver fiducia.