Lettura continua della Bibbia. Amos: la vana fiducia nel culto esteriore (5,21-27)

Vana fiducia nel culto esteriore
Culto nel tempio. Di Hult Adolf, 1869-1943; No restrictions, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=42756547

Un secondo colpo inferto alle attese popolari di Israele è quello dato alla vana fiducia nel culto esteriore, il culto pubblico solenne, che non accompagnato dalla giustizia si rivela vano. È la giustizia sociale l’unica garanzia di un autentico rapporto con Dio, non il culto vuoto.

Vana fiducia nel culto esteriore

Il testo dà un quadro liturgico completo, ricordando le festività e le adunanze solenni, con i tre tipi di offerte: olocausto, oblazione e sacrificio pacifico, e terminando con i canti e il suono delle cetre.

Il rimprovero divino è molto aspro ed equivale ad un ripudio da parte di Dio. L’oggetto del ripudio è espresso con la frase cultuale, fortemente antropomorfica, “odorare il profumo” (verbo RECHA, cfr. Gn 8,21; Lev 26,31), e vengono specificati tre tipi di sacrifici che rappresentano l’intero sistema sacrificale israelitico profanato dall’ingiustizia. Animali di prima scelta e frastuono rituale non possono sostituire il giudizio e la giustizia. Sono questi, per Israele, l’acqua viva di sorgente (preziosa nella terra arida di Palestina), la fonte di vita.

Il tema del deserto

Il richiamo al tempo del deserto presente nel v. 25 (Forse che vittime e oblazione avete offerto a me nel deserto per quarant’anni, casa d’Israele?)

  • può suonare come un rimprovero se collegato al v. seguente (nel deserto Israele ha praticato l’idolatria),
  • oppure, se considerato indipendentemente, può ricordare la gratuità dell’amore di Dio non legata all’esercizio del culto.

Le tradizioni del Pentateuco descrivono il tempo del deserto come quello in cui il culto fu organizzato, ma non collegano mai l’azione liberatrice di Dio con l’offerta di sacrifici. La benevolenza di Dio verso Israele non è fondata sui sacrifici offerti a Dio (atteggiamento magico), ma sulla coerenza con la propria elezione.

Nel v. 27 (Avete innalzato Sikkùt, vostro re, e Khiyun, vostro idolo, stella dei vostri dèi, che vi siete fatti) il testo è oscuro, ma si riferisce a idoli che saranno deportati insieme al popolo che li adora. I nomi originari dovevano essere SAKKÛT e KEWĀN (divinità astrale assira poi identificata con Saturno), vocalizzati SIKKUT e KIJJUN sul modello di SHIQQÛS = abominazione, orrore. Questo versetto è il più antico testimonio della polemica anti-idolatrica.

Il momento culminante del passo è rappresentato dalla minaccia della deportazione (vagamente indicata una zona ad oriente, “al di là di Damasco”), ed è sigillato dalla proclamazione solenne del Nome di Dio, contrapposto ai vuoti nomi degli dèi pagani.