Una vista vertiginosa

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Ieri ho parlato a Follonica del grido di Giobbe e quindi dell’Incontro con Dio che, più che risolvere, “scioglie” il problema di Giobbe, il problema della sofferenza dell’innocente. Un Incontro che Giobbe l’Uomo universale – l’Uomo che non beneficia del dono di Dio attraverso la storia della salvezza – può avere nella grandiosità e bellezza della natura. Un Incontro intuitivo, esperienziale, non intellettuale perché conduce l’uomo dove non potrebbe arrivare con le sole doti della sua mente, pur preziose. Una vista vertiginosa che dobbiamo lasciare nella sua dimensione di Mistero ma che è possibile anche attraverso la meraviglia che il creato suscita.

Stamani ho riletto un brano di San Gregorio di Nissa che colpisce per la sua poeticità oltre che per la sua acutezza. Ve lo propongo, riservandomi di aggiungervi un piccolo commento.

Una vista vertiginosa: «Beati i puri di cuore perché vedranno Dio»

(S. Gregorio di Nissa, Omelia 6 sulle Beatitudini)

«La mia mente, quando guarda dalla sublime voce del Signore, come dalla sommità di una montagna, alla profondità inesauribile dei suoi pensieri, prova la stessa impressione che è verosimile esperimentino coloro che da una altissima vetta si rivolgono all’infinita vastità del mare aperto.

Infatti, come in molti luoghi di mare è possibile vedere un monte spaccato, eroso dalla parte del mare a picco dalla cima in profondità, il cui limite superiore si proietta come una punta e incombe sull’abisso (questo è appunto ciò che è verosimile esperimenti colui che intravvede, da simile punto di osservazione, da una così grande altitudine, il mare profondo), così ora l’anima mia ha le vertigini sospese a questa grande parola del Signore: “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio”.

Dio è promesso in premio alla contemplazione di coloro che si sono purificati nel loro cuore. “Nessuno ha mai visto Dio” [Gv 1,18], stando a quanto dice il grande Giovanni. Anche Paolo, quella mente sublime, conferma quello stesso verdetto quando dice: “Nessuno lo vide, né può vederlo” [1Tm 6,16].

Questa è infatti quella roccia liscia e scoscesa, che mostra di non offrire alcun appiglio ai nostri pensieri, quella roccia che anche Mosè, nella sua dottrina, rivelò essere così inaccessibile da rendere impossibile alla nostra mente di avvicinarsi: ogni incertezza è eliminata dall’affermazione: “Non è infatti possibile che qualcuno veda il Signore e viva” [Es 33,20]. Ma in verità il vedere il Signore è vita eterna. D’altra parte i pilastri della fede, Giovanni, Paolo, Mosè, dichiarano che questo è impossibile.

Ti rendi conto della vertigine da cui l’anima è trascinata nella profondità delle considerazioni contenute in questo discorso? Se da una parte Dio è vita e chi non vede Dio non ha lo sguardo rivolto alla vita, d’altra parte la testimonianza dei profeti e degli apostoli ispirati è che non si può vedere Dio. A che cosa si riduce la speranza degli uomini? Ma il Signore sostiene la speranza che cade, come fece con Pietro, che ripose sulla superficie dell’acqua solida e resistente ai passi, mentre rischiava di sprofondare.

Se anche sopra di noi giungesse la mano del Logos e, mentre siamo instabili sull’abisso delle riflessioni, ci confermasse in un altro pensiero, noi usciremmo dalla paura aggrappandoci con forza al Logos che ci conduce per mano; egli dice infatti: “Beati i puri di cuore perché vedranno Dio”. La promessa è così grande da superare il più alto limite della beatitudine. Cos’altro potrebbe desiderare, dopo tale bene, colui che tutto ha nel contemplato? Infatti, nell’uso abituale della Sacra Scrittura, “vedere” significa la stessa cosa che “avere”; come nel passo: “Possa tu vedere i beni di Gerusalemme” [Sal 27,5], l’espressione “possa tu vedere” sta per “possa tu trovare”…

Dunque colui che ha visto Dio, grazie a questo “vedere” ebbe tutto quello che è compreso nell’elenco dei beni: la vita infinita, l’incorruttibilità eterna, la beatitudine immortale, il regno senza fine, la gioia incessante, la luce vera, la dolce voce dello Spirito, la gloria inaccessibile, l’esultanza perpetua, insomma, ogni bene. Ciò che dunque è proposto alla speranza nella promessa di beatitudine è di tale natura e di così grande entità.

Le vie della conoscenza di Dio

La natura divina, quale essa sia in definitiva in se stessa secondo l’essenza, supera ogni comprensione, essendo inaccessibile ed irraggiungibile per i pensieri e le congetture e non è ancora stata scoperta tra gli uomini una facoltà per la percezione dell’incomprensibile né un accesso alla comprensione dell’impossibile. Perciò il grande apostolo chiamò anche imperscrutabili [Rm 11,33] le vie di Dio, significando con questa parola che quella via che conduce alla conoscenza di Dio è inaccessibile ai ragionamenti; come anche nessuno mai di coloro che ci hanno preceduto in questa vita ha indicato una qualche traccia di comprensione sicuramente razionale per la conoscenza della realtà che supera la conoscenza.

Essendo tale per natura Colui che è superiore ad ogni natura, si vede e si percepisce in un altro modo l’invisibile e l’indescrivibile. Molti sono i modi di tale percezione. è infatti possibile vedere, per congettura, Colui che ha fatto nella sapienza tutte le cose grazie alla sapienza che si manifesta nel tutto.

La via della sapienza

Come nelle opere create dall’uomo la mente riconosce, in un certo qual modo, il creatore del prodotto che gli è dinnanzi, poiché egli ha lasciato l’impronta della sua arte nel lavoro, e quel che si può vedere, poi, non è la natura dell’artista, ma solo la scienza artistica che egli ha lasciato nel prodotto; così, anche considerando l’ordine della creazione, ci formiamo una nozione non dell’essenza, ma della sapienza di Colui che ha fatto tutto sapientemente.

La via della bontà

Se consideriamo poi la causa della nostra vita, che Egli giunse a creare l’uomo non per necessità, ma per volontà buona, di nuovo, anche in questo caso, noi diciamo di aver contemplato Dio, avendo compreso non la sua essenza, ma la sua bontà.

La via della grandezza

Così, anche tutte le altre considerazioni che elevano il pensiero all’essere superiore e sublime, tutte le considerazioni di tal genere le chiamiamo concezioni di Dio, poiché ciascuno di questi alti concetti ci porta Dio davanti agli occhi. Infatti la potenza e la purezza, il permanere nel medesimo stato, l’esser privo di commistione con il proprio contrario e tutti i concetti di tal genere, formano nell’anima una rappresentazione concettuale divina e alta.

La via della purezza

Si è dunque mostrato, in ciò che è stato detto, che il Signore dice il vero quando promette che i puri di cuore vedranno Dio e che Paolo non mente quando rivela, con i suoi propri scritti, che nessuno ha mai visto Dio né lo può vedere. Infatti Colui che è invisibile per natura, diviene visibile attraverso la sua attività, in quanto viene contemplato in certe sue proprietà…

Il Signore non ha detto che l’esser felici è conoscere qualche cosa di Dio, ma è possedere Dio in se stessi. Egli dice infatti: “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio”. A me pare che egli non proponga Dio come visione faccia a faccia, a colui che ha purificato l’occhio della sua anima, ma che la grandezza della sua parola ci suggerisca ciò che il Logos presenta altrove in modo più scoperto quando dice: “Il Regno di Dio è dentro di voi” [Lc 17,21]. Questo perché impariamo che colui che ha purificato il suo cuore da ogni creatura e dalla disposizione passionale, vede nella propria bellezza l’immagine di Dio…

Se tu dunque, con la sollecitudine della vita, detergerai nuovamente il sudiciume che si è incrostato nel tuo cuore, risplenderà per te la bellezza divina. è la stessa cosa che accade al ferro; quando viene liberato dalla ruggine che lo riveste, grazie ad una cote, ciò che poco prima era nero riluce vibrando di splendore al sole. Così accade anche all’uomo interiore che il Signore chiama “cuore”; dopo che sia stata raschiata via la sporcizia rugginosa che con mala corrosione è fiorita sulla forma, riprenderà di nuovo la sua somiglianza con l’archetipo e sarà buono. Ciò che infatti è simile al bene è sicuramente buono.

Dunque, colui che volge lo sguardo a se stesso, in se stesso guarda ciò che desidera. Così diviene felice il puro di cuore, poiché guardando la propria purezza nell’immagine vede l’archetipo. Come avviene per coloro che guardano il sole in uno specchio, sebbene essi non guardino fissamente il cielo, essi vedono il sole nello splendore dello specchio in modo per nulla inferiore a coloro che guardano lo stesso disco solare. Così, dice il Signore, anche se voi siete spossati dalla osservazione della luce, se correte di nuovo verso la grazia dell’immagine che è stata forgiata per voi dall’inizio, avete in voi stessi ciò che cercate.

La divinità, infatti, è purezza, assenza di passioni ed estraneità ad ogni male. Se dunque ciò e in te, Dio certamente è in te. Quando il tuo pensiero è purificato da ogni vizio, libero da passione, estraneo ad ogni macchia, tu sei felice per la chiarezza della vista, poiché, purificato, hai percepito ciò che è invisibile a coloro che non sono purificati e, rimossa la caligine materiale dagli occhi dell’anima, guardi splendente nel cielo puro del tuo cuore la beata visione. La purezza, la santità, la semplicità, tutti i riflessi luminosi di tal genere della natura divina, attraverso cui si contempla Dio».

«Ora il mio occhio ti vede»

Foto di Karsten Paulick da Pixabay

Come ha incontrato Giobbe il suo Dio? «Ora il mio occhio ti vede». San Gregorio di Nissa ci viene in aiuto proprio in questo. Si serve di un’immagine per spiegare il concetto di “visione” di Dio, ovvero dell’Incontro con lui. L’immagine è quello di una visione vertiginosa delle profondità marine all’alto di una rupe incombente sul mare. Da questo sguardo si ha una visione, ma dà le vertigini. Si vede «come in uno specchio», direbbe San Paolo, tenendo presente che ai suoi tempi gli specchi erano di metallo lucido (cfr. Gb 37,18) e restituivano solo un’immagine offuscata della realtà. Realtà che, in questo caso, è l’imprendibile, indefinibile e ineffabile Dio.

Tutto l’Antico Testamento proclama che non si può “vedere” Dio. Dio è spirito, non ha figura che l’uomo possa cogliere con lo sguardo. Quando Mosè, abbattuto, chiede a Dio «Mostrami la tua Gloria» (Es 33,18), il Signore gli risponde che farà passare davanti a lui la sua bontà proclamando il proprio Nome di grazia e di misericordia; ma Mosè non potrà vedere il suo Volto (Es 33,19-23). Con un gesto tenerissimo, quando Mosè entrerà nella fenditura della roccia in cima al monte, Dio lo coprirà con la sua mano perché non venga folgorato dalla Visione.

Quelle che “vediamo” del Creatore in questo mondo sono le sue vestigia nella gloria del creato. Nella rivelazione biblica, poi, immagine di Dio è l’uomo, ogni uomo; per cui Dio si vede e si serve nell’altro, soprattutto in chi ha bisogno; come Abramo, che servì Dio accogliendolo nei tre stranieri che si fermarono alla sua tenda (Genesi 18). I cristiani, inoltre, hanno una marcia in più, perché sanno che Dio, nella persona del Figlio, ha preso la carne umana. Ha un Volto che i discepoli, le folle hanno potuto contemplare, e che le icone possono evocare. Non solo: il Verbo di Dio si è fatto Pane, il Pane eucaristico. C.S. Lewis chiude il cerchio con questa sua osservazione che riporto non testualmente: «Dopo il SS. Sacramento, il mio prossimo è tutto ciò che di più somigliante a Dio io in questo mondo posso vedere».

Tempo di guerra: quattro mesi!

Centoventesimo giorno

Bucha. Di Исторический Деятель – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=116382475

Stato maggiore di Kiev: Le forze russe hanno conquistato i due villaggi di Loskutivka e Rai-Oleksandrivka, a sud di Severodonetsk, in Donbass. Le truppe di Mosca hanno condotto operazioni d’assalto per prendere il controllo di Syrotyne e si preparano ad attraversare il fiume Siversky Donets. 

Ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu: «Ci opponiamo alla vendita illegale di grano ucraino da parte della Russia o di altri; come Turchia non permettiamo l’entrata di questo tipo di prodotti. Teniamo in considerazione tutte queste accuse [di vendita di grano rubato all’Ucraina] e facciamo le nostre inchieste a riguardo.

Papa Francesco 

Alla 95/a assemblea della Riunione delle Opere per l’Aiuto alle Chiese Orientali. «Vorremmo che si compia presto la profezia di pace di Isaia: che un popolo non alzi più la mano contro un altro popolo, che le spade diventino aratri e le lance falci. Invece, tutto sembra andare nella direzione opposta: il cibo diminuisce e il fragore delle armi aumenta. È lo schema “cainico” che regge oggi la storia. Non smettiamo perciò di pregare, di digiunare, di soccorrere, di lavorare perché i sentieri della pace trovino spazio nella giungla dei conflitti». 

Quattro mesi e un giorno

Intelligence militare britannica: La Russia sta usando ex piloti militari, ora mercenari del Gruppo Wagner, per condurre missioni di supporto aereo ravvicinato; questo indica che la sua aviazione è alle prese con problemi di equipaggio. Fa, in questo, riferimento alla confessione di un pilota di un jet d’attacco russo Su-25 catturato in seguito all’abbattimento del suo aereo.

«Il pilota ha confessato di essere un ex maggiore dell’aviazione russa, impiegato nella Wagner e che aveva compiuto diverse missioni nel conflitto. L’uso di personale militare in pensione, e ora contractor nella Wagner, per condurre missioni di supporto aereo ravvicinato indica che l’aviazione russa probabilmente è alle prese con una carenza di equipaggi per sostenere l’invasione dell’Ucraina. Questo è probabilmente dovuto alla combinazione di un numero insufficiente di personale adeguatamente addestrato e delle perdite subite dai russi in combattimento. Nelle sue missioni, il pilota russo avrebbe utilizzato dispositivi Gps commerciali invece che apparecchiature di navigazione militari russe; e questo probabilmente indica che gli aerei in uso alla Wagner sono modelli più vecchi dei Su-25 e che l’aviazione russa non fornisce a Wagner apparecchiature avioniche aggiornate». 

Ritiro da Severodonetsk

Serhiy Haidai, capo dell’amministrazione militare regionale di Luhansk: all’esercito ucraino è stato ordinato di ritirarsi da Severodonetsk in posizioni più fortificate. «Ora la situazione in cui le truppe si trovano in posizioni disgregate da molti mesi, solo per essere lì, non ha senso. Il numero di morti nei territori non fortificati può aumentare ogni giorno. A Severodonetsk hanno già ricevuto l’ordine di ritirarsi in nuove posizioni fortificate e di combattere dalle nuove posizioni».

Quattro mesi e due giorni

Intelligence militare di Kiev: per la prima volta dall’inizio della guerra la Russia colpisce obiettivi in Ucraina con un raid aereo partito dalla Bielorussia. Il raid dei bombardieri russi sarebbe parte di un’ampia provocazione di Mosca per coinvolgere direttamente la Bielorussia nella guerra.

I flussi di gas naturale dal Nord Europa (Norvegia) hanno superato quelli in arrivo dalla Russia attraverso l’Austria. Da Passo Gries (Verbania) sono previsti oggi 35,94 milioni di metri cubi contro i 35,32  in arrivo da Arnoldstein (Austria) via Tarvisio (Udine). Segue il flusso da Melendugno (Lecce), con 30,75 milioni di metri cubi in arrivo dall’Azerbaijan; poi la fornitura dall’Algeria, con 68,58 milioni di metri cubi in transito da Mazara del Vallo (Trapani). 

Pavimento troppo lucido

I media russi riferiscono che il patriarca di Mosca Kirill è scivolato sull’acqua santa nella chiesa di Novorossijsk ed è caduto durante la messa. «Il pavimento era bagnato», ha detto Kirill. «Il fatto che io sia caduto oggi non significa nulla. Il pavimento è bellissimo, puoi specchiarti, è così lucido e liscio. Ma quando l’acqua cade, anche se è acqua santa, sono le leggi della fisica a funzionare. Su questo bel pavimento sono caduto così purtroppo. Ma per grazia di Dio, senza alcuna conseguenza». Un episodio insignificante. Però, non posso fare a meno di ripensare alla vecchia frase latina: Excusatio non petita, accusatio manifesta, ovvero: Una scusa non richiesta, un’accusa manifesta… O anche, Chi si scusa si accusa.