Viaggio nella Bibbia. Rut: Una storia di riscatto

Una storia di riscatto
Rut e Booz. Di Károly Markó – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=65258916

Dopo le scene cruente di Giosuè e Giudici, il libro di Rut si distingue per la serenità delle scene dei lavori dei campi e la delicatezza degli affetti.

Ma il libro di Rut, come è dimostrato dal suo epilogo, ha anche chiaramente lo scopo di introdurre e tramandare la genealogia di Davide, in contesto di speranze messianiche. Al tempo stesso, dimostra come la Provvidenza, anche se invisibilmente, guidi le vicende degli uomini e le volga a buon fine. È la storia, delicatamente romanzata, del matrimonio del betlemita Booz con una donna straniera, Rut: i due saranno i bisavoli del re Davide.

Può darsi che il redattore post-esilico sia partito, scrivendo questo racconto, da un nucleo storico di racconti sull’origine moabitica di Davide, assai imbarazzante a quel tempo, che certamente non poteva essere inventata, ma che si cercava di superare dal punto di vista religioso. Nell’epoca post-esilica il matrimonio misto era rigorosamente proibito (Esdra 9; Neemia 13), e questo libretto ha forse il proposito di attenuare tale rigore proponendo un grande esempio del passato in questa donna straniera ricca di virtù.

Una storia di riscatto

E Rut è una storia di riscatto (ghe’ullah):

  • dalla fame
  • dalla vedovanza infeconda
    • dall’estinzione del nome della famiglia
    • dall’estraneità
    • dall’idolatria
  • e, in prospettiva, da ogni male, in virtù della stirpe davidica.

S. Gerolamo commenta a proposito della genealogia matteana di Gesù:

“Nella discendenza del Salvatore non appare nessuna santa donna, ma quelle che la Scrittura rimprovera, affinché colui che era venuto per i peccatori, nascendo da peccatrici, distruggesse ogni peccato. Ecco perché… sono menzionate Rut la moabita e Betsabea moglie di Uria” (In Matth. 1,3).

Tamar, Rahab e Betsabea (Mt. 1,1-6) hanno in comune con Rut il fatto di essere straniere e di manifestare l’universalità della salvezza oltre ogni barriera, oltre ogni peccato.