Lettura continua della Bibbia. Chi è il Servo secondo Martin Buber

Una figura ideale?
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Fin dal 1892, Duhm distinse quelli che chiamò i canti del Servo dal resto del Secondo Isaia, ritenendoli composti a parte e inseriti successivamente nel corpo dell’opera. I critici posteriori non si sono trovati d’accordo nel considerare eterogenei i carmi del Servo rispetto al DeuteroIsaia, e neppure nel considerarli omogenei fra loro.

Le ipotesi sulla loro interpretazione sono innumerevoli, divise fondamentalmente fra una identificazione collettiva del Servo come popolo, o come Resto fedele, ed una identificazione individuale con un personaggio del passato, del presente o del futuro della storia di Israele.

I critici hanno proposto i nomi di Mosè; di Ezechia, Giosia, Joiakin, Sedecia, Zorobabele; di Isaia, Geremia, Ezechiele, o l’anonimo profeta autore dei canti stssi; di Ciro; di Giobbe; del Messia… Il fatto stesso che le ipotesi siano così varie dimostra l’estrema difficoltà della questione.

Il Servo secondo Martin Buber

I Settanta, e con loro il giudaismo della diaspora, hanno inteso il Servo in senso collettivo, in quanto popolo di Israele, ed è questa tuttora l’interpretazione ebraica prevalente. Lo stesso Martin Buber (la fede dei profeti, p. 211 s.), però, nota che:

  • Il Servo prende spontaneamente su di sé la sofferenza del popolo, quindi se ne distingue.
  • Il compito originario del Servo è proprio quello di riportare Israele al Signore (49,5).
  • All’interpretazione che fa del Servo una figura del passato si oppone il fatto che la morte di questa persona non viene riferita ma annunciata, come pure le viene promesso un futuro, vago e impreciso, ma glorioso, al di là di essa.
  • L’interpretazione messianica, proiettata quindi su un personaggio del futuro, è invalidata, secondo Martin Buber, dall’uso del passato in riferimento alle esperienze dolorose del Servo.
  • Mentre fa gli oracoli relativi a Israele ed i canti dello ‘ebed vi sono analogie (entrambi sono eletti, formati dal grembo materno, custoditi e sorretti da Dio, onorati e dotati dello Spirito di Dio), come pure fra gli annunci relativi a Ciro e ad Israele (entrambi sono chiamati per nome senza sapere che cosa Dio prepara per loro), fra gli annunci di Ciro e i canti del Servo non vi è alcun rapporto particolare, a prescindere dall’incarico di eseguire un progetto divino che investe anche Israele.
  • Invece, l’analogia fra Israele e lo ‘ebed fa pensare: quello che era il compito di Israele passa al Servo, che riscatta l’intero Israele.

Una figura ideale?

Nel film di Zeffirelli, NIcodemo / Laurence Olivier arriva a comprendere chi è il Servo vedendolo in Gesù di Nazareth

L’anonimo Servo si trova così contrapposto all’Israele infedele, che ha bisogno di un mediatore fedele per avere salvezza. È costui il vero Israele (da cui il v. 49,3, tanto controverso) che nel Servo, appunto, dà il meglio di sé. Tutta questa ambiguità e ambivalenza comporta un’apertura di senso che consentirà l’applicazione messianica dei canti del Servo, sia nella teologia della comunità apostolica (cfr. la Prima lettera di Pietro) sia nelle parole stesse di Gesù.

Lo ‘ebed potrebbe essere il profeta stesso? L’uso della prima persona singolare non è di per sé determinante, perché il profeta può dare la propria voce ad un altro personaggio. Secondo Martin Buber, il Servo non ha carattere collettivo, però supera una persona umana individuale: è una figura ideale che prende forma in molte figure ed esistenze personali (p. 222 s.), un cammino di un unico ‘ebed attraverso molte figure e molte esistenze. Il DeuteroIsaia ha annunziato un mistero, non l’ha interpretato; probabilmente, in parte l’ha sperimentato nella propria vita.

L’interpretazione di Martin Buber del Servo come una figura ideale che di volta in volta prende i lineamenti profetici, o sacerdotali, o regali di esistenze personali nella storia potrebbe corrispondere alla visione da cui l’anonimo profeta è stato ispirato nel comporre i Canti del Servo sofferente. Poi, l’unico che li ha tradotti tutti nella propria vita è stato il Cristo Gesù… in modo inaspettato, perché l’ebraismo dei suoi tempi non dava di questi Canti una interpretazione messianica, riferendoli invece ad una figura di Giusto sofferente.