Lettura continua della Bibbia. Giacomo: La  fede  e  le  opere  (Gc 2,14‐26)  

Una fede operosa
Fede, speranza e carità. Di Julius Schnorr von Carolsfeld (1794-1872) – Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1899440

In questa parte finale del capitolo due, Giacomo torna sul tema della fede e delle opere, mettendo in guardia i credenti dall’idea che possa esistere una fede senza le opere.

Giacomo 2 14 A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha le opere? Quella fede può forse salvarlo? 15 Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano 16 e uno di voi dice loro: “Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi”, ma non date loro il necessario per il corpo, a che cosa serve? 17 Così anche la fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta.

18 Al contrario uno potrebbe dire: “Tu hai la fede e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede”.

19 Tu credi che c’è un Dio solo? Fai bene; anche i demòni lo credono e tremano! 20 Insensato, vuoi capire che la fede senza le opere non ha valore? 21 Abramo, nostro padre, non fu forse giustificato per le sue opere, quando offrì Isacco, suo figlio, sull’altare? 22 Vedi: la fede agiva insieme alle opere di lui, e per le opere la fede divenne perfetta. 23 E si compì la Scrittura che dice: Abramo credette a Dio e gli fu accreditato come giustizia, ed egli fu chiamato amico di Dio.

24 Vedete: l’uomo è giustificato per le opere e non soltanto per la fede. 25 Così anche Raab, la prostituta, non fu forse giustificata per le opere, perché aveva dato ospitalità agli esploratori e li aveva fatti ripartire per un’altra strada? 26 Infatti come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta.

Non può esistere una fede senza le opere

È possibile che Giacomo voglia confutare un fraintendimento del pensiero dell’apostolo Paolo il quale afferma che “l’uomo è giustificato per la fede indipendentemente dalle opere della Legge” (Rm 3,28; 4,2ss.; Ef 2,8).

È probabile che alcuni cristiani convertiti dal mondo pagano credessero che per essere cristiani fosse sufficiente credere senza necessità di adottare uno stile di vita diverso, con un’adesione intellettuale o cultuale al cristianesimo. La distinzione tra credere e operare, infatti, è più pagana che ebraica.

Giacomo afferma categoricamente che una fede senza opere è vuota, non serve a niente! Le opere di cui parla Giacomo sono la carità, l’attenzione ai poveri… I cristiani sono chiamati a trasformare il mondo, la società, la propria stessa vita secondo i valori del vangelo (2,16).

Probabilmente alcuni cristiani cercavano di giustificare il loro disimpegno citando S. Paolo che parla di una salvezza che viene dalla fede e non dalle opere (Rm 3,28). In realtà Paolo parla non delle opere di carità, ma delle opere della Legge di Mosè, cioè di tutte le osservanze che la Legge prescrive a iniziare dalla circoncisione, le leggi di purità rituale, il culto nel tempio. Se queste sono necessarie per accedere al battesimo ed andare così a Cristo, allora l’unico Salvatore non è più Gesù, ma anche Mosè insieme a lui.

Lo stesso Paolo parla frequentemente ed inequivocabilmente della necessità di praticare la carità, cioè di vivere una fede attraverso azioni che manifestino la vita nuova ricevuta in Cristo (cfr. 1Cor 13; Gal 5,22; Ef 5,9).

La fede priva di opere non è salvifica

Giacomo è molto chiaro quando afferma che non basta sapere che Dio esiste, perché anche i demoni lo riconoscono, ma la loro conoscenza è agghiacciante, perché non l’accettano nella loro vita! Così descrive C.S. Lewis il contrasto fra la visione beatifica di Dio e la visione terrificante che ne hanno i demoni:

“Ciò che per noi [demoni] è fuoco accecante, soffocante, è per lui [l’uomo redento] luce rinfrescante, è la stessa chiarità, e porta le forme d’un Uomo” (Lettere di Berlicche, XXXI).

Giacomo è molto esplicito nel chiarire che la fede non è solo un fatto intellettuale; non basta sapere che esiste Dio o conoscere il vangelo; la fede è vivere il vangelo che si crede! Non si tratta, quindi, di accumulare presunti meriti attraverso le opere, come se la salvezza dipendesse dall’uomo. Si tratta di praticare una fede operosa, unita indissolubilmente alla carità.

Due esempi di fede operosa

Giacomo adduce anche due esempi biblici per mostrare che cosa sono le opere della fede.

Il primo esempio è il sacrificio con cui Abramo offre Isacco a Dio (Gen 22) senza sapere che il Signore lo rifiuterà. È proprio quella sua concreta offerta a mostrare la sua fede in Dio. Senza questa opera richiesta dalla sua fede, la fede di Abramo non solo non sarebbe riconoscibile, ma non avrebbe neppure consistenza.

Il secondo esempio è la storia di Rahab, la prostituta pagana di Gerico (Gs 2), che nasconde le spie israelite in casa sua, ottenendo la salvezza per sé e per la propria famiglia. In questo modo Rahab ha mostrato di aver creduto alla potenza del Dio di Israele e aver agito di conseguenza. Il gesto di Rahab sarà riconosciuto come un segno di fede al punto tale che essa diventerà una antenata del Messia (cfr. Mt 1,5).

Gli esempi di Abramo e di Rahab mostrano per Giacomo che “l’uomo è salvato per le opere e non soltanto per la fede” (2,24). L’espressione “non soltanto” chiarisce che la fede e le opere non sono in opposizione, ma sono come due facce della stessa medaglia; per questo conclude: “come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta” (2,26).

Con la sua solita efficace semplicità, C.S. Lewis chiarisce il rapporto tra fede ed opere: chiedersi quale delle due sia la più necessaria è come chiedersi quale delle due lame di una forbice sia necessaria per tagliare…