Lettura  continua della Bibbia. Deutero Isaia: un nome di ripiego

Un nome di ripiego
Jacques Tissot, Sui fiumi di Babilonia. https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Old_Testament_by_James_Tissot?uselang=it

Scrive Von Rad (Teologia dell’Antico Testamento 2, Paideia, p. 281) che per questo profeta, che ci ha offerto un messaggio sublime, “la scienza non ha trovato di meglio che un nome di ripiego; anzi, ci è voluto tutto il lavoro della critica biblica per riconoscervi l’opera di una persona particolare”.

Questa persona completamente scompare dietro il suo messaggio, al punto che non sappiamo assolutamente nulla della sua vita: siamo solo in grado di ricostruirne l’epoca, in quanto il contesto storico dei suoi oracoli è il periodo dell’esilio e dell’avvento del re persiano Ciro, che prelude alla fine dell’impero neobabilonese.

I critici si sono posti persino il problema se il DeuteroIsaia sia un vero e proprio profeta che abbia esercitato un ministero di predicazione, o non sia piuttosto uno scrittore religioso che non sia mai comparso in pubblico, e non di rado hanno optato per la seconda ipotesi. Gli oracoli di salvezza, però, sembrano essere rivolti dal vivo ad uditori immediati, e non essere stati composti a tavolino.

Notizie storiche

Già nel 1788 Döderlein aveva separato Is 1-39 dai restanti capitoli, che attribuiva ad un anonimo profeta dell’esilio. Nel 1892 Duhm cominciò a distinguere un DeuteroIsaia (Isa 40-55) da un TrotoIsaia (56-66), sulla base del clima nuovo che si percepisce in questa terza parte: emergono temi nuovi, come un più marcato interesse per il culto e la ricostruzione del tempio. Qualcuno ha detto per scherzo che se il re Manasse, secondo la tradizione, fece segare in due Isaia, i critici hanno fatto peggio, tagliandolo in tre.

In realtà, il libro di Isaia è assai più complesso, e nel corpo stesso della prima parte vi sono ampie sezioni aggiunte tardivamente.

La parte più unitaria è proprio quella attribuita al DeuteroIsaia, sul cui autore però manchiamo di qualunque informazione biografica. Possiamo solo inquadrare la sua opera nel periodo dell’esilio babilonese (586-538 a.C.), cioè nel VI secolo a.C.