
Un mondo di misericordia e di grazia. È quello che troviamo entrando nella dimensione della preghiera dei Salmi, ed è quello che ci insegna Davide attraverso le vicende della sua vita e il suo rivolgersi insistente al suo Dio misericordioso.
Una caratteristica che risalta evidente nella lettura dei Salmi è la calda atmosfera relazionale che li pervade. La dimensione fondamentale su cui si sviluppa il Salterio è infatti quella della relazione interpersonale: ben 75 volte vi echeggia il possessivo mio / nostro rivolto a Dio da parte di Israele suo popolo (50 volte), sua eredità (10 volte), suo gregge (17 volte), che si volge a Dio come alla sua salvezza, alla sua luce, alla sua vita, alla sua parola, alla sua gioia, alla sua sazietà, alla sua comunione, alla sua protezione (ombra, ali, nido).
Non si tratta di preghiere formali, ma di colloqui dell’anima con un Dio adorato e supplicato ma anche amato e cantato con tutto il cuore. L’orante – Davide (sì, questa volta è Davide in persona, ci sono pochi dubbi) aprirà il Salmo 18 con un grido appassionato: Ti amo, Signore, mia forza! La traduzione italiana non rende l’idea, perché il verbo usato da Davide è quello passionale dell’amore viscerale di Dio per il suo popolo, racham, quello dell’amore materno del Signore il quale ne è l’esclusivo soggetto. Questa è l’unica eccezione esistente nella Bibbia, in cui si trova invece un uomo che grida di amare appassionatamente il suo Dio come il suo Dio ama lui.
Lo chesed di Dio
Questo ardente rapporto con il Signore è proprio di Davide, e dal suo vissuto viene anche un’altra espressione che ricorre frequentemente nel Salterio: chesed.
Il termine che globalmente esprime la relazione di Dio con l’uomo è soprattutto lo chesed = benevolenza, amore, misericordia, termine che risuona 127 volte nel Salterio su 245 ricorrenze del vocabolo nel Testo Masoretico! Ciò significa che se cerchiamo questo termine nell’Antico Testamento, il più delle volte lo troviamo nel Salterio, una percentuale enorme. E sapete dove altro si riscontra con maggior frequenza la stessa parola? Nella storia di Davide: perché chi ha fatto,come lui, esperienza di misericordia da parte di Dio – anche attraverso gli uomini -, a sua volta è chiamato ad esercitare misericordia verso gli altri. I salmi si qualificano così come il libro della misericordia di Dio, con il ritornello, frequentemente usato:
«Lodate il Signore perché è buono,
perché eterna è la sua misericordia».
Veramente, traduzione migliore del termine chesed sarebbe benevolenza, e non misericordia come nella prima traduzione Cei (misericordia è rachamîm), né amore come nella traduzione del 2008 (amore è ’ahavah). Stiamo comunque al latino della Volgata e traduciamo misericordia, perché forse è la parola italiana che con più forza evoca quello che il salmista vuol dire.
Il silenzio di Dio
Questa relazione di chesed, di benevolenza, amore, grazia e misericordia, persiste ad ogni costo non ostante l’apparente silenzio di Dio che sgomenta il fedele nella sua angoscia (Salmi 22; 37; 39; 62; 88, ecc.) quando vede Dio «nascondere il volto» (22 volte nel Salterio), e non ostante il peccato dell’uomo (Salmi 51 e 131) che viene perdonato, «coperto» (kipper) da Dio se l’uomo «ritorna» (shûb) a Lui. La preghiera, ci insegnano i salmi, getta un ponte sul silenzio di Dio e sul peccato dell’uomo. Alla misericordia di Dio, donata ed accolta, corrisponde così l’invocazione e la lode da parte dell’uomo.
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(Continua)