Oggi – anzi, da molti secoli – parliamo di Pentateuco, ossia dei Cinque Libri che sono il fondamento dell’Antica Scrittura, l’atto costitutivo del popolo di Israele e della sua alleanza con Dio. Il quinto libro di questo blocco è, appunto, il Deuteronomio. Ma è sempre stato così?
Sul conto del Deuteronomio si avanzano, modernamente, ipotesi opposte.
Un video introduttivo qui:
La teoria dell’Esateuco: un libro ponte fra Pentateuco e Giosuè
Una prima teoria propone che il blocco letterario mosaico (il Pentateuco) si prolunghi nel libro di Giosuè comprendendo così anche la storia della conquista della terra di Canaan: è la teoria dell’Esateuco. Secondo alcuni critici, tra cui Von Rad, la continuazione della fonte D (deuteronomica), ma anche di J e di E, si trova, oltre il Pentateuco, in Giosuè e persino in 1 Samuele. Si ritiene infatti che queste tradizioni non possano mancare di una storia dell’ingresso nella terra, cioè dell’adempimento delle promesse patriarcali.
La teoria del Tetrateuco: un libro ponte fra Tetrateuco e Profeti
Una più recente teoria suggerisce che il libro del Deuteronomio sia un’introduzione alla storia deuteronomistica (da Giosuè a 2 Re), con questa struttura: Tetrateuco + Deuteronomistico. È la teoria di Noth.
Secondo Noth, e molti altri critici, il Deuteronomio, che attualmente si presenta come l’ultimo libro del Pentateuco, sarebbe stato originariamente l’introduzione ai Profeti anteriori, quindi un libro ponte sui Profeti. Scritto in un contesto di crisi della fede, il Deuteronomio indica infatti la strada da percorrere per rivitalizzarla, il recupero delle radici della fede nelle tradizioni dell’Esodo:
- l’osservanza fedele dell’alleanza
- l’eliminazione degli idoli
- l’interiorizzazione della Torah.
Risponde, cioè, a tutto il poderoso sforzo teologico di Israele, mirante a questo: attualizzare continuamente le opera salvifiche di Dio.
L’ipotesi di Noth è suffragata da ragioni letterarie e contenutistiche.
Lo stile del Deuteronomio presenta le seguenti caratteristiche:
- tono omiletico, esortativo e persuasivo
- uso della seconda persona, singolare o plurale
- ridondanza delle frasi
- ripetizioni variate
- forma predicata con cui si presentano le leggi.
- Anche il vocabolario gli è peculiare:
- “andare dietro a dèi stranieri… sui colli e sotto gli alberi”
- “dèi fatti da mano d’uomo”
- “il luogo che il Signore sceglierà per farvi abitare il suo Nome”
- “seguire”, “servire”, “temere”, “amare” “il Signore con tutto il cuore e con tutta l’anima”
- “osservare i comandi… che oggi io ti comando”
- “ascoltare la sua voce… per prolungare i giorni”
- “ereditare la terra”
- “scacciare le nazioni”
- “ascolta, Israele”.
Questo vocabolario si ritrova soprattutto nei libri che vanno da Giosuè a 2 Re, ma anche in certi testi di Geremia e altri brani profetici.
Con il vocabolario, si ritrovano in questi libri anche le idee principali del Deuteronomio:
- denuncia dell’idolatria come peccato capitale
- necessità di un culto adeguato dell’unico Dio
- doveri di profeti, sacerdoti, re
- unità e unicità del popolo
- possesso della terra come dono di Dio
- fruizione della terra condizionata alla fedeltà del popolo di Dio.
La scuola deuteronomistica
Questi termini e queste idee del Deuteronomio si ritrovano nei libri che vanno da Giosuè a 2 Re, sovrapposti ad antichi racconti, eziologie, storie di David, storie di profeti, notizie tratte da annali ed archivi. Sembra anche presente la figura di un redattore che ogni tanto fa sentire la sua voce, commenta un episodio, pronuncia un giudizio.
È stata perciò fatta, come abbiamo detto, l’ipotesi che i libri da Giosuè a 2 Re siano stati redatti da un gruppo o una scuola che si rifà al Deuteronomio. Ad esso si dà il nome collettivo di Deuteronomista. Si designa come deuteronomistica la sequenza Giosuè – Giudici – 1 e 2 Samuele – 1 e 2 Re (ipotesi legata agli studi di M. Noth, 1943).
Secondo Noth, questo lavoro redazionale fu compiuto durante l’esilio: gli eredi della scuola che aveva dato origine al Deuteronomio rilessero il fallimento della riforma di Giosia, la distruzione di Gerusalemme, l’esilio, come effetto della infedeltà del popolo dell’alleanza. Risalirono per questo alle tradizioni sull’ingresso nella terra per ricostruire la storia del peccato d’Israele fino alla rovina e, al tempo stesso, la storia della fedeltà di Dio.
Sempre secondo Noth, il Deuteronomio fu posto come inizio di questo complesso di scritti, aggiungendovi come prefazione generale i capp. 1-4 e alcune parti dei cap. 31-34 come conclusione. Il Deuteronomio, che già esisteva come opera isolata, entrò a far parte, in questo piano redazionale, del blocco Giosuè – Re. Solo all’epoca di Esdra sarebbe stato staccato da questo blocco originario e collegato invece al blocco Genesi – Numeri per formare l’attuale Pentateuco. Questa teoria è sufficientemente attendibile.
Una storia più complessa
La storia della formazione dei testi è certamente molto più complessa. Una difficoltà per la teoria di Noth è costituita dai molti passi in cui la monarchia è presentata in buona luce, come garanzia della fedeltà del popolo all’alleanza, mentre per il Deuteronomista la monarchia è una delle cause prime del peccato e del castigo del popolo. Questa alternanza di giudizi crea una frattura nella linearità teologica deuteronomistica.
Perciò alcuni studiosi hanno rettificato l’ipotesi di Noth ammettendo redazioni deuteronomistiche successive, in epoca esilica o nel primo post-esilio, attribuendo alla più tardiva di queste i passi a favore della monarchia.
Altri invece pensano ad una redazione di tutta la storia deuteronomistica all’epoca di Giosia e attribuiscono a questa i giudizi benevoli sulla monarchia.
La teoria di una storia deuteronomistica in due fasi redazionali sembra sufficientemente fondata. La presenza della stessa terminologia in Geremia e in alcuni profeti minori come Amos fa pensare ad un ampio intervento della scuola deuteronomistica anche nella trasmissione e redazione degli scritti profetici.
Il Deuteronomio come un libro ponte
In ogni caso, Deuteronomio non è più solo il libro conclusivo della “Legge”, ma è un ponte che permette la transizione ai “Profeti anteriori”. Mosè infatti è il legislatore che dà le ultime disposizioni al popolo perché si comporti conformemente alla volontà di Dio, e al tempo stesso è il primo dei profeti (Dt 18,15; 34,10-12) che rivela a Israele il senso della sua storia.
Gli antichi traduttori greci, che hanno coniato il titolo (erroneo) di Deuteronomio = Seconda Legge, hanno comunque capito che questo libro rappresenta una fase successiva della Rivelazione rispetto a quella del Sinai, probabilmente prendendo alla lettera la frase di 28,69: “Queste sono le parole dell’alleanza che il Signore ordinò a Mosè di stabilire con gli israeliti nel paese di Moab, oltre l’alleanza che aveva stabilito con loro sull’Oreb”. Il Deuteronomio contiene la Legge, ma soprattutto rivolge al popolo le parole profetiche che svelano le verità salvifiche di Dio.