La Bibbia dall’ABC. Un aiuto che gli stia di fronte (Gn 2,18)

Creazione della donna. Rudolf von Ems, Cronaca Mondiale. Boemia (Praga), terzo quarto del XIV secolo. Università di Fulda e Biblioteca di Stato, Aa 88 – fol. 3r, miniatura 4. Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=23797649

Nel secondo racconto di creazione, prima di «costruire» la donna da un fianco dell’adam, il Signore Dio enuncia il suo progetto: «Non è bene che l’adam sia solo; gli farò un aiuto che gli stia di fronte» (Gn 2,18). L’espressione di Gn 2,18 «un aiuto di fronte a lui» (‘ezer kenegdo) esprime la parità sostanziale fra uomo e donna, una concezione straordinariamente moderna. Mentre l’adam dà agli animali i nomi che competono loro, come il signore impone il nome ai sudditi, davanti alla donna si riconoscerà avente un’unica natura con lei, dandosi come uomo maschio il nome di ’ish e come uomo femmina lo stesso nome declinato al femminile, ’isshah, perché della sua stessa natura è fatta. Nell’antichità si riteneva invece che la donna fosse una forma inferiore di vita rispetto al maschio.

’Ish e ’ishshah

L’adam allora diviene ’ish e ’ishshah, maschio e femmina della stessa identica natura e della medesima dignità ma resi individui con caratteristiche distinte. Benché gli studiosi sostengano che l’etimologia di ’ish / «uomo maschio» sia collegata con una radice che significa «essere forte», e ’ishshah / «donna» venga invece da una radice che significa «essere debole», in questo racconto ’ishshah non è altro che il femminile di ish. Ciò è molto significativo, perché nel brano in questione l’adam impone nomi diversi agli animali riconoscendoli altro da sé e suoi sudditi, mentre alla donna, nella logica del racconto biblico, dà lo stesso nome declinato al femminile, riconoscendola, pur nella differenza, pari all’uomo e della stessa natura e, come lui, creata ad immagine di Dio (Gn 2,23). È stato il peccato, poi, a scombinare le cose, e la redenzione a rimetterle a posto; ma questa è un’altra storia.

Perciò l’adam si riconosce uomo (maschio) e donna (femmina) nella diversità dei sessi e delle persone ma nella profonda unità della stessa natura. La donna è colei che sta «di fronte all’uomo», lo guarda in faccia, dritto negli occhi, perché è pari a lui, stessa natura, osso delle sue ossa e carne della sua carne. Anche l’immagine della «costola» ribadisce in modo diverso lo stesso concetto.

La costola di Adamo

Hugo Simberg, Adamo, Eva e Dio. Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=61511787

«Costola», «tzela‘», è parola che non si riferisce solo ad un ossicino della gabbia toracica, ma indica un’intera fiancata simmetrica ad un’altra, per esempio la fiancata di un edificio, in questo caso un fianco dell’adam. La traduzione greca è significativa, perché rende tzela‘ con pleurà che significa sia costola che fianco, ma che nel cap. 19 di Giovanni indica il costato trafitto del Cristo sulla croce, quindi non certo una costola, ma il fianco del nuovo Adamo dal quale Dio trae la Chiesa significata nell’acqua e nel sangue sacramentali che ne sgorgano.

Le spiegazioni midrashiche

I racconti rabbinici si sono sbizzarriti, in modo anche divertente, per cercare di spiegare la scelta divina di trarre la donna da una costola dell’adam.

Un racconto molto bello la spiega così: Dio non ha voluto trarre la donna dalla testa dell’uomo perché sarebbe stata altezzosa, neppure dai piedi perché sarebbe stata una schiava; l’ha tratta invece dalla costola, la parte più vicina al suo cuore.

Un racconto molto divertente nella sua misoginia invece attribuisce a Dio questi pensieri:

«Non la trarrò dalla nuca, perché sarebbe superba; non dagli occhi, perché sarebbe curiosa e spierebbe ciò che non deve; non dagli orecchi, perché origlierebbe alle porte; non dalla bocca, perché chiacchiererebbe in continuazione; non dalle mani, perché si impiccerebbe di tutto; non dalle gambe, perché andrebbe sempre in giro… la trarrò dalla parte più neutra ed innocua del corpo umano, la costola».

Eppure, a dispetto di tutte queste precauzioni, la donna ha tutti questi difetti, ed altri ancora…

In realtà, nella lingua dei sumeri, alla cui cultura l’ebraico era debitore, la parola «costola» designava anche la «vita», e il nome della dea Nin-ti, la «signora della costola», era traducibile anche come «signora della vita». Quindi nella visione biblica la donna, tratta dalla «costola», condivide la stessa «vita» dell’uomo, nella complementarità e non nella disparità.