
«Stavano ormai per finire i sette giorni, quando i Giudei della provincia d’Asia aizzarono tutta la folla e misero le mani su di lui gridando: Uomini d’Israele, aiuto! Questo è l’uomo che va insegnando a tutti e dovunque contro il popolo, contro la legge e contro questo luogo. Ora ha introdotto perfino dei Greci nel tempio e ha profanato il luogo santoAvevano infatti veduto poco prima Tròfimo di Efeso in sua compagnia per la città, e pensavano che Paolo lo avesse fatto entrare nel tempio!».
Tumulto a Gerusalemme
La presenza di Paolo nel tempio non passa inosservata. I giudei della diaspora, venuti a Gerusalemme per la Pentecoste, lo conoscono bene. Interpretano malamente il suo gesto, accusandolo di aver introdotto nel tempio un pagano che avevano visto prima in sua compagnia. Paolo avrebbe gravemente violato le leggi del tempio se avesse fatto entrare un pagano dall’atrio dei gentili, il cui accesso era aperto a tutti, nell’atrio delle donne, cui solo gli appartenenti ad Israele, comprese donne e bambini, potevano accedere.
Non è così: Paolo è rispettoso della Legge. Ma non importa: «Allora tutta la città fu in subbuglio e il popolo accorse da ogni parte. Impadronitisi di Paolo, lo trascinarono fuori del tempio e subito furono chiuse le porte». Fuori è il tumulto. Deve intervenire il tribuno con i soldati, che lo arrestano scambiandolo per un agitatore politico.
Ma Paolo si muove agilmente fra quei tre mondi, l’ebraico, il greco e il romano. Al tribuno parla in greco: come può essere, allora, quell’Egiziano sobillatore di masse per il quale era stato scambiato?
«Rispose Paolo: Io sono un Giudeo di Tarso di Cilicia, cittadino di una città non certo senza importanza. Ma ti prego, lascia che rivolga la parola a questa gente. Avendo egli acconsentito,Paolo, stando in piedi sui gradini, fece cenno con la mano al popolo e, fattosi un grande silenzio, rivolse loro la parola in ebraico».
In aramaico, cioè: perché adesso si rivolge ai suoi connazionali. Rivolgendosi a loro, al tempo stesso rivisita e identifica a se stesso la propria identità.