A distanza di olre 250 anni dalla beatificazione di fra’ Tommaso da Scarlino (o da Firenze), ricordiamo questa bella figura di religioso, francescano missionario e apostolo dell’unità dei cristiani.
La vita
Il Beato Tommaso Bellacci, detto da Firenze o da Scarlino, era nato a Firenze verso il 1370 (morirà a Rieti il 31 ottobre 1447) e dopo una giovinezza inquieta era entrato nel 1400 tra i Minori osservanti a Fiesole. Rimarrà sempre fratello laico, senza ordinazione sacerdotale, ma ben presto diventerà maestro dei novizi, poi responsabile dei conventi calabresi dell’Osservanza.
A partire dal 1419 opera a Scarlino (che allora faceva parte del territorio dello stato di Piombino), su richiesta di Gherardo Appiani, per eliminare dalla Maremma la dissidenza dei «fraticelli» che nel XIV secolo si erano ribellati alla gerarchia ecclesiastica e si erano insediati in molti conventi del centro Italia, tra cui quello di Scarlino e il convento della Nave a Montorsaio. Ma la sua azione si estende anche all’isola d’Elba, dove nel 1421 per concessione del senese Bartolomeo Ghini, vescovo di Massa Marittima e Populonia, istituisce il convento francescano di S. Cerbone presso la Grotta del Santo, oltre che in Corsica, dove dimora un anno e dove fonda tre conventi.
In missione
Nel 1438 è inviato in Oriente al seguito di Alberto da Sarteano per invitare le Chiese separate al concilio di Ferrara, poi di Firenze, che papa Eugenio IV aveva indetto con lo scopo di perseguire l’unità fra tutti i cristiani. Cercherà di proseguire in questa missione nonostante tutte le difficoltà, dapprima in Siria, poi in Egitto, dove il sultano accoglie bene i delegati del papa.
Lì, Alberto da Sarteano si ammala e torna in Italia. Tommaso cerca di arrivare in Etiopia passando per l’Arabia, perché il sultano proibisce di seguire la valle del Nilo. I turchi lo catturano per tre volte e lo mettono ai remi sulle galere. Lo riscattano insieme a tre confratelli nel 1440 alcuni mercanti fiorentini che lo affrancano una seconda volta quando viene di nuovo catturato per via terra. Quando poi per la terza volta il Beato ed i suoi compagni, «seguitando la strada inverso l’India», come riferisce un cronista contemporaneo, «entrorno nelle terre moresche», lì i turchi li catturarono nuovamente e li sottoposero a crudeli tormenti. Questa terza volta è il papa che paga il riscatto, su richiesta di Alberto da Sarteano.
Tommaso e i suoi compagni tornano in Italia nel 1444-45, e il sogno dell’unione dei cristiani non si è avverato. Ma Tommaso vuol tornare in quelle terre come missionario, a dispetto dell’età e dei pericoli.
Troppi miracoli!
Di nuovo nel 1447, ultrasettantenne, Tommaso s’incammina per Roma per chiedere direttamente al papa l’autorizzazione a tornare in missione, ma il suo cammino termina a Rieti, dove muore nel convento dei frati conventuali, che gli danno sepoltura nella loro chiesa. Di una frequenza di miracoli presso la tomba è prova la curiosa notizia, che si trova già nel suo primo biografo, secondo la quale Giovanni da Capistrano si sarebbe recato presso la tomba a pregare il Beato di interrompere i miracoli per non offuscare la fama di santità di Bernardino da Siena, e non compromettere l’esito del processo di canonizzazione. Papa Clemente XIV ne approverà il culto come beato nel 1771. Dal 2006 i resti mortali riposano nel santuario francescano di Fonte Colombo.
L’amicizia con gli animali
Di abbondanza di miracoli anche in vita riferiscono i testi agiografici: tra questi, il miracolo di un’amicizia particolare con gli animali. Gli uccelli gli volavano intorno e si lasciavano prendere e accarezzare; nella selva di Scarlino, un gran cervo, da lui chiamato, si prestò a portare una soma, e da quel momento si lasciò mettere cavezza e basto come fosse un asino, e continuò a prestare ai frati quel servizio per tutta la sua vita.
Il miracolo dei lupi
Poco dopo che il B. Tommaso aveva riformato il convento di Scarlino, mentre i frati cantavano il Mattutino, venne un lupo nella piazza della chiesa e iniziò ad ululare per chiamare gli altri lupi, disturbando la liturgia. Allora il Beato gli andò incontro e dandogli un amichevole colpetto gli disse: «Taci, e non volere impedire le lodi di Dio: sei venuto troppo presto».
Il lupo ubbidì e si chetò finché non fu terminato il Mattutino, poi riprese i suoi ululati facendo uscire i suoi compagni dal bosco, tanti quanti erano i frati del convento di Scarlino, e si misero tutti in processione con loro dietro la croce, le coppie di frati che cantavano i sette Salmi penitenziali inframmezzate con le coppie dei lupi; finché, giunti in un luogo di orazione allestito da Tommaso presso una grande sughera, i lupi trascorsero tutta la notte con i frati in preghiera, «ciascheduno col suo frate; e così stando questi tutta la notte in orazione, si posaron parimenti ai loro piedi ancora i lupi i quali finalmente venuta l’aurora, come se chiedessero licenza, stropicciandosi intorno a’ medesimi frati si partirono».
Il prodigio continuò tutte le notti, cessando solo dopo la morte del Beato e dei suoi primi discepoli, quando il primitivo fervore scemò dal convento (Giuseppe Maria Brocchi, Vite de’ Santi e Beati fiorentini, 1761, pag. 145-147).
Pie leggende? Forse. Ma il rapporto di amicizia con la natura tutta e con gli animali in particolare contraddistingue per molti secoli la santità cristiana.
Celebrazioni
Il luogo dove forse sono più fervide le celebrazioni per la memoria del Beato Tommaso è proprio Scarlino, dove toccano il culmine nella domenica più vicina al 24 agosto, giorno in cui ricorre l’anniversario della beatificazione. Nella ricorrezna del 250° anno, l’anniversario fu solennizzato addirittura con la composizione di un inno al Beato Tommaso, da parte del Maestro Maurizio Morgantini, direttore d’orchestra, pianista, compositore e direttore artistico dell’associazione «Amici della musica» di Massa Marittima. Il Maestro utilizzò il testo di un antico sonetto, il cui originale è conservato presso la biblioteca comunale «Francesco Cini» di Osimo (Ancona). Sempre in quell’occasione gli organizzatori presentarono la scultura in marmo del Beato, opera degli artisti Massimo Galleni e Giancarlo Buratti di Pietrasanta.
Il video delle celebrazioni QUI.