Dante era un sincero credente e un dotto teologo, ma controverso per i critici è stato il reale rapporto fra la sua poesia e la sua teologia. Secondo il Sapegno, che riprendeva un giudizio di De Sanctis, nella Commedia quanto più è presente la vera teologia tanto meno sarebbe presente la lirica, la vera poesia. È veramente così?
Teologia e poesia
L’intento della teologia è quello di riflettere sul dato di fede lavorando sulla sua intelligibilità e concettualizzazione; la teologia è una riflessione razionale che dipende dalla fede ed è al servizio della fede; è un modo di vivere e far vivere la fede da parte della cultura del proprio tempo. Tuttavia, quando si parla di intelligibilità e concettualizzazione, ci si deve riferire solo al linguaggio filosofico? Una teo-logia è per forza una filosofia? Jorge Luis Borges scrisse in Finzioni che «la teologia è un ramo della letteratura fantastica»; e lo affermava in senso negativo, intendendo che anche la teologia si nutre di finzioni. Si può invece asserire il contrario: la letteratura fantastica può essere una espressione della teologia, intendendo per teologia la scoperta della razionalità intrinseca al dogma. Anche la fantasia può mettersi infatti al servizio del dato di fede e comprenderlo teologicamente pur esprimendolo per immagini (visive, letterarie, musicali…).
Nella letteratura dell’immaginario i dati della fede non scompaiono ma vengono evocati ed esaltati grazie alla mediazione concettuale del simbolo. La razionalità filosofica, la poesia, le arti figurative, la musica sono anch’esse strumenti di indagine e di espressione del mistero salvifico. Dante, che usa l’inventiva poetica con le sue immagini letterarie per rappresentare il cammino dell’uomo verso Dio, non tradisce, ma riafferma la fede cristiana. Non si può quindi affermare che in Dante c’è solo la poesia e che la sua poesia esclude la fede o la svilisce, ma neppure che la presenza della teologia vanifica la poesia. Basta leggere il Paradiso per accorgersi di come la poesia sposando la teologia divenga sublime.
Un docente disse a Romano Guardini quando questi era studente di teologia: «Studiare teologia, parlare italiano, e non aver letto Dante, era quasi un peccato. Disse “quasi un peccato veniale”» (R. Guardini, Dante, Morcelliana, Brescia 1999). Anche la teologia non può fare a meno della bellezza.