Tempi di guerra…

Tempi di guerra
Hope di Sliman Mansour. Fonte immagine: https://embraceme.org/blog/painting-palestines-story

Tempi di guerra: al 22° mese di guerra in Ucraina e al 70° giorno di guerra Hamas – Israele, il bilancio è sempre più triste. Ma queste sono solo due delle terre al mondo martoriate dai conflitti.

Tempi di guerra: il rapporto di Save the Children

Save the Children ha stilato un rapporto riguardante la situazione dei bambini nelle zone di guerra nell’anno 2022. Ecco i dati:

  • 468 mi­lio­ni di bam­bi­ni (cioè un bam­bi­no su sei) nel 2022 vi­ve­vano in una zona di guer­ra. È aumentato del 13% il nu­me­ro di gra­vi vio­la­zio­ni com­mes­se nei con­fron­ti dei bambini in con­te­sti di con­flit­to, rag­giun­gen­do il nu­me­ro com­ples­si­vo di 27.638, ossia in me­dia 76 al gior­no. Il con­ti­nen­te afri­ca­no è l’a­rea con il mag­gior nu­me­ro as­so­lu­to di mi­no­ri in con­te­sti di guer­ra, men­tre il Me­dio Orien­te, già pri­ma del con­flit­to in cor­so a Gaza, re­gi­stra­va la percentuale più ele­va­ta, pari a un bam­bi­no su tre.
  • In par­ti­co­la­re, 8.647 sono sta­ti i bam­bi­ni uc­ci­si o mu­ti­la­ti (erano 8.113 nel 2021). Il Pae­se con il mag­gior nu­me­ro di casi di mi­no­ri uc­ci­si o mu­ti­la­ti, se­con­do il rap­por­to del Se­gre­ta­rio Ge­ne­ra­le del­le Na­zio­ni Uni­te, è sta­ta l’Ucraina (1.386), men­tre già nel 2022 nei Ter­ri­to­ri pa­le­sti­ne­si oc­cu­pa­ti 1.134 bam­bi­ni sono sta­ti uc­ci­si o han­no su­bi­to mu­ti­la­zio­ni, in par­ti­co­la­re nel­la Stri­scia di Gaza. Questa ci­fra è de­sti­na­ta a sa­li­re ver­ti­gi­no­sa­men­te nel 2023: i bambini uccisi a Gaza sono già più di diecimila.
  • Il Con­si­glio di Si­cu­rez­za del­le Na­zio­ni Uni­te ha iden­ti­fi­ca­to sei gra­vi vio­la­zio­ni con­tro i bam­bi­ni in si­tua­zio­ni di con­flit­to ar­ma­to: uc­ci­sio­ne e mu­ti­la­zio­ne di bam­bi­ni; re­clu­ta­men­to o uti­liz­zo di bam­bi­ni nel­le for­ze e nei grup­pi armati; stupro e al­tre for­me di vio­len­za ses­sua­le con­tro i bam­bi­ni; rapimento di bambini; at­tac­chi con­tro scuo­le e ospe­da­li; di­nie­go di ac­ces­so uma­ni­ta­rio ai bam­bi­ni.

Veniamo alla guerra Hamas – Israele: 70° giorno.

Tempi di guerra: bilancio delle vittime

I soldati israeliani

I soldati morti a Gaza nel corso delle operazioni terrestri contro Hamas lanciate il 27 ottobre sono 118: aggiungendo a loro il numero dei militari uccisi da Hamas nell’attacco a sorpresa del 7 ottobre il totale arriva a 446. Il numero complessivo dei militari feriti, a partire dal 7 ottobre, è di 1.593. Di questi, 559 sono stati feriti nei combattimenti tuttora in corso nella Striscia.

Dei soldati israeliani caduti a Gaza nelle operazioni terrestri, 20 sono stati uccisi da cause accidentali: 13 colpiti da ‘fuoco amico’ (per lacune nel coordinamento fra diverse unità), uno raggiunto da un proiettile vagante, due travolti da blindati, investiti da frammenti di bombe israeliane e altri due vittime di un uso scorretto della propria arma. All’origine di questi incidenti si trovano le grandi dimensioni della operazione militare, la stanchezza accumulata nei combattimenti e l’indisciplina. 

Gli ostaggi

Circa 240 persone sono state prese in ostaggio da Hamas il 7 ottobre, di queste 135 sono ancora prigioniere. Israele ha dichiarato che 19 persone, ancora tenute in ostaggio, sono morte.

Tre, inoltre, sono stati uccisi per errore dai soldati israeliani durante i combattimenti a Shujaia nel centro della Striscia. I soldati li hanno scambiati per sospetti ed hanno sparato. Probabilmente i tre si erano o liberati o erano rimasti incustoditi durante i combattimenti. 

Tempi di guerra: vittime civili a Gaza. 18.800 morti e 50.897 feriti

Il governo di Hamas ha comunicato che le operazioni militari israeliane nella striscia di Gaza hanno fatto 18.800 morti dall’inizio della guerra il 7 ottobre. I palestinesi morti, uccisi in maggioranza in attacchi aerei, sono per il 75% dei bambini (8.000) e delle donne (6.200). È circa 7.500 il numero dei dispersi nel 70esimo giorno della guerra con Israele.

Nel conflitto sono rimaste ferite 50.897 persone.

Oltre ai residenti di Gaza, sono più di 90 i giornalisti e gli operatori dei media ivi uccisi dall’inizio del conflitto. L’ultimo in ordine di tempo è il cameraman Samer Abudaqa durante il bombardamento a Khan Yunis che ha colpito una scuola dove i civili cercavano rifugio. Samer, rimasto ferito, è stato lasciato morire dissanguato dopo oltre 5 ore” di agonia, perché le forze israeliane hanno impedito ai soccorsi di raggiungerlo. 

Secondo l’intelligence statunitense, come riferisce la Cnn in esclusiva, quasi la metà delle munizioni aria-terra che Israele ha utilizzato a Gaza non erano di precisione, ma si trattava di ordigni non guidati, detti anche “bombe stupide”. Nei dettagli, il 40-45% delle 29.000 munizioni aria-terra finora utilizzate da Israele non erano guidate, per il resto erano munizioni a guida di precisione. In un’area così densamente popolata come Gaza, le munizioni non guidate sono devastanti. Martedì scorso il presidente americano Joe Biden ha affermato che Israele è impegnato in “bombardamenti indiscriminati” a Gaza.

La Casa Bianca nei confronti di Israele

John Kirby, portavoce del Consiglio di sicurezza della Casa Bianca, ha dichiarato di star nutrendo – e di aver manifestato – preoccupazioni sull’offensiva militare israeliana a Gaza e sul suo impatto sulla popolazione civile, mentre Israele tende a minimizzare il bilancio delle perdite civili nella Striscia.

Il Consigliere per la Sicurezza Nazionale del presidente Biden, Jake Sullivan, ha consigliato a Israele di terminare la sua campagna di terra a Gaza e di condurre un’offensiva più mirata nella sua guerra, con gruppi più piccoli di forze d’elite che si muoverebbero dentro e fuori dai centri abitati di Gaza, svolgendo missioni più precise per trovare i leader di Hamas. La richiesta di un cambiamento di tattica arriva quando le differenze tra Stati Uniti e Israele si sono ampliate mentre le condizioni a Gaza diventano catastrofiche. 

Stanno infatti emergendo, dopo più di due mesi di conflitto a Gaza, le prime evidenti crepe tra Israele e gli Stati Uniti. Joe Biden denuncia la relazione sempre più complicata con Benyamin Netanyahu: non vuole la soluzione a due Stati, mentre Israele sta perdendo il sostegno del mondo e cresce il suo isolamento internazionale. Il messaggio del presidente americano si è fatto notare per il tono perentorio e molto duro nei confronti di Netanyahu. 

Stop Usa all’invio di armi a Israele per contrastare la violenza dei coloni

Gli Stati Uniti stanno bloccando la spedizione di fucili a Israele a causa delle violenze dei coloni in Cisgiordania contro i palestinesi. Si sta trattenendo una spedizione di oltre 27.000 fucili destinati alla polizia israeliana per paura che possano essere trasferiti a coloni estremisti in Cisgiordania. La vendita è sospesa mentre i legislatori statunitensi fanno pressione su Israele per avere garanzie che non finiranno nelle mani degli estremisti.

Tempi di guerra: la situazione umanitaria nella Striscia

Secondo l’Onu, almeno 1,93 milioni di persone, pari al 78% della popolazione di Gaza, sono già sfollati interni, mentre metà della popolazione di Gaza sta morendo di fame mentre continuano i combattimenti tra Hamas e Israele. Secondo il vicedirettore del Programma Alimentare Mondiale (Pam) delle Nazioni Unite, Carl Skau, solo una frazione delle forniture necessarie è riuscita ad entrare nella Striscia. In alcune aree 9 famiglie su 10 non riescono a mangiare tutti i giorni, poiché le condizioni a Gaza hanno reso le consegne di aiuti umanitari quasi impossibili.

Aiuti umanitari

Oggi sono entrati nella Striscia 156 camion di aiuti umanitari, più 4 camion di carburante e 2 autocisterne di gas per uso domestico. Quaranta camion sono stati ispezionati al valico di Kerem Abou Salem e 116 camion al valico di Al-Awja nel Sinai centrale. Finora nessun aiuto è entrato nella Striscia attraverso il valico di Kerem Abou Salem, ma tutti da quello di Rafah. Dallo stesso passaggio sono arrivate oggi dalla Striscia in Egitto attraverso il valico di Rafah 233 persone provenienti da Svezia, Marocco, Portogallo, Stati Uniti e Turchia, oltre a 170 egiziani, 9 palestinesi feriti e i loro accompagnatori.

Tuttavia, l’agenzia per i palestinesi dell’Onu (Unwra) al momento non è in grado di portare aiuti al nord di Gaza. Gli spazi intorno ai suoi edifici sono congestionati da rifugiati e persone affamate, quindi non è in grado di fornire aiuti a coloro che non sono riusciti a fuggire. L’Unwra aggiunge che non c’è più cibo da acquistare, anche per chi ha la possibilità di pagarlo.

Il capo dell’Unrwa Philippe Lazzarini ha aggiunto che i camion contenenti provviste di cibo vengono fermati per strada prima che possano raggiungere i rifugi. Sta diventando sempre più difficile fornire aiuto alle persone nei rifugi delle Nazioni Unite, a causa dell’affollamento all’esterno degli stessi. “La gente ferma i camion degli aiuti, prende il cibo e lo mangia subito. Nelle ultime settimane la fame è evidente e incontriamo sempre più persone che non mangiano da uno, due o tre giorni”.

Evacuazione forzata

Lazzarini ha anche denunciato il fatto che Israele sta costringendo gli abitanti di Gaza a lasciare il territorio e a entrare in Egitto. “Le Nazioni Unite e diversi stati membri, compresi gli Stati Uniti, hanno fermamente rifiutato lo sfollamento forzato degli abitanti della Striscia di Gaza. Ma gli sviluppi a cui stiamo assistendo indicano tentativi di trasferire i palestinesi in Egitto, indipendentemente dal fatto che restino lì o vengano reinsediati altrove. Se continua questo percorso, che porta a quella che molti chiamano già una seconda Nakba, Gaza non sarà più una terra per i palestinesi”. 

Situazione sanitaria

L’Oms riferisce che a Gaza rimangono solo 11 ospedali parzialmente funzionanti sui 36 disponibili. In soli 70 giorni il sistema sanitario è passato da 36 ospedali funzionanti a 11 ospedali parzialmente funzionanti – uno nel nord e 10 nel sud. L’Oms ha anche accusato Israele di aver ritardato una missione medica vitale e di aver costretto il personale medico palestinese a inginocchiarsi sotto la minaccia delle armi, trattenendolo e impedendogli di svolgere il proprio lavoro.

Risultato?

Dall’inizio della guerra nella Striscia di Gaza, è quasi quadruplicato il sostegno a Hamas in Cisgiordania, mentre cresce il malcontento nei confronti dell’Anp e del suo presidente, Mahmoud Abbas. Tutto questo emerge da un sondaggio condotto dal Palestinian Center for Policy and Survey Research tra il 22 novembre ed il 2 dicembre su un campione di 1.231 persone dei Territori palestinesi. Secondo il sondaggio, che ha un margine di errore del 4%, il 57% degli intervistati a Gaza e l’82% in Cisgiordania approvano il massacro eseguito da Hamas in Israele il 7 ottobre. Secondo una larga maggioranza, la formazione palestinese ha agito per “difendere” la moschea di al-Aqsa a Gerusalemme. Solo il 10% ritiene che Hamas abbia commesso crimini di guerra.

È evidente il balzo di Hamas in Cisgiordania, dove il sostegno all’organizzazione islamista è salito dal 12% di settembre al 44% attuale. A Gaza invece è salito di solo quattro punti, dal 38% al 42%. Crolla l’Anp, con quasi il 60% degli intervistati che ne auspica lo scioglimento, mentre l’88% crede che Abbas debba dimettersi.