Nel giorno della festa della Santa Croce, 14 settembre, può sembrare assurdo chiedersi: «Staurós», croce o palo? Ovvero: i soldati hanno crocifisso Gesù su di una croce o lo hanno appeso ad un palo? La domanda, oltre che superflua, appare anche assurda. Tuttavia si può avanzare una tale domanda, dato che una nota setta si è proposta di demolire l’immagine tradizionale della crocifissione affermando che Gesù fu attaccato ad un palo e che comunque lo strumento usato per l’esecuzione capitale del Salvatore deve essere rimosso dalla pietà cristiana perché detestabile.
Sulla centralità della croce di Cristo nella teologia e nella spiritualità cristiana leggiamo innanzi tutto la parola di Paolo apostolo (le evidenziazioni sono mie).
Dalla lettera ai Galati di san Paolo, apostolo
(2,19 – 3,7.13-14; 6,14-16)
Fratelli, mediante la legge io, Paolo, sono morto alla legge, per vivere per Dio. Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita che vivo nella carne io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me. Non annullo dunque la grazia di Dio; infatti se la giustificazione viene dalla legge, Cristo è morto invano.
O stolti Galati, chi mai vi ha ammaliati, proprio voi agli occhi dei quali fu rappresentato al vivo Gesù Cristo crocifisso? Questo solo io vorrei sapere da voi: è per le opere della legge che avete ricevuto lo Spirito o per aver creduto alla predicazione? Siete così privi d’intelligenza che, dopo aver incominciato con lo Spirito, ora volete finire con la carne? Tante esperienze le avete fatte invano? Se almeno fosse invano! Colui che dunque vi concede lo Spirito e opera portenti in mezzo a voi, lo fa grazie alle opere della legge o perché avete creduto alla predicazione?
Maledetto chi pende dal legno
Fu così che Abramo ebbe fede in Dio e gli fu accreditato come giustizia (Gn 15, 6). Sappiate dunque che figli di Abramo sono quelli che vengono dalla fede. Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, diventando lui stesso maledizione per noi, come sta scritto: Maledetto chi pende dal legno (Dt 21, 23), perché in Cristo Gesù la benedizione di Abramo passasse alle genti e noi ricevessimo la promessa dello Spirito mediante la fede.
Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo. Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l’essere nuova creatura. E su quanti seguiranno questa norma sia pace e misericordia, come su tutto l’Israele di Dio.
Centralità della croce
È evidente come nella teologia paolina, la base di ogni successiva teologia della croce, la croce sia al centro della storia della salvezza. Non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo: parole indubitabili che non richiedono spiegazione né commento per quanto riguarda il valore della croce nella visione cristiana del mondo e della storia. Ma come era fatta questa croce?
Gesù è morto su una croce?
La domanda ha un senso solo perché l’uso della croce a forma di … croce viene contestato da una nota setta, che afferma, senza fondamento, che Gesù fu appeso ad un palo. Comunque, ecco i motivi per cui si deve continuare a parlare di croce.
«Staurós»: palo e croce
In effetti, il termine greco che il Nuovo Testamento usa per indicare la croce è «staurós» che significa «palo» ma anche «palizzata» (vorremmo allora dire che inchiodarono Gesù ad una palizzata?). Ma se si continua a leggere in qualsiasi dizionario, si trova anche il significato più recente di «croce».
Le parole cambiano significato nel tempo
Perché questa pluralità di significati? Perché nel tempo le parole, che sono come gli organismi viventi, si evolvono (o si involvono) e assumono nuovi significati prima impensabili. Ad esempio, la parola «macchina» ci evoca immediatamente l’immagine di un’automobile. Eppure la parola è ben più antica dell’invenzione degli autoveicoli; proviene dal latino «machina» che indicava tutto meno che un’autovettura: una macchina da assedio, un palco, cavalletto o impalcatura, addirittura un recinto per animali, un congegno o meccanismo, come quelli dotati di corde e carrucole che calavano sul palcoscenico gli attori che al momento buono impersonavano le divinità, da cui la nostra espressione «deus ex machina»… Ma oggi ha acquistato il nuovo significato di automobile.
«Staurós»: da palo a croce
Così, la parola «staurós», che originariamente indicava un palo, al tempo di Gesù era passata a designare il tipo di supplizio cui i romani destinavano gli schiavi che si erano macchiati di gravi crimini e coloro che avevano attentato alla sicurezza dell’impero; supplizio a cui i cittadini romani non potevano essere sottoposti in quanto non solo atroce, ma anche infame.
Ovviamente il Nuovo Testamento non si perde a descrivere la croce, efferato strumento di morte anche troppo conosciuto all’epoca, senza che ci fosse bisogno di informare ulteriormente i lettori; ma Mt 27,37, ricordando che l’iscrizione con il motivo della condanna era stata posta «sopra la testa» di Gesù, presuppone che il palo verticale fosse fornito di un braccio orizzontale (patibulum), altrimenti, se Gesù fosse stato inchiodato ad un palo in verticale, l’iscrizione sarebbe stata posta sopra le mani.
Stipes e patibulum
Normalmente i romani si servivano a tale scopo di due pali, un palo verticale (ecco il motivo per cui la croce riceve in greco il nome «staurós»), lo «stipes» (tronco, palo) che rimaneva fisso sul luogo dell’esecuzione, e uno orizzontale («patibulum») che ogni condannato portava sulle spalle e veniva fissato all’altro. Gesù (o il Cireneo per lui) non avrebbe potuto portare sul luogo del supplizio lo stipes, un palo lungo circa 4 metri (di cui 1 metro da interrare come base, circa 2 per contenere la lunghezza di un corpo umano disteso con le braccia alzate, almeno 1 per distaccarlo dalla terra).
Una antica descrizione
Riguardo alla tecnica della crocifissione, contrariamente agli argomenti di coloro che vogliono dimostrare che Gesù non è stato crocifisso ma «messo al palo», riportiamo un brano di Luciano (n. 120 circa) in cui l’autore riferisce il dialogo di due dèi, Ermes ed Efesto, che devono fissare Prometeo al supplizio:
«Ecco il Caucaso, dove il povero titano dovrà essere inchiodato… appeso in modo visibile a tutti; non bisogna che sia crocifisso né troppo in basso, per timore che vengano ad aiutarlo, né troppo in alto, perché non sarebbe visibile a quelli che stanno sotto; va crocifisso con le mani distese da una roccia all’altra… O Prometeo, stendi la destra; e tu, Efesto, tienilo fermo e inchiodalo e tira giù con forza il calcagno; dammi anche l’altra mano, e assicuriamo bene anche questa» (Prom. 1-2).
Non sembra di assistere, con raccapriccio, ad una crocifissione in diretta?
Il famoso graffito di Alexamenos, rinvenuto nel Palatino e databile agli anni 85-200 d.C., ne è una illustrazione eloquente; le testimonianze archeologiche e mediche sono tutte a favore della croce a due bracci; lo conferma anche Tertulliano quando nota che alzandosi in volo gli uccelli, quasi fossero in preghiera, «al posto delle mani aprono le ali in forma di croce».
Per le prime raffigurazioni della croce, QUI.
Memoria storica di una morte salvifica
È ovvio, inoltre, che la croce sia un antico simbolo pagano; è stata la morte di Gesù su di essa che ne ha nobilitato il significato e ne consente la venerazione. Non è più un idolo di falsi dèi, ma la memoria storica della morte salvifica di Gesù, il vanto di S. Paolo (Gal 6,14). Nessuno ha piacere di ricordare uno strumento di morte, ma è proprio da questo che è venuta la resurrezione….
E infatti:
1 Corinzi 1,18 La parola della croce è infatti stoltezza per quelli che vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio.