«Si udranno ancora grida di gioia…». È mai possibile? La situazione è immutata, Geremia è ancora in carcere e la rovina di Gerusalemme è imminente. Ma il profeta va sempre contro corrente, e, quando tutto sembra ormai perduto, da profeta di sventura si muta in profeta di consolazione. Ecco dunque il momento della consolazione: si udranno ancora grida di gioia in Gerusalemme…
«Si udranno ancora grida di gioia…»
33 2«Così dice il Signore, che ha fatto la terra e l’ha formata per renderla stabile e il cui nome è Signore:
3Invocami e io ti risponderò e ti annunzierò cose grandi e impenetrabili, che tu non conosci. 4Poiché dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele, riguardo alle case di questa città e alle case dei re di Giuda, che saranno diroccate di fronte alle opere di assedio e alle armi: …6Ecco io farò rimarginare la loro piaga, li curerò e li risanerò; procurerò loro abbondanza di pace e di sicurezza. 7Cambierò la sorte di Giuda e la sorte di Israele e li ristabilirò come al principio. 8Li purificherò da tutta l’iniquità con cui hanno peccato contro di me e perdonerò tutte le iniquità che han commesso verso di me e per cui si sono ribellati contro di me.
9Ciò sarà per me titolo di gioia, di lode e di gloria tra tutti i popoli della terra, quando sapranno tutto il bene che io faccio loro e temeranno e tremeranno per tutto il bene e per tutta la pace che concederò loro.
10Dice il Signore: In questo luogo, di cui voi dite: Esso è desolato, senza uomini e senza bestiame; nelle città di Giuda e nelle strade di Gerusalemme, che sono desolate, senza uomini, senza abitanti e senza bestiame, si udranno ancora 11grida di gioia e grida di allegria, la voce dello sposo e quella della sposa e il canto di coloro che dicono: Lodate il Signore degli eserciti, perché è buono, perché la sua grazia dura sempre, portando sacrifici di ringraziamento nel tempio del Signore, perché ristabilirò la sorte di questo paese come era prima, dice il Signore.
Il pastore e il suo gregge
33 12 Così dice il Signore degli eserciti: In questo luogo desolato, senza uomini e senza bestiame, e in tutte le sue città ci saranno ancora luoghi di pastori che vi faranno riposare i greggi. 13 Nelle città dei monti, nelle città della Sefèla, nelle città del mezzogiorno, nella terra di Beniamino, nei dintorni di Gerusalemme e nelle città di Giuda passeranno ancora le pecore sotto la mano di chi le conta, dice il Signore.
Sono forse poche per noi le immagini più consolanti di quella della cura che il pastore si prende delle sue pecore: un’immagine che sta quasi alla pari di quella delle cure materne. Un’immagine per noi poetica, idilliaca, forse lontana dalla realtà di una dura vita trascorsa in solitudine, in terreni accidentati fuori del consorzio del vivere comune. Ma tant’è, la poesia e la S. Scrittura ce l’hanno consegnata come una delle rappresentazioni più belle di tenerezza, di sicurezza e di tranquillità. Un’immagine che ha una storia ancora lunga davanti a sé, tornando insistentemente nelle Antiche Scritture, ma anche poi nei Vangeli a qualificare Cristo come Buon Pastore.
Il benessere dell’uomo, nell’Antico Testamento, va di pari passo con il benessere degli animali, da cui la vita dell’uomo dipende. Il riposo sicuro delle pecore nei pascoli, soprattutto grazie al Salmo 23 (Il Signore è il mio Pastore, non manco di nulla…), è segno forte oltre che consolante della nostra sicurezza nell’abbraccio del Pastore Buono. Grazie, Geremia, anche per questa fugace immagine di pace e salvezza.