Sette mesi di guerra. Proprio nella Giornata internazionale della Pace, Putin annuncia alla Russia la mobilitazione parziale.
Dichiarazione di mobilitazione
Putin ha dichiarato una mobilitazione parziale in Russia, con il richiamo dei militari della riserva. «Nella sua aggressiva politica anti-russa, l’Occidente ha superato ogni limite», così ha detto. L’obiettivo dell’Occidente è «indebolire, dividere e distruggere la Russia». Perciò il presidente userà «tutti i mezzi a nostra disposizione», e coloro che stanno cercando di usare il ricatto nucleare contro la Russia scopriranno che le carte in tavola possono essere rivoltate contro di loro. «Non sto bluffando». «È nostra tradizione storica e destino del nostro popolo fermare coloro che cercano il dominio mondiale, che minacciato di smembrare e rendere schiava la madrepatria. È quello che stiamo facendo ora, e credo nel vostro sostegno».
La mobilitazione parziale in Russia prevede il richiamo di 300.000 riservisti, uomini che hanno già servito nell’esercito, con esperienza di combattimento e specializzazioni militari. Sono esclusi i militari di leva. Lo ha precisato il ministro della Difesa Serghei Shoigu.
La mobilitazione parziale è già cominciata oggi con la pubblicazione del relativo decreto. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha voluto puntualizzare che nessuna decisione è stata presa in Russia in merito a un possibile cambiamento dello status dell’operazione militare speciale in Ucraina, per trasformarla ufficialmente in guerra, né sull’imposizione della legge marziale.
Intanto, secondo l’intelligence militare ucraina, le milizie filorusse hanno arruolato centinaia di operai nell’oblast di Donetsk, fermando il lavoro nell’acciaieria Yenakiieve Iron e Steel Works, di proprietà di Rinat Akhmetov, l’uomo più ricco dell’Ucraina. Secondo la stessa fonte, le milizie filorusse hanno anche allestito vicino Torez un campo d’addestramento per i detenuti arrivati dalla Russia per combattere in Ucraina, e sono un migliaio i detenuti reclutati in agosto dal gruppo di mercenari Wagner.
Reazioni interne
Una protesta contro la mobilitazione proclamata da Putin è stata annunciata per questa sera alle 19 ora di Mosca (le 18 in Italia). Il movimento anti guerra Vesna ha diffuso una dichiarazione di questo tenore: «Migliaia di uomini russi, i nostri padri, fratelli e mariti, verranno gettati nel tritacarne della guerra. Per chi moriranno? Per cosa dovranno piangere le madri e i figli?». Un corrispondente del Wall Street Journal ha diffuso su Twitter le foto di persone che espongono cartelli contro la mobilitazione e la guerra in Ucraina in diverse città russe.
Il sito web di Vesna ha inoltre diffuso un appello ai soldati che si trovano al fronte perché si rifiutino di combattere. «Ci rivolgiamo ai militari russi al fronte e nelle loro unità perché si rifiutino di partecipare all’operazione speciale o si arrendano il più presto possibile. Non dovete morire per Putin. Le persone che vi amano in Russia hanno bisogno di voi. Per le autorità voi siete solo carne da cannone, le vostre vite verranno sprecate senza motivo».
Una petizione online contro la mobilitazione ordinata da Putin ha già raccolto quasi 290mila firme. Secondo Novaya Gazeta Europa dichiara: «Noi cittadini russi, donne e uomini, ci opponiamo alla mobilitazione generale e parziale. Il presidente Vladimir Putin non ha basi legali, ragioni ponderate e ben motivate per annunciarla e non può averne. Nell’attuale situazione di incertezza, non siamo pronti a esporre gli uomini del nostro Paese – fratelli, figli, mariti, padri e nonni – a pericoli morali, morali o fisici».
Biglietti aerei esauriti
Pochi minuti dopo il discorso con il quale il leader del Cremlino Vladimir Putin ha annunciato la mobilitazione parziale, i biglietti aerei per lasciare la Russia si sono esauriti. Sono stati tutti venduti i posti per i voli di oggi per la Georgia, la Turchia e l’Armenia. A mezzogiorno non era più possibile comprare biglietti per i voli da Mosca verso l’Azerbaigian, il Kazakistan, l’Uzbekistan e il Kirghizistan.
Cresce il timore di finire nelle liste di chi potrebbe essere arruolato per la guerra in Ucraina. Prima e dopo il discorso di Putin, dal canale Telegram Mozhem Obyasnit e da Google Trends si è rilevato l’aumento del numero di cittadini russi che cercano informazioni su come andare via dal Paese.
Reazioni esterne
Sono ovvie la preoccupazione e l’indignazione della maggior parte dei Paesi e delle organizzazioni internazionali per la dichiarazione di Putin.
La Bielorussia, stretta alleata di Mosca, non intende seguire l’esempio della Russia nel dichiarare una mobilitazione militare. Lo ha detto il segretario del Consiglio di sicurezza nazionale Alexander Volfovich. «Il popolo della Bielorussia e il Paese sono già mobilitati e sono pronti, Dio non voglia, a reagire» a eventuali minacce. Ciò può essere fatto «con le forze di sicurezza e il personale da tempo di pace che oggi eseguono i loro compiti nella difesa della madrepatria e l’ordine costituzionale».
La Cina ha invitato le parti coinvolte nella crisi in Ucraina al cessate il fuoco e a impegnarsi con il dialogo e le consultazioni al fine di una risoluzione pacifica. Il portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin ha ribadito che la posizione cinese sulla crisi in Ucraina è «coerente e chiara» ed ha esortato «a trovare un modo per affrontare le preoccupazioni sulla sicurezza di tutte le parti».
Kirghizistan, Kazakistan e Uzbekistan hanno invitato i loro cittadini a non partecipare alla guerra in Ucraina dopo che Mosca ha approvato un decreto che garantisce la cittadinanza russa agli stranieri che firmano un contratto con le Forze armate di Mosca. Secondo le statistiche governative, nel 2021 lavoravano in Russia 4,5 milioni di lavoratori provenienti dall’Uzbekistan, 2,4 milioni dal Tagikistan e 920.000 dal Kirghizistan.
Nei giorni precedenti
17 settembre. Sparatoria su vescovi
Konrad Krajewski, prefetto del Dicastero per il Servizio della Carità, inviato da papa Francesco, sta proseguendo la sua quarta missione in Ucraina, prima Odessa poi Zaporizhia, con l’intenzione di raggiunge Kharkiv. A Zaporizhia, il prelato ha riferito di essersi mosso insieme a due vescovi, uno cattolico e uno protestante, e accompagnato da un soldato, caricando il suo pulmino di viveri e inoltrandosi in una zona dove solo i soldati entravano. Qui il gruppo è stato raggiunto da colpi d’armi da fuoco e il cardinale, insieme agli altri, si è dovuto mettere in salvo.
Il Vaticano non ha riferito chi fossero gli autori dell’attentato, ma ha assicurato che il gruppo coinvolto nella sparatoria sta bene e che la consegna degli aiuti è proseguita fino alla fine.
Il cardinale Konrad Krajewski così ha raccontato il rischio corso mentre portava aiuti sulla linea del fronte:
«Ci sono sempre russi, ma anche persone che sono rimaste lì e che, per vari motivi, non se ne sono andate. Sono circa 4mila le persone. Siamo andati da loro. Sanno dove riunirsi. Siamo arrivati lì con grandi problemi. È difficile entrare nella zona di guerra perché lì non ci sono leggi, nessun codice. I russi sparano a qualsiasi cosa si muova. Siamo stati avvertiti e istruiti a lasciare semplicemente il cibo e scappare velocemente, anche per non mettere in pericolo queste persone, perché ovunque le persone si radunano, i russi sparano subito, e purtroppo è successo che i razzi siano improvvisamente caduti in un punto tra questi blocchi. È un bene che con noi ci fosse un soldato, che ci ha detto dove correre, perché per la prima volta non sapevo da che parte correre. Questo aiuto è stato necessario».
18 settembre. Vittime
Oltre a vari bombardamenti su diverse città con vittime civili, le forze russe hanno aperto il fuoco durante le operazioni di evacuazione di un ospedale psichiatrico nel villaggio di Strelechya, uccidendo quattro membri del personale medico e ferendo due pazienti.
Nelle città e i villaggi liberati dalla controffensiva ucraina nell’oblast di Kharkiv, sono state trovate oltre dieci stanze per le torture. Ecco la denuncia di Zelensky: «Nelle aree liberate della regione di Kharkiv, sono state trovate oltre dieci stanze della tortura in città e villaggi. Quando gli occupanti sono fuggiti hanno lasciato gli strumenti di tortura. Anche in una comune stazione ferroviaria, a Kozacha Lopan, è stata trovata una stanza della tortura, con strumenti per choc elettrici. Era solo una stazione ferroviaria! La tortura era pratica comune nei territori occupati. Sono cose che facevano i nazisti. È quello che ora fanno i “ruscisti”. E ne dovranno rendere conto nello stesso modo, sul campo di battaglia e nei tribunali».
19 settembre. Ci risiamo
Continuano gli attacchi missilistici su Zaporizhzhia. Un’esplosione è avvenuta a soli 300 metri dai reattori nucleari. Lo rende noto la compagnia nucleare statale ucraina Energoatom. «L’onda d’urto ha danneggiato gli edifici della centrale. Sono state scollegate anche tre linee elettriche ad alta tensione; attualmente tutte e tre le unità di potenza della centrale funzionano normalmente. Non ci sono vittime tra il personale».
Giorgio Parisi, premio Nobel per la fisica nel 2021, in collegamento Skype in occasione dell’inaugurazione dell’inno accademico dell’Università della Calabria, ha dichiarato:
«Quest’anno abbiamo affrontato un’enorme tragedia, non solo i militari uccisi, ma anche un gran numero di civili. Siamo testimoni di un numero incredibilmente alto di rifugiati, così alto da non poter essere paragonato a nulla di ciò che ho visto. Questa tragedia deve finire ora, ma dobbiamo anche pensare a lungo termine Stiamo tornando ai tempi della guerra fredda e abbiamo sentito di nuovo la minaccia di usare le armi nucleari». Si è poi soffermato sul ruolo che gli scienziati possono svolgere per la pace, ed ha concluso: «La Guerra Fredda, un confronto che è andato avanti per più di 40 anni, non è stata solo fredda, ma ha avuto anche periodi caldi con milioni di morti. E credo che ora che i tempi della guerra fredda stanno tornando, dovremmo porci una domanda fondamentale. Perché siamo vivi? Perché non siamo morti nella terza guerra che si sarebbe potuto scatenare?».
20 settembre. Referendum
Le autoproclamatesi repubbliche separatiste filorusse hanno annunciato i referendum per l’annessione delle rispettive popolazioni alla Federazione russa. Le consultazioni, che si svolgeranno tra venerdì 23 e il 27 settembre, riguardano le regioni ucraine di Luhansk, Donetsk, Kherson e Zaporizhzhya.
L’Osce, Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, commenta: «Mentre la guerra seguita all’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa continua, qualsiasi cosiddetto “referendum” pianificato da o con il supporto delle forze che esercitano illegalmente il controllo de facto nei territori occupati dell’Ucraina violerebbe gli standard internazionali e gli obblighi previsti dal diritto internazionale umanitario. Il loro risultato non avrà quindi valore legale».
L’intelligence militare britannica osserva che la convocazione dei referendum per l’unificazione con la Russia nelle aree controllate dalle truppe di Mosca è un segno del timore di una controffensiva ucraina. «Questa urgenza è probabilmente alimentata dalle paure di un imminente attacco ucraino e dall’aspettativa di maggiore sicurezza dopo essere diventati formalmente parte della Russia».