Serafino di Sarov (15 gennaio)

San Serafino e l’orso. Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=996472

Serafino di Sarov (1759 – 1833), monaco russo e grande mistico, è considerato dalle Chiese ortodosse uno dei santi più importanti. È venerato come santo dalla Chiesa ortodossa russa a partire dal 1903 ed è ricordato il 1º agosto, data della sua nascita, e il 15 gennaio, data della sua morte. Pavel Evdokimov lo definì una vera e propria «icona della spiritualità russa».

La giovinezza

Benché il padre fosse mercante, il giovane Serafino, che allora si chiamava Procoro, mostrò sempre scarso interesse per gli affari, trascorrendo invece il tempo in preghiera. La famiglia tuttavia era profondamente religiosa, tanto che il padre finanziò la costruzione di una cattedrale a Kursk, suo luogo di residenza. Una leggenda afferma che Serafino cadde a sette anni da un’impalcatura della cattedrale, ma si salvò per l’intercessione della Madonna. Pochi anni più tardi, gravemente malato, venne guarito da un’icona della Vergine Maria.

Nel 1777 entrò nel monastero di Sarov  come novizio. Nel 1786 prese i voti assumendo il nome di Serafino (colui che arde), e poco dopo ricevette anche gli ordini sacri divenendo ieromonaco  (monaco ordinato sacerdote).

La vita contemplativa

Serafino di Sarov in preghiera. Fonte immagine: http://www.santiebeati.it/immagini/?mode=view&album=57900&pic=57900G.JPG

Non molto tempo più tardi decise di ritirarsi a vita totalmente contemplativa in una capanna di legno all’interno del bosco di Sarov, e visse come eremita per 15 anni. Tornava in monastero solo la domenica per la liturgia comune e l’eucaristia. Si racconta che, per l’attenzione che prodigava verso gli animali che vivevano nel bosco, questi non avessero alcun timore di avvicinarsi a lui.

Ogni mezzanotte, ogni sorta di animali, orsi, lupi, lepri, volpi e rettili di ogni tipo circondavano l’eremo di San Serafino di Sarov. Il santo, finite le orazioni prescritte dalla Regola di S. Pacomio, iniziava a sfamarli: bastava un pezzo di pane secco per placare la fame di tutti. «Ce n’è sempre abbastanza», diceva il santo. Aveva stretto una particolare amicizia con un grosso orso, che su sua richiesta gli portava gli oggetti e persino un favo di miele per nutrire gli ospiti del santo, e obbediva ad ogni ordine che questi gli impartiva. In memoria di San Serafino, fino alla Rivoluzione di Ottobre, le autorità proibirono nella foresta di Sarov la caccia all’orso.

Un giorno, mentre tagliava legna, il santo fu aggredito da una banda di briganti che lo percossero fino a crederlo morto, ma tutto quello che gli trovarono addosso fu un’icona della Vergine. Serafino non aveva tentato in alcun modo di resistere e quando i banditi furono arrestati chiese al giudice di lasciarli andare liberi, perché lui li aveva già perdonati di cuore benché l’assalto lo avesse reso invalido per sempre.

Ritorno alla comunità

Ormai vecchio e incapace di raggiungere la chiesa, nel 1810 Serafino interruppe il proprio voto di silenzio e tornò nel monastero di Sarov, rinchiudendosi in una piccola cella da cui non usciva mai neppure per i pasti e per la Comunione.

Nel 1815 iniziò a permettere ai fedeli di fargli visita, ma senza rompere il silenzio. Nel 1825, su invito della SS. Vergine, terminò la vita da eremita e iniziò a offrire la sua esperienza ai monaci e ai laici. Ogni giorno venivano centinaia di pellegrini: il santo li ascoltava tutti, soprattutto i contadini, i poveri, gli ultimi, li salutava con le parole «Mia gioia, Cristo è risorto!» prostrandosi e baciando ognuno, e offrendo loro consigli.

Domenica 1 gennaio 1833 (secondo il calendario giuliano utilizzato dalla Chiesa russa), Serafino ricevette la Comunione, salutò i confratelli, e la sera cantò i cantici di Pasqua. Il mattino dopo fu trovato inginocchiato davanti all’icona della Vergine, che egli chiamava «la gioia di tutte le gioie», con le mani incrociate sul petto.

Un bell’approfondimento di Enzo Bianchi sulla figura di Serafino di Sarov QUI.

San Serafino di Sarov e l’orso

San Serafino di Sarov e l’orso. Fonte immagine: http://www.santiebeati.it/immagini/?mode=view&album=57900&pic=57900G.JPG

Ecco il racconto di una monaca del monastero di Divjejevo, Matrona Pleščejeva.

Quando giunsi all’eremo lontano, vidi improvvisamente lo Starec [l’appellativo, derivato da staryjanziano, designa i mistici] che sedeva su un tronco vicino alla sua cella accanto ad un enorme orso. Morivo dalla paura e gli gridai con tutte le mie forze: «Batjuška [piccolo padre], muoio», e caddi. Padre Serafino al mio grido, diede un colpetto all’orso e gli fece un cenno con la mano. L’orso, come se fosse un essere dotato di intelligenza, se ne andò subito nel bosco, dirigendosi dalla parte indicatagli dallo Starec. A quella vista tremavo di paura, e quando lo Starec mi si avvicinò esortandomi a non temere, continuavo a ripetere: «Ahimè, morrò». Allora lo Starec mi disse: «No, matjuška [piccola madre], non morrai. La morte è lontana da te; questa è gioia».

Mi condusse al tronco sul quale precedentemente stava seduto e, dopo aver pregato il Signore, mi ci fece sedere sopra; poi ci si sedette anche lui. Ma c’eravamo appena seduti, quando riapparve l’orso: accostandosi a Padre Serafino, si accucciò ai suoi piedi. Io, trovandomi vicina ad un animale tanto terribile, in un primo momento fui terrorizzata; ma poi vidi che lo Starec si comportava con lui senza timore, come con un mite agnello, e che addirittura gli dava da mangiare il pane con le mani. In quel momento il volto del mio grande padre mi sembrò degno di particolare meraviglia: era luminoso e gioioso come quello di un angelo.

Alla fine, mi calmai completamente e lo Starec, dopo aver dato quasi tutto il pane all’orso, mi porse quanto ne rimaneva e m’impose di nutrire io stessa l’animale. Gli risposi d’aver paura che mi mordesse la mano. Ma Padre Serafino, guardandomi, sorrise e disse: «Matjuška, sta’ sicura che non ti morderà la mano». Allora presi il pane che mi offriva e lo diedi all’orso affinché lo mangiasse, e lo feci con tale piacere che desideravo nutrirlo ancora, poiché, grazie alle preghiere di Padre Serafino, l’orso era mite anche nei miei riguardi.

Lo Starec, vedendomi ormai tranquilla, mi disse: «Ti ricordi, matjuška, che un leone serviva il Venerabile Grasimo sulle rive del Giordano? Così un orso serve l’umile Serafino. Ecco, anche le fiere gli obbediscono, mentre tu ti sei abbassata spiritualmente. Ma perché dobbiamo lasciarci abbattere nello spirito? Vedi, se avessi portato le forbici lo potrei tosare». Ed io nella mia semplicità gli risposi: «Batjuška, se le mie consorelle vedessero quest’orso, morrebbero di paura». «No – mi rispose – le tue consorelle non lo vedranno». Osservai che se qualcuno l’avesse ucciso mi sarebbe dispiaciuto moltissimo. «No – rispose lo Starec – nessuno lo ucciderà, ma nessuno lo vedrà all’infuori di te». Ancora pensavo a come avrei raccontato alle mie consorelle questo tremendo prodigio; ma Padre Serafino rispose ai miei pensieri: «No, matjuška, per undici anni dopo la mia morte non ne parlare con nessuno. Poi la volontà di Dio ti svelerà a chi dovrai parlarne».

Dopo parecchio tempo dalla dormizione dello Starec, la vecchia Matrona tornò nella cella di Padre Serafino. Lì, con la benedizione dello Starec, dipingeva il contadino Efim Vasiljév, noto per la dedizione e l’affetto che nutriva nei confronti di Padre Serafino. Vedendo che stava dipingendo lo Starec, improvvisamente Matrona gli disse: «Sarebbe bello che in questo quadro tu dipingessi Padre Serafino con l’orso». Il contadino le chiese che significassero le sue parole e lei gli narrò l’episodio miracoloso, che non aveva ancora raccontato a nessuno. Ed erano proprio allora trascorsi 11 anni dalla fine della vita terrena dello Starec.

Fonte:

Padre Justin Popović, San Serafino di Sarov: Vita e miracoli, Edizioni Appunti di viaggio, 2002, pp. 127-131