
Farè, dopo aver inutilmente cercato di dimostrare che papa Francesco è un usurpatore che occupa abusivamente il trono papale, crede di poter fare una sintesi delle sue elucubrazioni. Lo fa in questo modo:
La Sede vacante secondo Farè
«In tutti i casi qui sopra affrontati la conseguenza è che Bergoglio non è papa, non è mai stato papa e non ha alcun diritto come pontefice. La sede di Pietro è vacante dal 31 dicembre 2022 sebbene questo non sia stato ufficialmente dichiarato, e il cosiddetto Papa Francesco è dunque un antipapa e sarebbe incorso nella scomunica latae sententiae. Dato che Bergoglio e almeno parte del collegio cardinalizio sono sempre stati consapevoli dell’invalidità dell’elezione, non si può neppure presumere la buona fede necessaria per invocare il principio di supplenza, e pertanto tutti gli atti di Bergoglio dalle elezioni in poi sono nulli.
In particolare sottolineo che non è valida la creazione dei cardinali; ricordo inoltre che durante la sede impedita (dal 2013 alla morte di Benedetto XVI), durante la sede vacante (dalla morte di Benedetto XVI ad oggi), il Collegio dei cardinali, le Congregazioni o i Dicasteri possono sbrigare solo gli affari ordinari urgenti senza prendere decisioni che potrebbero essere considerate innovazioni o modifiche significative nella vita della Chiesa. Questo ai sensi del canone 335 del Codice di diritto canonico che recita: “mentre la sede romana è vacante o totalmente impedita, non si modifichi nulla nel governo della chiesa universale. Si osservino invece le leggi speciali emanate per tali circostanze”.
Parleremo più avanti della sede impedita di Benedetto XVI. Questa situazione pone anche le basi per una successione antipapale perché un conclave al quale dovessero prendere parte pseudocardinali di nomina bergogliana sarebbe nullo e invalido ai sensi di Universi Dominici Gregis numero 33, secondo il quale solo i cardinali creati validamente possono eleggere il papa».
Macché sede vacante! La risposta di Boni – Ganarin
«Attese le controdeduzioni esposte sino ad ora, non sono in alcun modo condivisibili le argomentazioni che sorreggono l’impianto complessivo dello scritto di Giorgio Maria Faré.
Non vi sono, infatti, elementi sufficienti e fondati sul piano giuridico che possano mettere in seria discussione la validità della rinuncia di Benedetto XVI: e la successione di circostanze ambigue – «Benedetto XVI ha continuato a farsi chiamare “Sua Santità Benedetto XVI”, a vestirsi di bianco [invero senza indossare più i simboli dell’effettiva giurisdizione petrina: N.d.A.], a firmarsi P.P. e impartire la benedizione papale, ha mantenuto lo stemma che aveva da Papa rifiutandone espressamente uno nuovo» (p. 9) – non costituisce una prova decisiva, posto che Ratzinger né era in sede impedita né, dalle ore 20:00 del 28 febbraio 2013, ha mai adottato sino alla sua morte un atto di governo stricto sensu.
Pertanto, non è applicabile nel caso di specie quanto previsto nel can. 153 § 1 CIC, secondo cui la provvisione di un ufficio ecclesiastico non vacante de iure – ma solo de facto, perché occupato da un titolare che si reputerebbe abusivo – è nulla per il diritto stesso e non diventa valida per susseguente vacanza dell’ufficio medesimo.
Nel 2013 si è assistito al legittimo e regolare avvicendamento nell’ufficio di romano pontefice tramite la rinuncia di Benedetto XVI e l’elezione di Francesco, entrambe pienamente valide a norma del diritto vigente.
Quando si sono sviluppate le contestazioni
Al riguardo non si può fare a meno di evidenziare come le contestazioni alla rinuncia di Joseph Ratzinger si siano intensificate soprattutto a partire dal 2020, dunque a ben sette anni di distanza dall’inizio del pontificato di Jorge Mario Bergoglio, a riprova che i loro fautori erano e sono ancora mossi probabilmente da un pregiudizio e da un’avversione ideologica verso il papa regnante e soprattutto verso le linee di indirizzo programmatico da lui adottate, più che dall’esigenza che il diritto sia rettamente inteso e applicato in alcuni momenti delicatissimi della vita della Chiesa.
Eppure, se ci fossero state manifeste anomalie, come si tenta insistentemente di dimostrare, ciascuna di esse sarebbe stata prontamente segnalata e denunciata dai canonisti: molti dei quali non sono certo accusabili di servilismo o di omertà, e che non sono stati teneri o indulgenti nello stigmatizzare certe riforme giuridicamente claudicanti o nel condannare certi intollerabili abusi di autorità perpetrati nella Chiesa negli ultimi lustri».
Sintetizzo
Alle convinzioni incoerenti, pretestuose e maniacali di Farè rispondono le convinzioni, logiche e solidamente fondate, di veri esperti di diritto canonico. In particolare:
- Farè procede con le conseguenze come se avesse dimostrato qualcosa, ma in realtà non ha dimostrato niente di quello che voleva. Papa Francesco è il Papa legittimamente eletto dal conclave legittimamente convocato a motivo della rinuncia al Pontificato di Benedetto XVI, come lo stesso papa Ratzinger ha chiaramente manifestato e più volte ribadito.
- Le contestazioni alla validità della Declaratio di Benedetto XVI si sono sviluppate dal 2020, ben sette anni dopo le dimissioni di Ratzinger, il che fa pensare che si tratti di un tentativo di opposizione alle posizioni teologiche e pastorali di papa Francesco e non di dubbi di carattere giuridico!
- Se ci fossero state veramente delle anomalie nel sussegui mento di papa Francesco a Benedetto XVI, i canonisti non avrebbero mancato di denunciarle, tanto più che fra loro vi sono persone che non condividono affatto la linea tenuta da papa Francesco, ed avrebbero tutti gli interessi a contestarne l’elezione.
- La conseguenza è che la sede non è vacante, ma legittimamente occupata dal Papa legittimo.
- Ne consegue altresì che le nomine cardinalizie effettuate da papa Francesco sono valide, come sono validi tutti gli atti da lui emessi in qualità di Sommo Pontefice.
Questo vogliono il Diritto canonico e la logica. Ed anche la fede della Chiesa.