
Il Terzo Vangelo, quello detto Secondo Luca, fa parte del gruppo dei Vangeli sinottici. A differenza quel Quarto Vangelo, quello Secondo Giovanni, i Vangeli tramandati sotto i nomi di Matteo, Marco e Luca sono detti Sinottici perché, essendo essi impiantati su una tradizione comune fondamentale, è possibile disporli su tre colonne parallele e coglierne la logica con un solo colpo d’occhio (syn–opsis, visione simultanea).
Il più antico e più arcaico dei Vangeli è quello secondo Marco (circa 67 d.C.), che rappresenta la forma base di Vangelo, limitata alla vita pubblica. Non ha un prologo narrativo (rappresentato invece da Mt 1-2 e Lc 1-2) né teologico (come presentato da Gv 1,1-18) e neppure un epilogo che prolunghi il racconto delle apparizioni (il vangelo risalente letterariamente a Marco termina con 16,8; l’epilogo, ispirato e canonico, è aggiunto da un antichissimo prosecutore).
La tradizione seguita da Marco rappresenta la base della tradizione sinottica, che accomuna i tre. Matteo, però, e Luca, hanno molto materiale comune omesso da Marco e derivato da una ipotetica fonte Q (tedesco “Quelle” = “Fonte”, appunto). Inoltre presentano, ciascuno, ma soprattutto Luca, molto materiale esclusivo tratto da una fonte ignota o ignorata dagli altri due. Fra tutti, Luca è l’evangelista che porta il maggior numero di versetti propri, si pensi anche solo a parabole come quella del buon samaritano o del figliol prodigo… Ha, quindi, una grande ricchezza da offrirci.
L’autore degli Atti
Inoltre, Luca presenta un’altra originalità: la sua narrazione non si ferma alla Resurrezione di Gesù o alla sua Ascensione al cielo, ma prosegue con il racconto della diffusione del Vangelo, prima nel mondo ebraico, poi in quello pagano, sotto la spinta dello Spirito Santo. Infatti il Terzo Vangelo è il primo “volume” di un’opera unica che ne comprende anche un secondo, cioè gli Atti degli Apostoli.