Politicamente corretto: dal naso di Cleopatra al colore della pelle

Scultura romana di Cleopatra, metà del I secolo a.C. (epoca delle sue visite a Roma nel 46-44 a.C.). Museo di Berlino. Pubblico Dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2597825

Scrisse Pascal che se il naso di Cleopatra fosse stato più corto, la storia sarebbe risultata diversa. Le ricerche storiche hanno mostrato, dalle immagini d’epoca, che il naso di Cleopatra doveva essere un naso importante. Naturalmente, può darsi che le immagini fossero manipolate in funzione del messaggio che si voleva esprimere, perché un naso autoritario certamente denota l’esercizio del potere più di un naso insignificante ancorché bello.

Ora, sul naso di Cleopatra non saprei dirvi altro. Quello che posso dire su di lei, invece, riguarda la falsificazione storica che si sta perpetrando con un docufilm di questi giorni.

Una Cleopatra nera?

«Falsifica i fatti storici». È quello che si sta dicendo in merito al docufilm sulla Regina Cleopatra interpretata da un’attrice afrobritannica nella mini serie di Netflix. Secondo l’archeologo ed egittologo Zahi Hawass, nel documentario prodotto da Jada Pinkett Smith (moglie di Will Smith) i fatti storici sarebbero stati falsificati: Cleopatra era di origine macedone, greca quindi e non nera. L’Egypt Indipendent afferma che il documentario «promuove l’afro-centrismo: un’ideologia guidata da neri americani e neri in Sud America che promuove l’idea del “ritorno in Egitto”, “cacciando a calci” gli egiziani perché hanno “rubato” la loro cultura e la loro storia. L’afro-centrismo afferma che i faraoni e gli antichi egiziani erano neri e che gli egiziani ne hanno usurpato l’identità». Consideriamo che si tratta di un documentario, non di un fantasy, per cui la fedeltà storica è imprescindibile.

Il trailer

Tutto è cominciato quando la pubblicazione del trailer ufficiale di Regina Cleopatra ha scatenato una bufera in Egitto, costringendo il servizio streaming a disattivare i commenti. Il trailer QUI.

L’Egitto ha fatto causa a Netflix dopo aver visto il trailer. A spiegarne i motivi è stato l’avvocato Mahmoud al-Semary che ha incolpato i vertici Netflix di aver realizzato un prodotto afrocentrico, cosa da considerarsi un crimine. Secondo l’avvocato, infatti, la trama della serie sarebbe lontana dalla vera storia di Cleopatra (che non era nera) contraddicendo la storia egiziana e promuovendo l’afrocentrismo. L’accusa è quella di contraffazione. Con una denuncia, l’avvocato ha chiesto che siano avviate azioni contro i responsabili della realizzazione del docu-drama. Al-Semary ha esortato i suoi connazionali a opporsi per «preservare l’identità nazionale e culturale egiziane».

L’archeologo Mostafa Waziri ha precisato:

«La rappresentazione è una falsificazione della storia egizia e un palese errore storico, soprattutto perché lo show è classificato come documentario e non come opera drammatica, il che chiede ai responsabili della sua produzione di indagare sull’accuratezza storica e fare affidamento su dati storici e fatti scientifici per garantire che la storia e le civiltà non vengano falsificate».

Waziri nega inoltre che la polemica contro la scelta di Adele James per il ruolo di Cleopatra abbia una matrice razzista nei confronti delle persone di origine africana. L’atteggiamento di rifiuto «nasce dalla volontà di difendere la storia della regina Cleopatra VII, la quale è una parte importante e autentica della storia antica dell’Egitto, e lontana da ogni razzismo etnico, nel pieno rispetto per le civiltà africane e per i nostri fratelli nel continente africano che ci riunisce tutti».

In nome della storia

Busto romano di Cleopatra, circa 50-30 a.C. British Museum, London. Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=67111773

Cleopatra VII Philopathor, ultima sovrana d’Egitto prima del dominio romano, era una discendente di Tolomeo I Soter, generale greco macedone che regnò sull’Egitto quando faceva parte dell’impero di Alessandro Magno. Non ci sono prove che Cleopatra fosse di origine africana.

Sulla questione si è espresso anche il Supremo Consiglio per le Antichità (SCA), un’organizzazione che esiste da 160 anni  come responsabile del patrimonio culturale dell’Egitto e di tutti i suoi siti archeologici. In una nota, esprime la sua contrarietà alla rappresentazione di Cleopatra con «lineamenti africani e pelle scura»:

«Il Segretario Generale del Supremo Consiglio per le Antichità conferma che la regina Cleopatra aveva la pelle chiara e lineamenti ellenici». 

Ugual disappunto era stato espresso dagli egiziani quando si era parlato di un film in cui per la protagonista si era menzionata l’israeliana Gal Gadot. In questo caso, le proteste erano causate dalla chiara ostilità dei Paesi mediorientali mussulmani nei confronti dello Stato di Israele. Adesso, invece, i motivi accampati sono quelli dovuti alla mancanza di aderenza ai fatti storici.

Ma Cleopatra poteva essere nera?

Non esiste la benché minima possibilità che Cleopatra fosse nera. Figlia di Tolomeo XII Aulete, macedone, poteva tutt’al più avere qualche commistione nordafricana se tale fosse stata l’origine della madre e della nonna paterna, rimaste sconosciute; ma affermare che fossero nere è privo di qualsiasi fondamento. Cleopatra poteva avere avuto una sfumatura olivastra, non di più.
La cultura egiziana, sviluppatasi nella parte nord-orientale del Continente africano, non ha infatti nulla a che vedere con le popolazioni subsahariane. Ritenerla come il punto di partenza della diaspora afroamericana costituisce una lettura della storia forzata ed erronea.
Se Cleopatra è diventata nera, la ragione è di carattere ideologico: non serve a riscoprire presunte origini africane, ma solo a rifiutare quelle reali attraverso una falsificazione che, in fin dei conti, va a scapito del patrimonio culturale delle popolazioni dell’Africa occidentale. Questo atteggiamento è ben riassunto dall’affermazione di un’anziana signora: «Mi ricordo quello che mi diceva mia nonna: Non mi importa quello che ti dicono a scuola. Cleopatra era nera!». Ipsa dixit.

La risposta della produzione

La risposta della produzione è stata immediata. L’attrice Adele James ha scritto su Twitter: «Se non vi piace il casting, non guardate lo show… Io sono gasata e continuerò a esserlo!». La Pinkett Smith ha affermato: «Cleopatra è una regina che molti conoscono ma non nella sua verità. L’eredità di Cleopatra è molto dibattuta… Non vediamo o ascoltiamo spesso storie sulle regine nere e questo è stato davvero importante per me».

La regista Tina Gharavi ha spiegato invece che il team si è sforzato di compensare le imprecisioni dei film precedenti che raffiguravano la regina egiziana come una donna bianca. «Dopo molte discussioni e innumerevoli audizioni, abbiamo trovato Adele James, un’attrice che poteva trasmettere non solo la bellezza di Cleopatra, ma anche la sua forza. Ciò che gli storici possono confermare è che è più probabile che Cleopatra assomigliasse ad Adele di quanto non lo fosse Elizabeth Taylor», protagonista del film del 1963 Cleopatra.

Il 10 maggio, Regina Cleopatra ha debuttato su Netflix, accompagnata da nuove dichiarazioni della Root:

«Netflix ci ha chiesto di promuovere il dialogo ed è proprio quello che è successo. [Gli accademici] hanno dibattuto a lungo sull’esatta discendenza di Cleopatra. [Secondo uno di essi], esiste una possibilità che Cleopatra fosse in parte egiziana. Abbiamo deciso di raffigurare una Cleopatra di retaggio misto per riflettere queste teorie e la natura multiculturale dell’Antico Egitto. La razza ai suoi tempi era molto lontana da quello che è oggi».

Il risultato

Più soap opera che documentario, le recensioni criticano La regina Cleopatra come superficiale e tecnicamente maldestra. L’unico motivo per cui è salita alla ribalta, pare, è lo scalpore suscitato dalla scelta dell’attrice per la parte della protagonista.

Qualche recensione: Movieplayer

Il sito Movieplayer.it scrive, per mano di Elisa Torsiello (https://movieplayer.it/articoli/regina-cleopatra-recensione-docuserie-netflix_29555/):

«La sola presenza di studiosi e ricercatori non basta a infondere nell’opera una parvenza di storicità, soprattutto se a farsi da contraltare è una ricreazione drammatica e attoriale che rende tutto fittizio, romanzato, fantasioso.
Quello che viene proclamato come risultato ultimo di una volontà celebrativa della forza delle donne attraverso la storia ancora inedita di un personaggio come Cleopatra, pare svilirsi dietro a quella che sembra essere l’intenzione primaria: la promozione del black power per mezzo di un’appropriazione culturale interessante e giustificabile negli intenti, ma errata e auto-sabotatrice nei fatti.

La presenza degli studiosi si sveste della propria autorevolezza, riducendo ognuno di loro a mero narratore di un racconto che dal campo del documentario storico scade sempre più nell’ambito prettamente cinematografico, risultando irreale, fittizia, artificiosa, fiabesca. È il paradosso che si muove silente tra i raccordi di un montaggio dove lo scarto tra commenti storici e ricostruzioni in studio, si riduce a zero, lasciando che la forza del set si aggrappi, fino a divorarla, quella documentaristica. E così un’opera nata nelle sembianze di una docu-serie, finisce per tramutarsi nella più canonica e tradizionali delle serie televisive (scene di passione comprese)».

Cinematographe: meglio giacobbo o Angela

E Francesco Del Grosso su https://www.cinematographe.it/recensioni-serie/regina-cleopatra-recensione-serie-netflix/:

«La performance della James e dell’intero casting non funziona in generale e nulla ha a che fare con il colore della pelle. Le performance attoriali di quello che è a tutti gli effetti un docu-drama costruito a tavolino attraverso ricostruzioni di fiction innestate in brani di interviste a studiosi ed esperti, ha nella componente recitativa il tallone d’Achille. La qualità piuttosto bassa rispetto alle reali esigenze e agli standard richiesti in termini di performance dei singoli, tanto da arrivare a preferire quelle che si vedono nelle scene dei programmi diretti da Roberto Giacobbo o Alberto Angela, è un ostacolo insormontabile per lo show.

C’è poi da fare i conti con una scrittura farraginosa e incerta, nonostante sia guidata da buoni propositi, ossia quelli di approfondire aspetti che molti ignorano della figura di Cleopatra, al di là delle gesta, delle dinamiche di potere, degli intrighi, delle alleanze e delle cospirazione…

Limiti, questi, che si riversano anche nella messinscena e nella messa in quadro di un prodotto audiovisivo che ha richiesto ingenti capitali per dare forma a un period-drama, con tutto ciò che ne consegue dal punto di vista della confezione e della rievocazione dell’epoca in cui i fatti si sono svolti. Anche qui la resa è barcollante, discontinua e non sempre curata a dovere. Tutto ciò per sottolineare nuovamente che la polemica sterile nata sul colore della pelle della protagonista è l’ultimo dei problemi».    

D’accordo, la Cleopatra del 1963 (con Elizabeth Taylor e Richard Burton) non era un gran che: super colossal, si salvò per la scenografia monumentale, ma mandò la Fox in rovina e segnò la fine del genere peplum. Questo non basta a giustificare il nuovo prodotto. Nuovo, ma non ultimo…

L’anti-Cleopatra nera

Poco dopo le dichiarazioni della produttrice Jane Root, secondo la quale la scelta della James rispecchia «la natura multiculturale dell’Antico Egitto», Al Wathaeqya, un’emittente egiziana di proprietà del governo, ha annunciato la produzione di un proprio docu-drama ad alto budget in cui Cleopatra avrà la pelle chiara, contrastando così quella che è stata definita una «falsificazione della storia» e un tentativo di promuovere l’afrocentrismo. Stando alle dichiarazioni di Al Wathaeqya, ci si avvarrà dei più alti livelli di ricerca e accuratezza storica. Al momento, la produzione non ha rivelato ancora il nome dell’attrice che interpreterà Cleopatra.