Viaggio nella Bibbia. David, una scelta di piccolezza

Samuele unge Saul (Doura Europos, Siria)

Una scelta di piccolezza è quella che Dio mostra di compiere scegliendo come nuovo re David, il piccolo in mezzo ai suoi fratelli grandi e forti.

Dal capitolo 16 del primo libro di Samuele fino al secondo capitolo del primo libro dei Re, il racconto è dominato dalla figura di David. La scienza biblica è solita distinguere in questi capitoli due grandi opere, utilizzate dalla storia deuteronomistica, cioè dalla corrente storiografica che si afferma nel libro del Deuteronomio:

  • la storia dell’ascesa di David al trono (1 Sm 16 – 1 Sm 7)
  • la storia della successione al trono di David (2 Sm 9-20; 1 Re 1-2),

oltre alle diverse tradizioni contenute in 2 Sm 8 (spedizioni militari di Davide) e in 2 Sm 21-24).

Al posto di Saul, infatti, Samuele per ordine di Dio unge segretamente David di Betlemme, ottavo figlio di Jesse (1 Samuele cap. 16), che viene poi accolto da Saul come suo scudiero e citaredo.

La reazione di Samuele

Sembra contraddittoria la reazione di Samuele in seguito al rigetto di Saul da parte di Dio perché il profeta era stato fin dall’inizio un fermo oppositore della monarchia; tuttavia non approfitta del fallimento del re per affermare «Ve l’avevo detto», anzi, non mostra il minimo compiacimento per l’accaduto, perfino piange per Saul. Solleva addirittura una finta obiezione («Come posso andare? Saul lo verrà a sapere e mi ucciderà» – v. 2) basata su una ostentata sfiducia nell’esito della propria missione; sfiducia che è, piuttosto, riluttanza ad eseguire l’ordine. Samuele non vuole eleggere un nuovo re, non accetta il rigetto definitivo di Saul. Anzi, mette nella propria missione un bel po’ di sofferenza personale. E anche quando finalmente si reca a Betlemme come gli è ordinato, di fatto non cerca un nuovo re, ma un nuovo Saul, un giovane alto e possente come lui.

Il Signore vede il cuore

Nel racconto di elezione del cap. 16 del primo libro di Samuele, il profeta si trova davanti i sette fratelli maggiori, grandi e forti, ma il Signore non ha prescelto nessuno di loro. «Il Signore replicò a Samuele: “Non guardare al suo aspetto né alla sua alta statura. Io l’ho scartato, perché non conta quel che vede l’uomo: infatti l’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore”» (1 Sm 16,7). 

Permettetemi un ricordo personale. Quaranta anni fa, nel breve periodo in cui ho fatto catechismo in parrocchia, stavo leggendo proprio questo brano con i bambini quando entra nella stanza un (all’epoca giovane) dis-abile che amava fare da aiutante a qualche catechista. Viene a portare una comunicazione che ci riguardava, non ricordo più che cosa, precisamente mentre leggo questo passo. È l’occasione per dire ai bambini: «Vedete che cosa vuol dire il Signore? Lui non guarda alla qualità umane, ma guarda il cuore delle persone».

E se il cervello di questo giovane non si era sviluppato fino alla misura adulta, il cuore invece era grande. Ricordo anche che alla proiezione di diapositive tratte dal Gesù di Nazaret di Zeffirelli (l’epoca era quella) non faceva che dire ai bambini: «Oh, vedete come è bello Gesù? Oh, sentite come è buono Gesù!». Mi è capitato altre volte di meravigliarmi e di pensare che il suo giudizio fosse maggiore di quello di tanti adulti “sviluppati”… E pensare che se gli chiedete quanti anni ha, non ve lo sa dire.

Secondo il cuore di ognuno

Intendiamoci: con questo non possiamo dire che occorra, o che sia lecito, mantenere la nostra intelligenza della fede e la nostra formazione al livello di quella di un bambino. Il Signore ci chiama nel pieno possesso delle nostre capacità e potenzialità, e ci chiama perché le usiamo. Vedremo che David è scelto perché è il più piccolo dei suoi fratelli, ma è un bel ragazzo (anche questo non guasta), è esperto musicista ed è abile nell’uso delle armi del pastore (quando Saul lo rivestirà della sua armatura ci si perderà dentro e supplicherà di essere liberato).

All’insegna della piccolezza

L’elezione di Davide rispecchia il tema della scelta del fratello minore, che si trova già in Caino ed Abele e raggiunge il suo culmine nelle storie dei patriarchi: Isacco, Giacobbe, Giuseppe; tema collegato con quello della scelta divina del più piccolo e disprezzato, che, anticipato nel cantico di Anna, sfocerà nella vittoria di Davide su Golia (cfr. poi 1 Cor 1,25-29:

«Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti; Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato, e ciò che è nulla, per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio»).

La storia di David – e di Betlemme – inizia così all’insegna della piccolezza, tema favorito da Dio in tutta la storia della salvezza. Culminerà poi, e troverà il suo compimento, nel ritorno del discendente di David, Giuseppe, alla piccola città di origine ed alla nascita del Re dei Re non nella grande Gerusalemme, e neppure in una abitazione degli uomini, ma in un ricovero per animali (cfr. i Vangeli dell’infanzia di Matteo e di Luca, capp. 1 e 2 di entrambi i testi).

David e Saul

C’è un altro elemento che caratterizza la storia dell’elezione di David.

«E lo spirito del Signore irruppe su David da quel giorno in poi. Samuele si alzò e tornò a Ramah. E lo spirito del Signore si era ritirato da Saul, e lo atterrì uno spirito cattivo da parte del Signore» (1 Sm 16,13-14).

Fino a questo punto della storia della salvezza, ed anche in seguito, lo spirito di Dio afferra i carismatici come un possesso temporaneo che consente loro si svolgere la loro missione e poi si ritira. David è il primo e l’ultimo personaggio dell’Antico Testamento di cui il testo dice che lo spirito di Dio irrompe su di lui da quel giorno in poi, quindi come dono stabile. Sarà poi il futuro Unto del Signore, il Messia, a ricevere il possesso stabile dello Spirito per l’adempimento della sua missione salvifica, compimento che sarà rappresentato nel contesto dei Battesimo di Gesù.

Quello stesso dono, pur temporaneo, viene invece ritirato da Saul, che cade invece in preda, alternativamente, di una ruach ra‘ah (“spirito cattivo”, ma la parola ruach, spirito, in ebraico è femminile) che lo turba e lo fa agire in modo sempre più violento e irragionevole. Anche questo viene da Dio: non si tratta di un’appropriazione indebita da parte di una divinità infernale in contrasto con il Signore, ma di una volontà divina di permissione che consente che questo accada a Saul.

La sofferenza psichica

Qui ci troviamo di fronte ad una malattia morale e psichica che tormenta la persona con tanta sofferenza – in questo caso una sofferenza meritata, sembra dire il narratore. Saul infatti si è allontanato, nel cuore, da Dio, e non può che pagarne le conseguenze. Oggi si direbbe che inizia a soffrire di bipolarismo, perché passa da momenti di umor nero a momenti di esaltazione.

Comunque sia, il testo ci presenta una ulteriore possibilità di sofferenza, quella causata esclusivamente da fattori interni; perché Saul fino a questo momento non ha subito sconfitte né è stato afflitto da sofferenze familiari. Tutto si gioca nella sua interiorità, ma in uno modo che lo rende inabile a governare.

Mania di persecuzione

Sarà la sua stessa mania di persecuzione a fare di David un fuggitivo e quindi a presentarlo come un’alternativa appetibile da gran parte del popolo. Se Saul avesse tranquillamente accettato la presenza del giovane, non ne avrebbe fatto un martire e non lo avrebbe posto al centro dell’attenzione. La cattiva coscienza, evidentemente, causa alle persone più danni di quanti non ne causino i pericoli esterni. Combattere contro i fantasmi che uno si è creato comporta un incredibile quanto inutile spreco di risorse e un inevitabile fallimento.

La Provvidenza divina scrive comunque diritto sulle righe storte degli uomini e fa sì che, proprio per placare la depressione di Saul, David, un semplice pastore dimenticato in campagna persino dai suoi, venga introdotto a corte come musicista (16,18).