Viaggio nella Bibbia. Saul re (1 Samuele 11-15)

Samuele ammonisce Saul. Hans Holbein il Giovane – Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=5977657

Al capitolo 10 del primo libro di Samuele, Saul viene sorteggiato come re e acclamato, ma nel capitolo successivo lo ritroviamo a condurre una vita da semplice pastore finché, quasi per caso, viene a sapere che gli Ammoniti minacciano Israele (11,4-6). Solo allora si mette a capo dell’esercito. Nella storia di Saul e di Samuele si intrecciano più tradizioni che presentano in modo diverso sia l’istituzione monarchica sia le motivazioni per cui si è affermata (per illegittime rivendicazioni del popolo, tollerate da Dio, nei Capitoli 7, 8 e 10,17-27; per decisione divina per liberare Israele dai filistei nei Capitoli 9; 10,1-16 e 11).

Come accade in altre parti della Bibbia, ad esempio nel racconto del diluvio o del passaggio del Mar Rosso, ogni versione risulta logica e lineare se si esamina in sé, mentre perde coerenza si legge insieme all’altra come un’unica storia. I n questi capitoli troviamo cioè un’alternanza tra due voci che si avvicendano nel comporre un racconto complesso. Tale racconto non è puramente storico, non mira a ricostruire un quadro accuratamente realistico di vicende accadute, e proprio per questo può talvolta sacrificare la coerenza della trama a favore della ricchezza del messaggio.

Il riscatto di Israele

I nomi dei villaggi di Yabes di Galaad e Gabaa, dove si svolge la vicenda, ci riportano al Libro dei Giudici, in particolare alla storia più agghiacciante, quella della concubina del Levita, fino al massacro della tribù di Beniamino (Giudici 19-21). La grave ferita aperta in Israele da questa storia raccapricciante sta per essere finalmente rimarginata grazie all’intervento provvidenziale di Saul. Vi troviamo una sorta di parallelismo antitetico che ristabilisce l’umanità in Israele:

  1. Dopo che la concubina è stata uccisa, il Levita ne taglia il corpo in 12 pezzi che manda alle 12 tribù di Israele come appello all’azione contro la tribù di Beniamino (Giudici 19,29). Saul fa lo stesso, però con due buoi, allo scopo di spingere gli Israeliti a entrare in guerra contro Nachash: «Ed egli prese un paio di buoi, li tagliò a pezzi e li mandò in tutto il territorio d’Israele per mezzo di messaggeri, dicendo: “Così saranno trattati i buoi di chi non seguirà Saul e Samuele”» (1 Sm 11,7).
  2. Nel libro dei Giudici, le tribù si combattono fra loro, e quella di Beniamino viene quasi estinta. Nel caso di Saul, lo scopo è proprio quello di evitare spargimenti di sangue israelita. L’intervento invocato è rivolto contro l’invasore straniero, non contro i fratelli, preservando l’armonia nella nazione dopo la grande vittoria: “Nessuno sarà messo a morte in questo giorno, perché oggi il Signore ha operato una grande liberazione in Israele” (11,13).

Saul riporta l’armonia

Mentre in passato la città di Gabaa e l’intera tribù di Beniamino avevano commesso una grande infamia, facendo anche sprofondare Israele in un abisso di distruzione, ora il riscatto giunge proprio da Beniamino e da Ghivah, tramite Saul. Guidato dalla volontà divina, egli riesce a placare le vecchie animosità e a riunire tutto il popolo contro un nemico esterno. “In quel tempo non c’era alcun re in Israele: ognuno faceva ciò che era bene ai propri occhi”, è un ritornello del libro dei Giudici (17,6; 18,1; 19,1; 21,25). Il Libro di Samuele fornisce la risposta divina a questo bisogno: ora Israele ha un re scelto da Dio per guidare il popolo verso la giustizia.

Discorso di commiato di Samuele

Ritirandosi da giudice di Israele, Samuele pronuncia un discorso aspro in cui difende il proprio operato e la propria onestà, ma in contrapposizione all’autorità del re. Inizia dichiarando: “Io ho proceduto davanti a voi” (12,2), ma ora “il re procede davanti a voi” (12,1).

Poi protesta la sua probità: “A chi ho preso il bue? A chi ho preso l’asino? Chi ho trattato con prepotenza?” (12:3). Nel suo precedente discorso aveva detto, a proposito del re: “Egli prenderà i vostri servi, le vostre serve, i vostri giovani migliori e i vostri asini per usarli nei suoi lavori” (8,16). Il rigetto della sua autorità equivale, da parte del popolo, al rigetto di Dio (12,7-17).

Nel brano ricorrono ripetutamente le parole “re” e “regnare”: la radice ebraica malakh (מלך) vi compare ben quindici volte, mentre proprio a metà del testo (v. 12), è collocata incisivamente la frase “Il Signore, vostro Dio, è il vostro re”.

La devianza di Saul

A dispetto degli avvertimenti di Samuele, le premesse della storia di Saul erano buone: un uomo che resta umile non ostante la predilezione divina, un uomo coraggioso. Malgrado la sua prodezza, Saul disubbidisce al Signore confidando nelle proprie forze: secondo due diverse tradizioni, offre un olocausto di sua propria mano senza attendere l’arrivo di Samuele (1 Sm 13,14-18), e trasgredisce la legge dell’interdetto a proprio vantaggio (1 Sm 15,9), perciò viene riprovato da Dio.

Viene in luce, qui, la tentazione dell’uomo di cercare una sua strada per soddisfare Dio, e al tempo stesso la risposta che il culto non rappresenta un valore assoluto:

«Il Signore forse gradisce gli olocausti e i sacrifici

come obbedire alla voce del Signore?

Ecco, l’obbedire è meglio del sacrificio,

l’essere docile è più del grasso degli arieti» (1 Sm 15,22).

Nel caso di Saul, ciò che è grave  non è solo che ha disobbedito, ma anche il motivo per cui ha disobbedito: si è fatta un’idea tutta sua di ciò che piace a Dio. Non può venirne che del male.