
Santi e draghi. Abbiamo parlato proprio ieri, 29 luglio, dei tre santi fratelli di Betania, Maria, Lazzaro e Marta. Secondo una leggenda (tardiva, però), Marta sarebbe stata il primo santo ad ammansire un drago.
Santa Marta e la Tarasca
Infatti, secondo un racconto leggendario che non ha alcuna probabilità di avere una base storica, i tre santi fratelli – insieme, per buona misura, alle Tre Marie evangeliche e ad alcune serve –, approdarono verso l’anno 48 a Saintes-Maries-de-la-Mer in Provenza, che evangelizzarono. La leggenda narra che le paludi della Camargue erano abitate da un terribile mostro, la Tarasca. Santa Marta ammansì il mostro grazie alla preghiera: ad ogni Ave Maria recitata la Tarasca si rimpiccioliva.
Resala completamente innocua, Marta la condusse nella città di Nerluc, che poi in onore della Tarasca prese il nome di Tarascona.
San Pietro e lo Scultone
In ordine cronologico segue, probabilmente, la leggenda di San Pietro che, facendo tappa in Sardegna nel suo viaggio verso Roma, la trovò infestata, presso Baunei (Nuoro), da un drago chiamato Scultone. Per evitare che divorasse tutti, ogni anno gli venivano offerte in sacrificio sette fanciulle, più o meno come al Minotauro. San Pietro gli si avvicinò camminando a ritroso e guardandolo nel riflesso di uno specchio, per non essere ucciso dal suo sguardo letale, come Perseo nei confronti di Medusa. Rimandando al drago, mediante lo specchio, il suo stesso sguardo pietrificante, il santo lo stordì. Afferratolo per la coda lo scagliò al suolo, che si aprì in un’enorme voragine dentro la quale questo precipitò, inghiottito dalle viscere della terra: è la voragine del Golgo.
Tutt’oggi sta lì la voragine, detta di su Sterru (discesa o scavo), la più profonda d’Europa fra quelle a campata unica con i suoi 280 metri. Secondo una leggenda, nel cuore della notte vi si potrebbero sentire i lamenti di anime infernali. Nella realtà la voragine è frutto di fenomeni erosivi ed è abitata dal mite anfibio sardo detto geotritone, il ragno porrohomma e alcuni crostacei terrestri. Lo sprofondo si apre con un diametro di 25 metri che diventano 40 se si scende.
Ammansitori di draghi e sauroctoni

La lista dei santi sauroctoni – cioè uccisori di rettili – è molto lunga, ma all’inizio, piuttosto, essi li ammansivano: perché in fondo, come disse un frate del convento della Selva presso Santa Fiora, «se il drago è un essere vivente è anche lui nostro fratello».
Sant’Antonio abate aveva convinto un serpente-drago a ritirarsi dalla fonte che aveva occupato; Marcello vescovo di Parigi aveva ammansito un drago che dalle paludi col suo fiato mefitico ammorbava la città.
Da San Teodoro a San Giorgio
Il prototipo dei santi sauroctoni è San Teodoro di Amasea, martire del IV secolo, l’unico al quale nelle rappresentazioni altomedievali era associata la figura del drago; nel secolo XI anche san Giorgio venne rappresentato col drago, fino a che non assorbì del tutto tale tema figurativo.
Nell’Apocalisse, una delle visioni (cap. 12) riguarda un drago rosso con sette teste e dieci corna, simboleggiante il diavolo che insidia la Donna vestita di sole, combatte contro Dio e gli angeli e sarà sconfitto da San Michele. Quindi, se nei racconti mitologici l’eroe è uccisore di draghi, con l’avvento del cristianesimo questo ruolo è assunto dai santi.
Santi italiani ed europei

San Siro di Genova rende obbediente il basilisco che col suo respiro, stando in fondo ad un pozzo, avvelenava la città.
Si ricorda poi San Leucio che riduce in catene il drago di Atessa (Chieti) che dormiva in un fosso paludoso e causava gravi morbi al paese.
San Silvestro, come già aveva fatto a Poggio Catino, ammansisce il drago che terrorizzava Roma dal Palatino, presso un lago stagnante. Gli chiude le fauci, e questo è uno dei miracoli che sono per Costantino dimostrazione della santità del vescovo, il quale gli impartisce il battesimo che lo salva dalla lebbra.
San Cristoforo o San Colombano sottomettono il drago Tarantasio del lago Gerundo; San Colombano uccide il drago che vessava la campagna dalle rive del torrente Leno.
San Columba e Nessie
In Scozia, San Columba (da non confondere con Colombano) scaccia un mostro dal fiume Ness… sì, proprio l’emissario del famoso Loch Ness dove molti nostri contemporanei credono che viva Nessie, il fantomatico mostro lacustre.
Giulio, Donato, Crescenziano
San Giulio scacciò dall’isola d’Orta il drago e gli altri terribili rettili che la infestavano.
Un San Donato vescovo, vicino ad Arezzo, libera una fonte dal veleno di un drago; un altro santo di questo nome, ma nel Veneto, ucciderà con un segno di croce un drago di cui si conservano le costole e un dente in una chiesa di Murano.
Da parte sua, San Crescenziano sconfigge un drago che ammorbava l’aria della campagna di Tiferno, odierna Città di Castello.
Verano e Mercuriale
Il francese San Verano libera il fiume Sorgue da un drago, cacciandolo sulle Alpi; poi, seguendo la via Francigena, passerà da Peccioli, sanandola dalla peste. San Mercuriale doma il suo drago a Forlì, e via di seguito, per decine di leggende di santi.
Costole di draghi sono disseminate in molte chiese, e ad un’analisi scientifica risultano essere ossa di mammut o di balene.
Santi e draghi di casa nostra

Quando si pensa al racconto agiografico di san Giorgio e il drago la mente vaga per terre più o meno leggendarie come la Libia imperiale o la Britannia cavalleresca, ma i dati storici sono molto scarni.
Le fonti più antiche lo dicono martire, anzi «Megalomartire» lo chiama la Chiesa orientale: fu verosimilmente ucciso insieme ai compagni nella persecuzione di Diocleziano del 303 e sepolto a Lydda, oggi Lod presso Tel Aviv, in Palestina. Era forse nato in Cappadocia da genitori cristiani e soldato dell’imperatore, ma per il resto la fantasia degli agiografi si sbizzarrisce nel descriverne il martirio: tre volte e in tre modi diversi ucciso e tre volte risuscitato, alla fine si lascia decapitare e muore.
La leggenda del drago, invece, è medievale, risalendo al tempo delle Crociate (XII-XIII secolo; ma anche i mussulmani lo onorano chiamandolo profeta), quando l’iconografia che lo mostra trafiggere il mostro si diffuse rapidamente. E qui… la sorpresa: anche la Toscana, ha i suoi draghi e i suoi santi draghicidi.
Non solo il convento della Selva presso Santa Fiora (1488-89) sorse quando il conte Guido Sforza si imbatté in un gigantesco serpente e lo abbatté donandone la testa, lunga oltre mezzo cubito, alla chiesa, ma a Montorgiali (Scansano) passò san Giorgio in persona sconfiggendo un drago che opprimeva il paese e che dimorava presso il corso di un fosso; una variante del racconto fa iniziare la vicenda a Montemerano dove presso una fonte sarebbe incominciata la lotta che si sarebbe conclusa con la vittoria del santo a Montorgiali.
San Giorgio a Montemerano

Nella chiesa di San Giorgio a Montemerano (secolo XIV) gli affreschi che decorano pareti e soffitto (fine del XV secolo) sono attribuibili al pittore senese Andrea di Niccolò. Sul lato destro sono raffigurate le Storie di San Giorgio e il drago.
Una curiosità caratterizza inoltre la chiesa di San Giorgio, la celebre Madonna della Gattaiola. È questo un dipinto realizzato da un anonimo Maestro di Montemerano attorno alla metà del XV secolo. Non si sa se il dipinto, che rappresenta l’Annunziata, sia stato realizzato direttamente su una porta adibita al passaggio dei gatti, o su una tavola successivamente utilizzata a tale uso tramite l’aggiunta del foro circolare in basso a destra. Una leggenda narra che un parroco avrebbe trasformato la tavola in porta e vi avrebbe praticato il foro per permettere il passaggio dei gatti, unico rimedio contro i topi che stavano infestando gli ambienti sacri.
Draghi locali
Il Santo maremmano per eccellenza, san Guglielmo di Malavalle, nei pressi di Castiglione uccise un drago che stava a guardia di una fonte; di più ancora: un terrificante rettile si celerebbe nelle profondità del lago dell’Accesa; infine: anche san Mamiliano (+ 460), nell’isola da lui battezzata Montecristo, affrontò il suo drago e lo ammansì; alla morte del Santo eremita, il drago, accanto al suo corpo, si tramutò in pietra (e se non ci credete… andate a vedere!).
Ma la leggenda di san Giorgio, o della presenza di draghi nelle nostre terre, non è l’unica attinenza con i cicli di storie cavalleresche. Anzi, c’è chi pensa alla possibilità che la leggenda della «spada nella roccia», legata alla saga bretone di re Artù, sia nata in realtà proprio in Toscana, da qui esportata in Francia e poi innestata nel ciclo arturiano. Nel luogo della morte di san Galgano fu edificata nel 1185 una cappella e successivamente un monastero cistercense. Proprio i cistercensi, che furono i propagatori più assidui della leggenda arturiana, potrebbero aver fatto conoscere in Toscana le mitiche azioni di Artù, ma anche, al contrario, potrebbero aver trasferito in Bretagna una vicenda accaduta sulle sponde del Tirreno. Il nome stesso di san Galgano ricorda molto quello di uno dei cavalieri della tavola rotonda, sir Gawain detto Galvano.
Letteratura e cinema

Grazie al genere fantasy l’immagine del drago è tornata di gran moda: ricordiamo solo, fra gli autori, J.R.R. Tolkien (Lo Hobbit e il Silmarillion), C.S. Lewis (Il Viaggio del Veliero), Margaret Weis e Tracy Hickman (Le Cronache di Dragonlance), Licia Troisi (Il mondo emerso e La ragazza drago). Una serie in cui un drago è protagonista è il Ciclo dell’eredità di Christopher Paolini. Ruoli importanti hanno i draghi nelle Cronache del ghiaccio e del fuoco di George R.R. Martin.

Il cinema poi ha fatto poi, dei draghi, protagonisti o coprotagonisti d’eccezione: si pensi anche solo a Elliott il drago invisibile di Don Chaffey (1977), Il drago del lago di fuoco di Matthew Robbins (1981), La storia infinita di Wolfgang Petersen (1981), Dragonheart di Rob Cohen (1996), Il regno del fuoco di Rob Bowman (2002), Eragon di Stefen Fangmeier (2006), Dragon Trainer di Chris Sanders e Dean DeBlois (2010) – film d’animazione, con i sequels, la serie televisiva inglese Merlin (2008 – 2012). E non dimentichiamo il draghetto italiano Grisù (1975), discendente degenere di una fiera stirpe di draghi avvampatori che aspira invece a diventare pompiere…