Festa dei Santi Arcangeli (29 settembre)

Santi arcangeli; Gabriele
L’Annunciazione. Di Federico Barocci (1592-1596) – Pubblico dominio,  https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=365951. In questo dipinto troviamo riassunto il creato: l’umanità (Maria), l’angelo (Gabriele), l’animale (la gatta)

Festa dei santi arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele. Non immaginatevi gli angeli con le ali, però. Quel tipo di rappresentazione è solo simbolica, per raffigurarsi in qualche modo una creatura spirituale pronta ad eseguire la volontà di Dio.

Inizialmente la parola ebraica  mal’ak (anghelos in greco) vuol dire solo messaggero, è un nome di funzione e non di natura (può essere messaggero anche un uomo mandato dal Signore). Solo progressivamente viene a designare una creatura puramente spirituale.

I progressi della Rivelazione

San Michele arcangelo. Icona di Giancarlo Guasconi

La rivelazione biblica infatti non è un atto repentino di illuminazione della mente, ma una progressiva incarnazione della Parola di Dio nel linguaggio dell’uomo e nella sua storia. È, dunque, cresciuta con il crescere delle sensibilità e delle capacità di recezione del popolo di Dio, con quella lunga attesa della infinita pazienza divina fino alla pienezza dei tempi: solo in Cristo la rivelazione è totale e definitiva.

La rivelazione è un atto di pedagogia divina commisurata alle possibilità di comprensione e di attuazione dell’uomo. Nei tempi più antichi, la necessità più stringente era che Israele riuscisse a credere in un unico Dio, immerso com’era in un oceano di popoli politeisti. Mettere in evidenza l’esistenza di angeli e diavoli avrebbe potuto confonderlo, inducendolo a credere che fossero altri dèi, anche se di minore importanza.

L’angelologia

Nei tempi più arcaici, l’angelo è dunque solo un messaggero (tanto significa la parola mal’ak, come pure il greco  anghelos), e il termine è un nome di funzione e non di natura di cui niente rivela.

Col tempo poi si sviluppa nella Bibbia un’angelologia (e di conseguenza una demonologia) in cui gli angeli sono compresi come esseri puramente spirituali a servizio di Dio. È in scritti più tardivi, post-esilici, a partire dal libro di Zaccaria (515 a.C.), che si esprime la fede nell’esistenza di un mondo angelico: il monoteismo o fede in un unico Dio è ormai così saldo in Israele che non si deve più temere la concorrenza, nel culto, di altre divinità. Non vi è più la probabilità di fraintendimenti: solo Dio è Dio, tutto il resto è creatura. Si sta, così, sviluppando un’angelologia, e di conseguenza anche una demonologia (v. ad esempio il libro di Tobia, in cui i protagonisti umani sono affiancati da un protagonista angelico, Raffaele, e da un protagonista demoniaco, il demonio Asmodeo.

I santi arcangeli

Santi arcangeli: Raffaele
Tiziano, Tobia accompagnato dall’arcangelo Raffaele e dal cane. Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=57580953. Anche qui troviamo riassunto il creato: l’uomo (Tobia), l’angelo (Raffaele), l’animale (il cane)

A proposito degli angeli ci viene detto molto poco, perché alla rivelazione biblica interessa il rapporto fra Dio e l’uomo, e la presenza angelica è solo incidentale. Comunque, nella tradizione ebraica si mettono in luce sette figure angeliche (che noi chiamiamo arcangeli) di particolare importanza e con particolari funzioni. Così abbiamo:

  • L’angelo del messaggio, Gabriele (Dio è il mio Forte)
  • L’angelo della potenza, Michele (Chi è come Dio?)
  • L’angelo della guarigione, Raffaele (Dio ha guarito).

Seguono, non menzionati nella Bibbia, altri quattro arcangeli, con una certa variabilità secondo le diverse tradizioni. Riportiamo questi nomi: Uriele (Dio è la mia luce), Sariele (Dio è il mio principe), Zadkiele (Dio è la mia giustizia). Jophiele (Dio è la mia bellezza). Riguardo agli arcangeli biblici vi propongo un brano abbastanza chiarificatore di San Gregorio Magno.

Dalle «Omelie sui vangeli» di san Gregorio Magno: I santi arcangeli

(Om. 34, 8-9)

I tre arcangeli (1471 circa), di Francesco Botticini – Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=16507891. Da sinistra a destra: San Michele, San Raffaele con Tobia e il cane, San Gabriele

È da sapere che il termine «angelo» denota l’ufficio, non la natura. Infatti quei santi spiriti della patria celeste sono sempre spiriti, ma non si possono chiamare sempre angeli, poiché solo allora sono angeli, quando per mezzo loro viene dato un annunzio. Quelli che recano annunzi ordinari sono detti angeli, quelli invece che annunziano i più grandi eventi son chiamati arcangeli.
    Per questo alla Vergine Maria non viene inviato un angelo qualsiasi, ma l’arcangelo Gabriele. Era ben giusto, infatti, che per questa missione fosse inviato un angelo tra i maggiori, per recare il più grande degli annunzi.
    A essi vengono attribuiti nomi particolari, perché anche dal modo di chiamarli appaia quale tipo di ministero è loro affidato. Nella santa città del cielo, resa perfetta dalla piena conoscenza che scaturisce dalla visione di Dio onnipotente, gli angeli non hanno nomi particolari, che contraddistinguano le loro persone. Ma quando vengono a noi per qualche missione, prendono anche il nome dall’ufficio che esercitano.
    Così Michele significa: Chi è come Dio?, Gabriele: Fortezza di Dio, e Raffaele: Medicina di Dio.
    Quando deve compiersi qualcosa che richiede grande coraggio e forza, si dice che è mandato Michele, perché si possa comprendere, dall’azione e dal nome, che nessuno può agire come Dio. L’antico avversario che bramò, nella sua superbia, di essere simile a Dio, dicendo: Salirò in cielo (cfr. Is 14, 13-14), sulle stelle di Dio innalzerò il trono, mi farò uguale all’Altissimo, alla fine del mondo sarà abbandonato a se stesso e condannato all’estremo supplizio. Orbene egli viene presentato in atto di combattere con l’arcangelo Michele, come è detto da Giovanni: «Scoppiò una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago» (Ap 12, 7).
    A Maria è mandato Gabriele, che è chiamato Fortezza di Dio; egli veniva ad annunziare colui che si degnò di apparire nell’umiltà per debellare le potenze maligne dell’aria. Doveva dunque essere annunziato da «Fortezza di Dio» colui che veniva quale Signore degli eserciti e forte guerriero.
    Raffaele, come abbiamo detto, significa Medicina di Dio. Egli infatti toccò gli occhi di Tobia, quasi in atto di medicarli, e dissipò le tenebre della sua cecità. Fu giusto dunque che venisse chiamato «Medicina di Dio» colui che venne inviato a operare guarigioni.