
San Francesco d’Assisi predicava agli uccelli, Sant’Antonio da Padova predicava ai pesci, e Sant’Angelo d’Acri predicava… ai gatti; o almeno è quel che si dice, dato che, quando parlava lui, «nelle case non ci restavanu mancu li gatti». Ma andiamo per ordine.
Sant’Angelo d’Acri (al secolo Lucantonio Falcone, 1669-1739) è stato un frate cappuccino. Fu beatificato nel 1825 da Leone XII e canonizzato da papa Francesco il 15 ottobre 2017.
Nacque ad Acri (Cosenza) nel 1669. I suoi genitori erano poveri, ma profondamente cristiani. La sua vocazione fu tormentata. A venti anni ottenne di farsi cappuccino, ma oppresso da dubbi per due volte lasciò il noviziato e tornò a casa. Il suo cuore tuttavia restava inquieto, ed egli rientrò in convento per la terza volta, questa volta per rimanervi, e percorrere finalmente con decisione tutte le tappe di vita religiosa che lo portarono al sacerdozio il 10 aprile del 1700.
Fu un profondo conoscitore delle Sacre Scritture e delle opere dei Padri, ebbe anche una buona cultura umanistica e filosofica, ma la sua predicazione fu semplice, comprensibile a tutti. Recitava a memoria la S. Scrittura e ne parlava continuamente nella sua evangelizzazione al popolo. Si schierò sempre dalla parte dei deboli contro gli abusi e le prepotenze, denunciando con zelo le ingiustizie sociali.
Predicatore ascoltato non solo dagli uomini…

Fu padre provinciale e per il suo modo di governare venne chiamato “Angelo della pace”. Ma fu sopratutto famoso predicatore per 40 anni, il più ricercato e ascoltato dell’Italia meridionale, tanto che si diceva che, quando predicava, «nelle case non ci restavanu mancu li gatti». È un modo di dire; ma la tradizione afferma che alle prediche di questo vero figlio di S. Francesco d’Assisi assistevano tra la moltitudine dei fedeli anche parecchi animali, tra cui i gatti, ed anche gli uccelli.