Nell’Ufficio delle Letture di stamani si può leggere un passo di Sant’Ambrogio particolarmente incisivo sulla preghiera. Ufficio delle Letture… dove si trova?
La Liturgia delle Ore
La Chiesa, oltre che alla preghiera personale e ai sacramenti, invita ad un’altra grande forma di culto, la Liturgia delle ore (quella contenuta nel libro popolarmente detto Breviario), tra cui l’Ufficio delle Letture.
Questa pratica deriva dalla preghiera liturgica ebraica celebrata non solo nel tempio con sacrifici, ma anche nelle sinagoghe, a ore fisse della giornata. Gli apostoli, finché rimasero a Gerusalemme, salivano al tempio a pregare (At 3,1-8).
La pratica è attestata nel primo cristianesimo e si è sviluppata nel monachesimo. Nel IV secolo aveva già raggiunto l’attuale forma di base. Quando presero impulso le parrocchie, rispetto alle cattedrali ed ai monasteri, si affermò l’esigenza di rendere il rito più conciso: nacquero così i breviari, da portare anche in viaggio. Furono i francescani a diffondere in tutta Europa il breviario romano. I religiosi avevano l’obbligo di recitare coralmente le Ore, insieme ai canonici delle cattedrali; i sacerdoti recitavano individualmente il breviario. I gesuiti furono il primo ordine a non avere l’obbligo della recita corale.
La Liturgia delle Ore è praticata dalle Chiese ortodosse ed anche dalla Chiesa anglicana.
Preghiera per i laici
Con la riforma liturgica dovuta al Vaticano II, si volle rendere la recita delle Ore più accessibile ai laici. Ricordo quell’impulso di diffusione, quando ero, studente universitaria, nella Fuci, e recitavamo i Vespri insieme, in latino se era presente il nostro sacerdote don Giulio Tavallini, in quanto per il clero vigeva ancora l’obbligo di recitarli nella lingua ufficiale della Chiesa romana. Ricordo un libricino, che aveva anche mia madre come maestra cattolica, che riportava Prima, Lodi, Vespri e Compieta settimanali. Non era il rito completo, ma serviva ad avvicinare i laici a questa forma importantissima di preghiera liturgica.
Con la riforma conciliare si attuarono importanti cambiamenti, che non alteravano la struttura della preghiera ma la riportavano alle origini. Ad esempio, durante i secoli le Lodi, tipica preghiera del mattino, erano andate ad unirsi al Mattutino, che era preghiera della notte, per cui mancava una preghiera dell’alba: fu così introdotta la Prima, da recitarsi verso le sei del mattino. Le lodi furono riportate al mattino, e la Prima fu tolta. E va bene. Ma un’altra riforma ha disteso su quattro settimane i salmi che prima si recitavano in una sola settimana. Inoltre, sono stati censurati i cosiddetti salmi imprecatori, e questa è un’altra storia. Ritorniamo alle nostre Ore.
L’Ufficio delle Letture
Non capisco perché, mentre fra i laici si sono molto diffusi Lodi e Vespri, l’Ufficio delle Letture sia stato lasciato in una sorta di limbo clericale o monastico. Non è affatto una lettura difficile, e inoltre presenta una grande ricchezza perché non ha solo salmi e letture brevi, ma offre ogni giorno un diverso brano biblico in una sorta di lettura continua della Scrittura (non i Vangeli, che appartengono alla Messa quotidiana), corredato dal commento dei Padri della Chiesa o dei documenti magisteriali o da scritti di santi. Anzi, è l’unica Ora canonica che non si ripete mai durante l’anno liturgico: ogni giorno ha proprie letture, a differenza delle altre Ore che si ripetono mensilmente.
Quindi lancio una sorta di appello: chi già dice Lodi e Vespri, perché non comprende nella propria preghiera quotidiana anche l’Ufficio delle Letture?
E adesso il passo di Sant’Ambrogio.
Dal trattato «Caino e Abele» di sant’Ambrogio, vescovo (Lib. 1,34.38-39)
Il Signore Gesù ti ha fatto conoscere in modo divino la bontà del Padre che sa concedere cose buone, perché anche tu chieda a lui, che è buono, ciò che è buono. Ha raccomandato di pregare intensamente e frequentemente, non perché la nostra preghiera si prolunghi fino al tedio, ma piuttosto ritorni a scadenze brevi e regolari. Infatti la preghiera troppo prolissa spesso diventa meccanica e d’altra parte l’eccessivo distanziamento porta alla negligenza.
Quando domandi perdono per te, allora è proprio quello il momento di ricordarti che devi concederlo agli altri. Così l’opera sarà una commendatizia alla tua preghiera. Anche l’Apostolo insegna che si deve pregare senza ira e senza contese perché la preghiera non venga turbata e falsata. Insegna anche che si deve pregare in ogni luogo (cfr. 1 Tm 2, 8), laddove il Salvatore dice: «Entra nella tua camera» (Mt 6, 6). Intendi non una camera delimitata da pareti dove venga chiusa la tua persona, ma la cella che è dentro di te dove sono racchiusi i tuoi pensieri, dove risiedono i tuoi sentimenti. Questa camera della tua preghiera è con te dappertutto, è segreta dovunque ti rechi, e in essa non c’è altro giudice se non Dio solo.
Ti si insegna ancora che si deve pregare in maniera tutta speciale per il popolo, cioè per tutto il corpo, per tutte le membra della tua madre: sta in questo il segno della carità vicendevole. Se, infatti, preghi per te, pregherai soltanto per il tuo interesse. E se i singoli pregano soltanto per se stessi, la grazia è solo in proporzione della preghiera di ognuno, secondo la sua maggiore o minore dignità. Se invece i singoli pregano per tutti, tutti pregano per i singoli e il vantaggio è maggiore.
Dunque, per concludere, se preghi soltanto per te, pregherai per te, ma da solo, come abbiamo detto. Se invece preghi per tutti, tutti pregheranno per te. Perché nella totalità ci sei anche tu. La ricompensa è maggiore perché le preghiere dei singoli messe insieme ottengono a ognuno quanto chiede tutto intero il popolo. In questo non vi è alcuna presunzione, ma maggiore umiltà e frutto più abbondante.
Che cosa ci insegna Sant’Ambrogio?
Di tutta questa ricchezza colgo un aspetto solo. Sant’Ambrogio ci insegna, in questo passo, una cosa fondamentale. Se preghi per te, preghi da solo; se preghi per tutti, ti immetti nella linfa della grande preghiera della Madre Chiesa, e tutti pregano per te. Questo per dire l’indispensabilità della preghiera comunitaria, non per togliere valore all’individuo: anche chi non prega mai, e non crede neppure, troverà la carità di chi prega per lui.