Santa Chiara d’Assisi (11 agosto)

Giotto, San Francesco e Santa Chiara
Giotto di Bondone, S. Francesco e S. Chiara, Assisi, Basilica superiore

Santa Chiara d’Assisi… Chiara di nome e di fatto, questa nobile fanciulla combatté per tutta la vita come nessun’altra aveva mai fatto prima. Chiedeva la libertà di essere povera. Non che la scelta monastica fosse una novità: da molti secoli esisteva il monachesimo femminile, ed occorrerebbe uno studio complesso per tracciarne la storia. Ma se la monaca vive in povertà, il monastero non è altrettanto povero, ha possedimenti, rendite, conferisce una certa sicurezza all’esistenza. Chiara fa una scelta più radicale: combatte anche con i Papi per mantenere il privilegio dell’altissima povertà evangelica, vivere senza niente di proprio.  

Chiara nasce ad Assisi nel 1194 da nobile famiglia. Ha dunque solo dodici anni quando nel 1206 San Francesco compie il gesto di spogliarsi di tutto. Sette anni dopo, Chiara, vinta dall’esempio di Francesco, la sera della Domenica delle Palme del 1211 o 1212 fugge da casa per raggiungerlo alla Porziuncola. Il Santo le taglia i capelli e le fa indossare il saio, poi la conduce al monastero benedettino di S. Paolo a Bastia Umbra. La famiglia tenterà invano di riportarla a casa. Santa Chiara si rifugia infine nella chiesa di San Damiano presso Assisi, in cui fonda l’Ordine femminile delle «povere dame», chiamate in seguito Clarisse.

Una scena del film di Zeffirelli QUI.

Il problema della povertà

La Chiesa, all’epoca, riteneva che le donne non potessero provvedere da sole a se stesse, e che senza fondi sarebbero state esposte ai pericoli del mondo. Santa Chiara si vide quindi costretta ad accettare inizialmente la regola benedettina, che concedeva rendite fondiarie.

Per Santa Chiara, questo allontanava dalla povertà assoluta che San Francesco professava. Nel 1216 riuscì a convincere papa Innocenzo III a concederle il privilegio di non essere mai costretta a ricevere possedimenti e lasciti per il sostegno delle monache. Il cardinale Ugolino, vescovo di Ostia e protettore dei Minori, le dà una nuova regola che attenua la povertà, ma lei non accetta sconti. Anche dopo la morte di San Francesco Santa Chiara subisce pressioni, ma riesce ad ottenere il rinnovo del “privilegio dell’altissima povertà”. Ugolino, diventato papa Gregorio IX (1227-41), le concede tale privilegio. Questo viene poi confermato da Innocenzo IV con una bolla del 1253, due giorni prima della morte avvenuta l’11 agosto. Due anni dopo, Chiara viene canonizzata.

Il 17 febbraio 1958 Santa Chiara è dichiarata da Pio XII Patrona della televisione e delle telecomunicazioni. Secondo una tradizione, infatti, Chiara, costretta a letto dalla sua infermità, assisté a distanza alla messa di Natale la cui visione le apparve sulla parete.

Il carisma eucaristico

Simone Martini, Santa Chiara
Simone Martini, Santa Chiara. Assisi, Basilica inferiore

L’arte sacra raffigura volentieri Santa Chiara d’Assisi con un ostensorio in mano, in atto di respingere dal monastero le truppe saracene, nel 1240, per difendere le consorelle. I saraceni in questione non rappresentavano l’islam all’assalto contro il cristianesimo, ma erano al soldo del cristiano imperatore (benché scomunicato) Federico II di Svevia. Questo miracolo eucaristico è citato nella  Leggenda di Santa Chiara Vergine, redatta nel 1256, probabilmente da Tommaso da Celano; ma la narrazione assume un tono completamente diverso da quello che l’iconografia potrebbe suggerire. La leggenda racconta:

«Erano stanziate lì, per ordine imperiale, schiere di soldati e nugoli di arcieri saraceni, fitti come api, per devastare gli accampamenti e per espugnare le città. E una volta, durante un assalto nemico contro Assisi, città particolare del Signore, e mentre ormai l’esercito si avvicinava alle sue porte, i feroci Saraceni irruppero nelle adiacenze di San Damiano, entro i confini del monastero, anzi  fin dentro al chiostro stesso delle vergini. Si smarriscono per il terrore i cuori delle Donne, le voci si fanno tremanti per la paura e recano alla Madre i loro pianti.

Ella, con impavido cuore, comanda che la conducano, malata com’è, alla porta e che la pongano di fronte ai nemici, preceduta dalla cassetta d’argento racchiusa nell’avorio, nella quale era custodito con somma devozione il Corpo del Santo dei santi. E tutta prostrata in preghiera al Signore, nelle lacrime parlò al suo Cristo: “Ecco, o mio Signore, vuoi tu forse consegnare nelle mani dei pagani le inermi tue serve, che ho allevato per il tuo amore? Proteggi, ti prego, Signore, queste tue serve, che io ora, da me sola, non posso salvare”.
Subito una voce, come di bimbo, risuonò alle sue orecchie dal Tabernacolo: “Io vi custodirò sempre!”. “Mio Signore, aggiunse, proteggi anche, se ti piace, questa città, che per tuo amore ci sostenta”. E Cristo a lei: “Avrà da sostenere travagli, ma sarà difesa dalla mia protezione”. Allora la vergine, sollevando il volto bagnato di lacrime, conforta le  sorelle in pianto: “Vi do garanzia, figlie, che nulla soffrirete di male; soltanto abbiate fede in Cristo!”.

Né vi fu ritardo: subito l’audacia di questi, è presa da spavento; e abbandonando in tutta fretta quei muri che avevano scalato, furono sgominati dalla forza di colei che pregava. E subito Chiara ammonisce quelle che avevano udito la voce di cui sopra ho parlato, dicendo loro severamente: “Guardatevi bene, in tutti i modi, dal manifestare a qualcuno quella voce finché  io sono in vita, figlie carissime”».

Come si vede dallo stesso racconto, non si parla di ostensorio (sarebbe stato impossibile per Santa Chiara, anche se monaca e badessa, impugnare con le sue mani ciò che solo ai sacerdoti era lecito toccare) ma di una teca preziosa contenente le Specie eucaristiche. Chiara non sbandiera l’Eucaristia brandendola davanti agli aggressori, ma parla in un  intimo colloquio a Gesù eucaristico.  Affida tutto nelle mani del Signore. Non si ostenta, ma difende lo consorelle e la città con la preghiera. Un insegnamento di vita recepito dalle sue seguaci.

Le clarisse missionarie del SS. Sacramento

Dalla Regola di Santa Chiara sono nati diversi ordini ispirati al suo carisma. In tempi moderni, accanto alle istituzioni monastiche più antiche, cioè le Monache clarisse (1253), le Clarisse Urbaniste (1263), le Clarisse Colettine (Santa Coletta di Corbie, 1410), le Clarisse Cappuccine (Maria Lorenza Longo, 1535), è nata la congregazione delle Clarisse francescane missionarie del SS. Sacramento, che unisce l’azione caritativa alla vita contemplativa.

La congregazione venne fondata nel  1895  a Bertinoro da Francesca Farolfi (Madre Serafina, 1853-1917). Il 1º maggio 1898 le prime nove suore dell’istituto emisero la loro professione. La congregazione ottenne il pontificio decreto di lode il 7 maggio 1907 e l’approvazione definitiva della Santa Sede il 12 agosto 1915; è aggregata all’Ordine dei frati minori dal 28 aprile 1904. Le clarisse francescane missionarie osservano la regola di Santa Chiara e costituzioni proprie. 

Un gruppo di giovani clarisse italiane alla Verna. Per la cronaca, la suora in alto a sinistra è mia figlia Sara

L’istituto si diffuse rapidamente in Italia. Le Clarisse missionarie fanno servizio al santuario della Verna e all’eremo delle Carceri ad Assisi.

Nel 1902 l’istituto aprì case in India, dove le Clarisse missionarie hanno attualmente tre province e le suore vestono con il tradizionale sari; nel 1907 fondò comunità in Brasile dove l’istituto ha oggi una provincia e le suore vestono in abiti civili; successivamente, furono aperte case e province in altri stati dell’America latina e dell’Africa.

Clarisse missionarie del SS. Sacramento di vari continenti. Le suore indiane vestono di preferenza il sari

Da parecchi decenni, alla guida dell’ordine si susseguono madri generali di nazionalità brasiliana ed indiana, alternandosi a madri generali italiane.