Le foto sono tutte di Marco Novara.
Una santa poco conosciuta, S. Anastasia, è venerata da molti secoli a Piombino (capitale dell’omonimo Principato che mantenne la sua autonomia fino alla Restaurazione dovuta al Congresso di Vienna, 1815), come sua speciale patrona.
Omonimia di diverse Sante
Talvolta l’agiografia confonde figure di santi dello stesso nome, e non sempre è facile distinguere le vicende di una santa da quelle di un’altra. Nel caso di Santa Anastasia se ne contano almeno cinque:
- una matrona romana discepola di S. Pietro e martire nella persecuzione neroniana (anno 68);
- una monaca martirizzata verso il 250;
- una Santa Anastasia martire nel 287 nell’isola di Palmaria che forse è la nostra,
- oppure lo è la Santa Anastasia martirizzata a Sirmio nel 304;
- infine, un’eremita bizantina del VI secolo.
Sono le due ultime martiri (del 287 e del 304) a presentare le caratteristiche comuni che in parte si confondono, tanto che relativamente alla Santa martire del 304 nel Medioevo si aggiunse la leggenda del naufragio nell’isola di Palmaria (a Portovenere, oppure a Palmaiola nel canale di Piombino, oppure a Ponza, scegliete voi).
La storia di Santa Anastasia
Santa Anastasia, patrona di Piombino, si festeggia l’8 di maggio. Di lei si racconta che sia nata verso il 281, figlia di un ricco patrizio romano pagano, Pretestato, e di una cristiana, Fausta, e che sia stata costretta a sposare Publio, uomo importante, pagano e rozzo. Anastasia si voleva dedicare all’aiuto dei cristiani poveri e perseguitati, ma il marito era contrario e la teneva segregata. Anastasia era sostenuta dai consigli di S. Crisogono, che fu a sua volta perseguitato e incarcerato.
Dopo che il marito fu ucciso in guerra, Anastasia poté più liberamente esercitare la sua carità; ma quando Diocleziano partì per la Macedonia portando con sé i cristiani imprigionati, Anastasia li seguì; dalla Macedonia l’imperatore si spostò verso Sirmio nell’Illiria (oggi Sremska Mitrovica), dove la Santa fu denunciata al prefetto Probo e arsa viva nel 304. Fin dall’inizio le fu reso culto a Sirmio, da cui si diffuse a Costantinopoli e quindi a Roma dove sin dal sec. IV esisteva una chiesa a lei intestata (Palatino).
Patrona di Piombino
La devozione di Piombino a Santa Anastasia si conosce ab immemorabili. A Falesia (il primo insediamento da cui prese origine Piombino) sorgeva già, nel XIII secolo, una chiesa di S. Anastasia, e nel Seicento fu intitolato a lei il monastero cittadino delle Clarisse.
I Brevi della Comunità privilegiano, fra le feste comandate, quella di S. Anastasia; una delibera degli Anziani del 1471 istituisce il Palio nel giorno della sua festa. In un documento dell’Archivio storico, si elencano i giorni in cui «non si possi lavorar nella terra di Piombino, né fuori nelli giorni e feste comandate, guardarsi dalla Santa Chiesa, ne anco il giorno della festa di Santo Antimo, Santa Anastasia, Santo Agostino, di Santo Francesco, di Santo Antonio, di Santo Sebastiano e di Santo Giuseppe, né quaj giorni non solo si debba restar di lavorar personalmente ma ancora con le bestie in qual sivoglia modo et i bottegaj non possino tener aperte le lor botteghe se non come disotto si dirà alla pena a chi contrafacesse in ciascheduno delli sopradetti casi di lire dua per ciascheduna volta».
Il 29 marzo 1861 il consiglio comunale si attivò per chiedere il riconoscimento della Santa come patrona della città. Il decreto fu emanato dal vescovo mons. Giuseppe Morteo il 24 aprile 1874.
Due fonti sulla vita di S. Anastasia
Articolo tratto da questo sito.
Due sono le fonti medievali sulla vita di Santa Anastasia vergine, la prima è il Martirologio Romano, la seconda è la Leggenda Aurea di Jacopo da Varazze. Il Martirologio Romano ricorda solamente che il 25 dicembre è il giorno natale della santa, cioè la data del suo martirio avvenuto nell’isola di Palmaria dove fu torturata, legata al palo e arsa viva al tempo di Diocleziano.
La Leggenda Aurea
La Leggenda Aurea è invece più circostanziata, ci ricorda l’origine nobile della santa, la sua educazione cristiana, ricevuta prima dalla madre e perfezionata da san Crisologo. Quindi il suo matrimonio per costrizione con un certo Publio e la conservazione della verginità per mezzo di una simulata malattia. Il marito tentò allora di farla morire per fame al fine di impadronirsi almeno della sua ricca dote. Ed infine la libertà ottenuta grazie alla morte improvvisa del marito stesso.
Diocleziano, persecutore dei cristiani, la volle maritare a un prefetto, ma questi perdette prima la vista e poi la vita, allora l’imperatore le impose un altro prefetto come marito. Questi pur di impadronirsi delle sue ricchezze si dichiarò disposto a rispettare la sua verginità, ma Anastasia si rifiutò perché desiderava donare le sue ricchezze ai poveri. Fu allora relegata con almeno duecento cristiani e altre settanta cristiane nell’isola di Palmaria e quindi condannata al rogo, mentre gli altri cristiani furono uccisi in modi diversi. Era l’anno 287.
L’isola del martirio
Anastasia è patrona di Piombino e il suo culto era già radicato nel Trecento e probabilmente è anteriore. Ciò ha fatto identificare l’isola di Palmaria con l’isola di Palmaiola, situata nel canale di Piombino, ma è possibile che l’isola sia quella omonima situata nei pressi di Ponza o quella pure omonima posta innanzi a Portovenere.
Altri particolari
Una Vita della santa, sicuramente in parte storica e in parte leggendaria, come usualmente sono queste narrazioni, aggiunge altri particolari: Anastasia, figlia di Pretestato e moglie di Publio, era tutta dedita all’assistenza dei cristiani di Roma. Il marito era però contrarissimo e puniva con crudeltà ogni sua disubbidienza. Anastasia era confortata dai consigli di S. Crisogono, a sua volta perseguitato e incarcerato.
Morto il marito, Anastasia poté più liberamente esercitare la sua carità cristiana. Il suo consigliere Crisogono fu trasferito ad Aquileia alla corte imperiale e Anastasia lo accompagnò nel viaggio da Roma. Assistette all’interrogatorio e al suo martirio per decapitazione. Il corpo fu abbandonato presso l’abitazione delle tre sorelle cristiane Agape, Chionia, Irene, le quali con l’aiuto del santo prete Zoilo gli diedero sepoltura e per questo furono tutti arrestati.
Diocleziano partì per la Macedonia portando con sé i cristiani imprigionati e anche Anastasia; dalla Macedonia si spostò verso Sirmio nell’Illiria. Il prefetto Probo, dopo interrogatori e vani tentativi di farle abiurare la fede cristiana, la tenne ai ceppi per un mese e poi l’imbarcò sopra un naviglio forato, insieme ad altri cristiani e delinquenti e avviati in mare aperto per farli naufragare e morire. Ma questi, scampati miracolosamente alla tempesta, sbarcarono a Palmaria, dove di nuovo presi furono invitati ad abiurare e, avendo rifiutato, furono tutti trucidati, mentre Anastasia fu arsa viva. È certo un culto antichissimo per santa Anastasia martire a Sirmio, da cui si diffuse a Costantinopoli e quindi a Roma dove sin dal sec. IV esisteva una chiesa titolare, già a lei intestata.
Il Palio di S. Anastasia
Quella di contendersi il palio di S. Anastasia è una usanza che risale a tempi lontani. Si hanno notizie del Palio in onore di Santa Anastasia sin dal 1471. A quei tempi il Palio era una corsa di cavalli, che rappresentavano i Rioni cittadini; al vincitore veniva assegnato un drappo offerto dal Signore, mentre nelle chiese si celebravano funzioni religiose con offerte in ceri. Dopo un periodo di dimenticanza, la tradizione antica fu ripresa in occasione del XVII Centenario del martirio della Santa e dal 1987 si sono sviluppate celebrazioni, manifestazioni culturali e rievocazioni storiche. È ripresa la Messa solenne nella concattedrale di Sant’Antimo, la consegna del cero e la benedizione del Palio, in questo caso degli Arcieri. Poi le misure anti covid hanno causato una nuova interruzione della tradizione.
Negli anni precedenti al 2020, si sono tenute gare di tiro con l’arco, la rievocazione di una regata storica tra antiche barche con vela latina, quindi lo spettacolo di sbandieratori, il corteo storico con i figuranti abbigliati in abiti rinascimentali e accompagnati dal suono di tamburi; recite di carattere storico, addobbi rinascimentali cittadini…