Santa Anastasia: il senso odierno di un culto antico

Statua di S. Anastasia custodita in S. Antimo. Foto di Marco Novara

Che senso può avere la figura di Santa Anastasia oggi, una poco nota martire della fine del III secolo (287), o dell’inizio del IV secolo (304), comunque sempre sotto l’imperatore Diocleziano? Fu oggetto di venerazione nel comune di Piombino fin dal Trecento, e probabilmente anche in precedenza; certamente non ha la notorietà di Santa Rita, o di Santa Caterina da Siena, o delle due sante carmelitane di nome Teresa (d’Avila e di Lisieux), e neppure di una santa che tutti possiamo dire di aver conosciuto in vita, l’altra Teresa, la Santa di Calcutta. Quante sante si potrebbero nominare, che hanno una fama assai maggiore di questa oscura martire i cui dati biografici certi sono così pochi… La sua figura ci dice ancora qualcosa?

Il culto della Patrona

La celebrazione di oggi 8 maggio 2023

Nei secoli passati, sì. Un documento del 1518 rileva l’esistenza di una chiesa a Piombino dedicata a Santa Anastasia. Il 10 maggio 1471 il Consiglio degli Anziani deliberava l’organizzazione di un palio annuale, destinato a durare fino a tutto il XVI secolo: nell’aprile 1568 si solennizzano insieme la santa e le nozze della figlia di Jacopo VI Appiani.

Fu inoltre da lei che prese il nome il monastero delle Clarisse, accanto alla chiesa di Sant’Antimo sopra i Canali, edificato tra il 1607 e il 1611. Vi ospitò ed educò oltre centocinquanta fanciulle, fino al 1797. Tra queste la piombinese suor Maria Cherubina Bresciani, badessa nella prima metà del Settecento, che sotto la guida di San Paolo della Croce diede una rinnovata impronta spirituale al monastero.

Un certo oblio pare avvolgere la Santa nel XVIII secolo, ma il 29 marzo 1861 il Consiglio comunale avvia presso la curia vescovile la pratica per il riconoscimento canonico di Santa Anastasia come patrona di Piombino. Il decreto di riconoscimento fu emanato dal vescovo Giuseppe Morteo il 24 aprile 1874. Quindi, Piombino aveva la propria Patrona in tempi moderni come nel medioevo.

La devozione a Santa Anastasia

Terracotta policroma del XVI-XVII secolo. Museo diocesano Andrea Guardi, Piombino

Vi sono abbondanti attestazioni storiche che per secoli gli organi di governo a Piombino abbiamo tributato un culto pubblico alla Santa che consideravano Patrona della città. In Sant’Antimo è inoltre stato custodito per secoli un busto in terracotta policroma del XVI – XVII secolo, oggi esposto nell’annesso museo diocesano di arte sacra. In esso la tradizione piombinese ha venerato la santa, invocata per i marinai soprattutto nelle tempeste. Quando il mare si turbava, e si aspettava il ritorno dei marinai temendo per le loro vite, era usanza grattare un po’ la superficie del busto e gettare in mare la polvere, con la preghiera che la burrasca si calmasse.

Le notizie biografiche

Ma cosa sappiamo di Santa Anastasia? Dove si attingono le notizie riguardanti la vita della santa?

Fondamentalmente da due testi: il Martirologio romano, che la ricorda sommariamente collocando il suo martirio il 25 dicembre, e la Legenda aurea di Jacopo da Varagine (1228-1298), secondo cui Anastasia nacque da una nobilissima famiglia romana in cui ricevette dalla madre l’educazione cristiana.

Nonostante che le fossero imposti due matrimoni, riuscì a mantenere la scelta verginale. Rifiutò di scendere a compromessi col secondo marito quando le propose di mantenere il suo stato verginale purché gli cedesse i suoi beni. «Ha detto il mio Dio: da’ tutti i tuoi beni ai poveri, non ai ricchi; tu sei ricco onde agirei contro il volere di Dio se ti dessi alcunché delle mie ricchezze». Questa fu la sua risposta. E così fece: indossò umili abiti e donò ai poveri le sue ricchezze. Condotta allora in una non ben identificata isola di Palmaria, Palmarola, o Palmaiola (che difficilmente può essere la Palmaiola del canale di Piombino e che probabilmente è un’isola dell’Illiria), dove si trovavano relegati altri cristiani, vi fu arsa sul rogo. Ecco perché nelle immagini tiene la palma del martirio in mano e ha le fiamme ai piedi o ne viene avvolta.

Perché ricordare oggi Santa Anastasia?

La Santa Patrona di Piombino è stata ricordata e celebrata in una S. Messa nella concattedrale di Sant’Antimo, presieduta dal parroco don Pierluigi Castelli, con una buona partecipazioni delle autorità civili e militari della città, in primis il sindaco Francesco Ferrari.

La presenza delle autorità cittadine e delle rappresentanze delle Forze dell’Ordine è un segno tangibile dello spirito comunitario intorno dal quale la cittadinanza è chiamata a riunirsi: le autorità, infatti, gli enti, sono a servizio della comunità, e ognuno – ha ricordato il celebrante – può adoperarsi in maniera diversa dagli altri, ognuno a suo modo, mai però contro gli altri.

Scelte coraggiose

Nella sua profonda, ricca e pacata omelia, don Pierluigi ha bene evidenziato quali significati abbia, ancora oggi, il ricordo di una santa così antica, a partire dalla sua scelta forte di condivisione della vita dei poveri – non una qualche elargizione, ma un totale impegno di vita. Ricorro ad alcune frasi con cui lo stesso don Pierluigi la commemorava nel 2020:

«Specchiandosi nella testimonianza di Anastasia si nota il coraggio di sfidare i potenti, la capacità creativa e generosa di affrontare le difficoltà senza sterili piagnistei, l’interiore libertà e forza così necessarie anche alle donne del nostro tempo che attendono ancora di vedersi riconosciuti sacrosanti diritti e pari dignità, il messaggio offerto a tutta la Chiesa e fatto proprio con energia dal Papa: “una Chiesa povera e per i poveri”».

«La grandezza di una persona consiste nella capacità di far vedere il futuro, di far guardare avanti… Tanta sapienza occorre, tanta preveggenza, tanto spirito di umile servizio anziché adagiarsi in sogni di potere e di gloria. Riconoscersi fratelli quale che sia la nostra provenienza, il nostro percorso culturale, la nostra condizione sociale, e agire partendo dai più deboli… Su questa fraternità – programma che ci starà sempre davanti – possiamo fondare il superamento, certamente in forme diverse da allora, delle opere di morte: guerre che non hanno fine, disoccupazione e sottooccupazione che si perpetua, profitto a scapito di dignità e libertà, istillazione di paure. E se pensassimo che questa è pura utopia, non dimentichiamo che qualcuno ha già vissuto ciò che ci stiamo proponendo».