San Vincenzo de’ Paoli, il Padre dei poveri (27 settembre)

San Vincenzo de’ Paoli di Simon François de Tours (1606-1671) – Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=14610797

Vincent de Paul (1581 – 1660), colui che conosciamo come San Vincenzo de’ Paoli è considerato il più importante  propugnatore ed organizzatore dell’attività caritativa della Chiesa cattolica. La sua spiritualità e la sua azione sono così ricche che parlare di lui in poco spazio è un’impresa.

Gli inizi

Nato in un’umile famiglia contadina francese, Vincenzo deve molto presto lavorare per aiutare i genitori che faticano a mantenere la numerosa famiglia. Trascorre i primi anni a badare pecore, mucche e maiali. Tuttavia, suo padre appena possibile lo manda a Dax all’Ecole des Cordeliers, un collegio francescano. Dopo tre anni, durante i quali frequenta con successo i corsi di grammatica e latino, un amico di famiglia lo assume come tutore dei figli. Da lì a poco, Vincenzo manifesta la vocazione sacerdotale. A 16 anni riceve la tonsura, riesce a studiare teologia a Tolosa e viene ordinato sacerdote il 23 settembre 1600: cifra tonda tonda che ci aiuta a collocarlo nel giusto contesto storico.

Nel 1605, mentre viaggia su una nave da Marsiglia a Narbona, è catturato dai pirati turchi e venduto come schiavo a Tunisi. Sarà liberato due anni dopo dal padrone che nel frattempo si era convertito al cristianesimo. La veridicità di questa vicenda è stata peraltro messa in dubbio da qualche studioso che vi vede un racconto mirato a giustificare una sua fuga davanti ai debitori; ma non sembra che questa ipotesi abbia fondamento. Certamente, l’attenzione particolare di San Vincenzo de’ Paoli ai forzati ed agli schiavi è eloquente a questo riguardo.

Entra nella corte francese come cappellano ed elemosiniere della regina Margherita di Valois, ma con uno stipendio da fame; diviene poi curato a Clichy, dove mette da parte tutte le preoccupazioni materiali e di carriera e si dedica al catechismo e soprattutto all’aiuto degli infermi e dei poveri. Fondamentale per la sua maturazione è l’incontro con Francesco di Sales. San Vincenzo de’ Paoli è anche un riformatore della predicazione, fino allora condotta in stile barocco. Introduce infatti una semplice tecnica oratoria: parlare della virtù scelta come argomento, ricercare la natura, i motivi di praticarla, ed i mezzi più opportuni.

La svolta a favore dei poveri

Determinante fu per San Vincenzo de’ Paoli l’esperienza nella parrocchia di Chatillon-le-Dombez; l’impatto con la vita dei contadini, che se ammalati cadevano nell’abbandono e nella miseria, lo scosse profondamente.
Dopo un mese dal suo arrivo, fece un appello per una famiglia ammalata e del tutto priva di assistenza. I parrocchiani risposero generosamente, ma San Vincenzo de’ Paoli iniziò a riflettere: «Oggi questi poveretti avranno più del necessario, ma tra qualche giorno saranno di nuovo nel bisogno!». Da ciò scaturì l’idea di una confraternita di pie persone, avvicendantisi nell’assistenza di tutti gli ammalati bisognosi della parrocchia. Così il 20 agosto 1617 nasceva la prima «Carità», le cui socie presero il nome di «Serve dei poveri». Molte altre «Carità» seguirono la prima.

S. Vincenzo avrebbe voluto che anche gli uomini collaborassero insieme alle donne nelle «Carità», ma la cosa non funzionò a causa della mentalità dell’epoca, quindi si occupò solo di «Carità» femminili. Un grande sviluppo in ambito maschile avverrà però un paio di secoli dopo, nel 1833, da Emanuele Bailly a Parigi, con un gruppo di sette giovani universitari, tra cui il beato Federico Ozanam (1813-1853), la vera anima di questi inizi; tali gruppi presero il nome di «Conferenze di S. Vincenzo de’ Paoli».

Le Dame della Carità

Intanto nel 1623 San Vincenzo de’ Paoli si era laureato in diritto canonico a Parigi. Vivendo a Parigi era reso conto che la povertà era presente ancor più dolorosamente anche nelle città. Quindi fondò le «Carità» anche a Parigi, dove nel 1629 le Suore dei poveri presero il nome di «Dame della Carità».
Nell’associazione confluirono per di più le nobildonne, che così poterono contribuire anche economicamente alle iniziative di colui che la gente conosceva come «Monsieur Vincent».

La Congregazione della Missione

Il risultato fu ottimo, altri sacerdoti si unirono a lui, e anche l’arcivescovo di Parigi diede il suo appoggio, assegnando a Vincenzo ed ai suoi missionari rurali una casa in via S. Vittore; siamo nel 1625. La nuova comunità doveva fare vita comune, rinunziare alle cariche ecclesiastiche, e predicare nei villaggi di campagna; inoltre doveva occuparsi dell’assistenza spirituale ai forzati e insegnare il catechismo nelle parrocchie nei mesi estivi.
I missionari si spostarono poi nel priorato di San Lazzaro, da cui prenderanno anche il nome di «Lazzaristi».
I Preti della Missione o Lazzaristi, riuniti in una Congregazione senza voti, si dedicarono successivamente anche alla formazione dei sacerdoti, con Esercizi Spirituali e dirigendo Seminari, e si impegnarono nelle Missioni all’estero come in Madagascar (di cui San Vincanzo de’ Paoli è stato dichiarato patrono), nell’assistenza agli schiavi d’Africa.
Quando il fondatore morì, nel 1660, la sola Casa di San Lazzaro, aveva già fatto 840 missioni e accolto un migliaio di persone per turni di Esercizi Spirituali.

Le Figlie della Carità

Figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paoli. Di Henriette Browne – Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=10421766

La fruttuosa missione nei villaggi suscitò la vocazione all’apostolato attivo, prima nelle molte ragazze delle campagne poi in quelle della città, desiderose di consacrarsi totalmente a Dio nel servizio dei bisognosi. Queste ragazze del popolo potevano arrivare laddove le Dame della Carità, per la loro posizione sociale, non potevano.
Era era il 29 novembre 1633 quando San Vincenzo de’ Paoli affidò il primo gruppo a Santa Luisa de Marillac (1591-1660), che le accolse in casa sua; nel luglio dell’anno successivo le postulanti erano già dodici.
La nuova Congregazione prese il nome di «Figlie della Carità»; i voti erano solo privati ed annuali, perché tutte le sorelle svolgessero la loro missione nella più piena libertà e per puro amore; l’approvazione fu data nel 1646 dall’arcivescovo di Parigi e nel 1668 dalla Santa Sede. Furono la prima congregazione femminile a poter sfuggire alla regola della clausura. Per San Vincenzo de’ Paoli e Louise de Marillac, il loro monastero era la camera dei malati, le strade della città e le corsie degli ospedali.

L’abito delle Figlie della Carità

In origine le Figlie della Carità indossavano abiti secolari, ma presto adottarono il costume delle ragazze del popolo dell’Île-de-France, in stoffa grossolana grigia (donde il nome sœurs grises), con colletto e cuffia bianchi. La cuffia venne poi sostituita dal caratteristico copricapo a larghe tese, la «cornetta», già in uso tra le contadine di Parigi, della Piccardia e del Poitou; infatti, San Vincenzo de’ Paoli voleva che le suore, che vivevano fuori del chiostro, assomigliassero il più possibile alle donne ordinarie della classe media. Le ali della cornetta, nel corso del XVIII secolo, divennero sempre più larghe e inamidate, e sono rimaste nell’immaginario collettivo, anche se dopo il Concilio Vaticano Paolo VI invitò la superiora generale a semplificare l’abito, che il 20 settembre 1964 divenne blu scuro e senza cornetta.
Con o senza il loro caratteristico copricapo, le Figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paoli estesero la loro assistenza ai malati negli ospedali, ai trovatelli, agli orfani, ai forzati, ai vecchi, ai feriti di guerra, agli invalidi e ad ogni sorta di poveri ed infermi.
Ancora oggi le Figlie della Carità costituiscono la famiglia religiosa femminile più numerosa della Chiesa. Alla fine del 2016 la Congregazione contava 15.057 suore in 1.806 case.

Assistenza a forzati e schiavi

San Vincenzo de’ Paoli si era fatto anche apostolo della carità fra i prigionieri ed i forzati. Re Luigi XIII istituì per lui la carica di Cappellano capo delle galere (8 febbraio 1619). Questo gli facilitò l’accesso nei luoghi di pena e di partenza dei galeotti rematori. Dal 1640 il compito passò anche ai suoi Missionari e alle Dame e Figlie della Carità. Ma si adoperò anche per la liberazione degli schiavi. Si calcola che, tra il 1645 e il 1661, San Vincenzo de’ Paoli e i suoi Missionari abbiano liberato almeno 1200 schiavi cristiani in mano ai Turchi.

San Vincenzo de’ Paoli è patrono del Madagascar, dei bambini abbandonati, degli orfani, degli infermieri, degli schiavi, dei forzati, dei prigionieri. Leone XIII il 12 maggio 1885 lo proclamò patrono delle Associazioni cattoliche di carità.

Monsieur Vincent è un film del 1947 diretto da Maurice Cloche e interpretato dal grande attore francese Pierre Fresnay. Vinse l’Oscar al miglior film in lingua straniera. Al suo interprete principale  fu attribuita la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

Il film QUI, però in francese. Non vi preoccupate, ci sono i sottotitoli in inglese…

San Vincenzo de’ Paoli converte i galeotti. Di Jean-Jules-Antoine Lecomte du Nouÿ – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=10414465

Secondo San Vincenzo de’ Paoli, La missione apostolica non era una semplice predicazione, ma un’azione pastorale indirizzata ad alleviare i problemi spirituali e materiali delle popolazioni più misere.

Organizzazione

Quando un missionario interveniva in un villaggio povero, vi veniva istituita un’équipe chiamata «Carità», formata perlopiù da madri di famiglia o vedove; poi vi erano inviati dei sacerdoti per formare una nuova parrocchia. Le missioni si caratterizzavano per flessibilità, nel senso di adattare gli aiuti ai bisogni nuovi, ad esempio fornendo medicinali o garantendo un’istruzione ai figli. Altra caratteristica delle missioni era la mobilità, nel senso di non rimanere legati al proprio territorio, ma scoprire sacche di povertà altrove.

Un’importante acquisizione dei vincenziani fu un rinnovamento dei metodi di assistenza, a partire dalla visita domiciliare. San Vincenzo de’ Paoli fu anche il primo a sostituire al sistema tradizionale dell’elemosina saltuaria e indiscriminata il «soccorso ordinato», rispondente alla natura e all’entità del bisogno del singolo individuo.

Il principio assistenziale di San Vincenzo si basava sulla divisione dei poveri in tre categorie:

  1. fanciulli, vecchi, storpi e infermi;
  2. coloro che col lavoro guadagnavano solo la metà del necessario;
  3. coloro che guadagnavano solo il quarto del necessario.

Vita femminile attiva

Le Figlie della carità di San Vincenzo de’ Paoli rappresentano la più originale caratteristica dell’opera di San Vincenzo de’ Paoli; fu lui ad aprire una nuova strada alle donne consacrate, non più chiuse in un monastero, ma sparse nel mondo a servizio dei bisognosi dovunque si trovassero: case private, ospedali, ospizi, carceri, asili, scuole. Oltre ai tre tradizionali voti (povertà,  castità  e obbedienza) introdusse il voto di perseveranza nel servizio ai poveri.

I galeotti

Un’ulteriore originale iniziativa fu destinata a migliorare le condizioni di vita dei condannati alle galere. Grazie alla sua posizione, fu capace di ottenere un notevole miglioramento delle condizioni dei detenuti, soprattutto per gli inabili al lavoro. Per tali motivi San Vincenzo de Paoli è considerato, oltre che il santo patrono delle carceri, un grande riformatore del sistema penitenziario.

Da «Lettere e conferenze spirituali» di San Vincenzo de’ Paoli

Non dobbiamo regolare il nostro atteggiamento verso i poveri da ciò che appare esternamente in essi e neppure in base alle loro qualità interiori. Dobbiamo piuttosto considerarli al lume della fede. Il Figlio di Dio ha voluto essere povero, ed essere rappresentato dai poveri. Nella sua passione non aveva quasi la figura di uomo; appariva un folle davanti ai gentili, una pietra di scandalo per i Giudei; eppure egli si qualifica l’evangelizzatore dei poveri: «Mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio» (Lc 4,18).
    Dobbiamo entrare in questi sentimenti e fare ciò che Gesù ha fatto: curare i poveri, consolarli, soccorrerli, raccomandarli.
    Egli stesso volle nascere povero, ricevere nella sua compagnia i poveri, servire i poveri, mettersi al posto dei poveri, fino a dire che il bene o il male che noi faremo ai poveri lo terrà come fatto alla sua persona divina. Dio ama i poveri, e, per conseguenza, ama quelli che amano i poveri. In realtà quando si ama molto qualcuno, si porta affetto ai suoi amici e ai suoi servitori. Così abbiamo ragione di sperare che, per amore di essi, Dio amerà anche noi.
    Quando andiamo a visitarli, cerchiamo di capirli per soffrire con loro, e di metterci nella disposizione interiore dell’Apostolo che diceva: «Mi sono fatto tutto a tutti» (1 Cor 9, 22). Sforziamoci perciò di diventare sensibili alle sofferenze e alle miserie del prossimo. Preghiamo Dio, per questo, che ci doni lo spirito di misericordia e di amore, che ce ne riempia e che ce lo conservi.
    Il servizio dei poveri deve essere preferito a tutto. Non ci devono essere ritardi. Se nell’ora dell’orazione avete da portare una medicina o un soccorso a un povero, andatevi tranquillamente.
    Offrite a Dio la vostra azione, unendovi l’intenzione dell’orazione. Non dovete preoccuparvi e credere di aver mancato, se per il servizio dei poveri avete lasciato l’orazione. Non è lasciare Dio, quando si lascia Dio per Iddio, ossia un’opera di Dio per farne un’altra. Se lasciate l’orazione per assistere un povero, sappiate che far questo è servire Dio. La carità è superiore a tutte le regole, e tutto deve riferirsi ad essa. È una grande signora: bisogna fare ciò che comanda.
    Tutti quelli che ameranno i poveri in vita non avranno alcun timore della morte. Serviamo dunque con rinnovato amore i poveri e cerchiamo i più abbandonati. Essi sono i nostri signori e padroni.