Il Primo Maggio è noto come giorno in cui si fa memoria di San Giuseppe artigiano, essendo la festa del Lavoro. Ma il Primo Maggio ricorre anche la memoria di San Marculfo che, nato a Bayeux verso l’anno 500, fu eremita, monaco e infine abate.
Nato in una famiglia nobile cristiana, fin da piccolo sentì una forte vocazione, che lo portò infine a donare tutti i suoi beni e a ritirarsi a Coutances nel nord della Francia, dove si formò alla scuola del vescovo Possessore. A trent’anni venne ordinato prete e intraprese una vita missionaria. Incontrò sant’Helier (Eleiro) e lo spinse a convertire gli abitanti di Jersey, un’isola del Canale della Manica. Per la santità della vita, San Marculfo attrasse molti discepoli e, grazie a una donazione di Childeberto I, li raccolse in un monastero a Nanteuil, di cui divenne il primo abate. Trascorreva la Quaresima in un’isoletta vicina, che sarà più tardi chiamata San Marculfo; lì morirà il 1° maggio 558.
San Marculfo, la lepre e i re
San Marculfo è rinomato per i miracoli di guarigione delle malattie della pelle, e leggenda vuole che abbia conferito questo potere ai re di Francia, ma l’incontro con la monarchia franca è legato… ad una lepre.
Siamo nel 538 nel bosco di Coutances quando una lepre inseguita dai cacciatori si rifugia presso il santo che si trovava raccolto in preghiera. Il santo si alza e la accoglie fra le braccia. È vestito di un semplice saio legato con una corda e calza sandali rattoppati. Un giovane cavaliere gli punta al petto una freccia incoccata intimandogli di consegnare la lepre. Ma il monaco la lascia libera e questa scompare nel bosco.
Il giovane, sbeffeggiato dai compagni, minaccia allora San Marculfo, ma il cavallo si imbizzarrisce e lo scaraventa a terra malamente. Il giovane, disarcionato, è seriamente ferito. Viene guarito dalla benedizione che il santo gli impartisce. In quel momento si avvicina il re dei Franchi, Clotario I (498-561), si inginocchia davanti al monaco e gli chiede di imporgli le mani, implorando la guarigione. Il monaco lo benedice e gli tocca il collo. Il re ordinò poi di non dare più nessun fastidio al santo e di andare a cacciare altrove.
Il tocco del re
Pare essere questo l’inizio di una lunga tradizione: quella dei re di Francia che dopo l’incoronazione andavano in pellegrinaggio sulla tomba di san Marculfo per chiedere la guarigione dal “male dei re”. Questo male era la scrofola, scientificamente l’adenopatia tubercolare cervicale cronica che provoca fistole localizzate sui linfonodi del collo. I re francesi – ed anche alcuni inglesi – chiedevano inoltre il dono di poter guarire i malati col loro tocco con la formula «Il re ti tocca, Dio ti guarisce».
Poiché in francese Marculfo si dice anche Marcoul, quasi omofono di Mal-au-cou, «Male al collo», alcuni spiegano con questa assonanza l’origine della leggenda del tocco del re.
Quanto alla lepre, l’episodio rientra ampiamente nella narrativa agiografica che vede i santi in perfetta armonia e amicizia con la natura e con tutti gli animali, anche con quelli spietatamente cacciati. Episodi simili riguardano ad esempio San Carileffo (Calais) con il bufalo e San Basolo con il cinghiale (per San Basolo vedere QUI).