San Domenico abate e i serpenti (22 gennaio)

San Domenico abate. Cattedrale di S. Feliciano a FolignoFonte immagine: http://www.sandomenicoabatevillalago.it/sda/contenuti/fotofoli1.html

San Domenico abate, da non confondere con San Domenico di Guzman fondatore dell’Ordine dei domenicani, è conosciuto anche come  San Domenico di Sora, di Cocullo, da Foligno  oppure  da Collepardo, dai luoghi in cui si è svolta la sua vita (Foligno 951 – Sora 22 gennaio 1031). È stato un monaco e riformatore della vita monastica.

Nato a Foligno nel 951 da Giovanni ed Apa, fu affidato sin da fanciullo ai monaci benedettini di San Silvestro Curasero, dove studiò retorica, musica ed aritmetica. Giunto a maturità, iniziò il suo percorso spirituale in Sabina. Nel 974 prese i voti divenendo monaco benedettino e poi sacerdote, Inviato nel 980 a Montecassino, vi maturò la vocazione eremitica.

Attività monastica

Dopo aver soggiornato in varie destinazioni, a Petra Demone ebbe da papa Giovanni XV l’autorizzazione a costruire il suo primo monastero, sostenuto anche dal potere laico che beneficiava della produzione economica dei nuovi cenobi e se ne avvaleva per l’«incastellamento» del territorio. Il monastero fu dedicato a San Salvatore, e San Domenico ne fu il primo abate. Dopo questa prima esperienza, riprese la vita solitaria, fondando diversi eremi e un monastero dedicato alla Santissima Trinità sul monte Pizzi, poi un altro monastero, intitolato alla Madre di Dio.

In un momento delicato in cui l’aristocrazia romana e i feudatari locali osteggiavano l’ordine benedettino che cercava di ricostruire un ampio patrimonio fondiario in Abruzzo, San Domenico abate, per pregare e per diffondere la regola di S. Benedetto, si ritirò nell’area di Scanno, a Prato Cardoso presso Villalago, località che contribuì a sviluppare con la fondazione del monastero di San Pietro de Lacu. In Molise, con il monastero di San Pietro Avellana, contribuì al ripristino della presenza stabile del clero e alla nuova evangelizzazione del Sannio volturnense.

San Domenico abate in Campania

Secondo gli agiografi, San Domenico sarebbe stato poi ispirato da Dio a spostarsi in Campania, dove trovò lo stesso contesto di contrasti fra i Crescenzi romani e i nobili locali, che vantavano il titolo di comites Campaniae e si ribellavano al Papa, pur rimanendo sconfitti. Per tre anni il santo visse in una grotta del Monte Porca, un’appendice del Monte Rotonaria, divenendo celebre per la sua predicazione e per il suo carisma anche tra i pastori campani. Attorno al  987  edificò un monastero dedicato a San Bartolomeo nel territorio di Collepardo, dove insediò una comunità monastica. Iniziò da qui una nuova campagna missionaria, fondando altri monasteri. Fra l’altro, grazie a una donazione del conte Pietro Rainerio signore di Sora, fondò sui resti della villa natale di Marco Tullio Cicerone l’abbazia di Maria SS. Assunta, oggi co-intitolata a San Domenico abate, dove questi nel 1031 morì e fu sepolto.

Tradizioni popolari: San Domenico abate e i serpari

Festa di San Domenico abate a Cocullo (QUI)

Diverse tradizioni popolari si riferiscono a San Domenico abate. A Cocullo (L’Aquila), la prima domenica di maggio, si tiene il rito dei Serpari: la statua del Santo è portata in processione ricoperta di serpenti che i giovani il giorno prima hanno catturato nei boschi. Inoltre, a Pretoro (Chieti) si svolge la festa in suo onore in cui si ricorda il miracolo del lupo. Altre celebrazioni si svolgono a Sora e nella Valle del Sagittario.

Prima della festa di San Domenico i giovani serpari vanno nei boschi a catturare cervoni, saettoni, bisce e biacchi, tutti rigorosamente non velenosi, poi ne adornano la statua del santo che sarà portata in processione. I rettili saranno infine riportati nel loro ambiente naturale e liberati. Cosa c’è alla base di questo rito?

Una tradizione pagana, radicata nel territorio prima della conversione al cristianesimo, consisteva nell’offerta propiziatoria di serpenti vivi alla dea Angizia, padrona delle arti con cui si neutralizzavano i veleni dei serpi. Anche dopo la cristianizzazione del territorio, tale usanza era rimasta consolidata tra i cocullesi, fino al tempo in cui venne tra di loro S. Domenico. Dopo i molteplici miracoli da lui operati col guarire la gente dai morsi di vipere, quella usanza pagana fu trasformata in un rito religioso cristiano di omaggio a S. Domenico come atto di gratitudine per il santo che, al contrario della inerme dea Angizia, si era dimostrato vero liberatore dalle conseguenze del veleno dei serpenti.

Il rito di San Domenico a Pretoro

Dal culto della dea Angizia a San Domenico, il passo, dunque, fu breve, e la processione dei serpari a Cocullo è famosa nel mondo. Meno conosciuto è invece il rito che si svolge a Pretoro, in provincia di Chieti, protagonista sempre San Domenico.

Il rito inizia la mattina, con la Messa officiata nella chiesa dedicata al santo. Al termine della cerimonia ha inizio la processione con i serpari. I serpenti catturati nel mese di aprile nei boschi sono portati in processione dietro alla statua. Al termine vengono premiati i serpari che hanno presentato i serpenti più lunghi.

Ma a Pretoro non ci si limita ai serpenti. Il culmine della giornata, infatti, è rappresentato dalla rievocazione del miracolo del lupo, “lu lope”. Secondo la tradizione, i personaggi sono impersonati dagli artigiani locali, i “fusari”. I protagonisti sono i membri di un’umile famiglia di taglialegna con il loro figlio neonato, che la tradizione vuole sia impersonato dall’ultimo maschio nato in paese. Il ruolo della madre non viene rappresentato da una donna, bensì da un uomo in abiti femminili, come avveniva nel Medioevo. Il lupo, naturalmente, è un uomo camuffato. Ma che cosa viene rievocato?

Miracoli

San Domenico abate, eremita a Prato Cardoso presso Villalago, si era attirato l’ostilità di molti, per cui decise di lasciare il paese. Con la sua mula si diresse verso Cocullo, inseguito da eretici intenzionati ad ucciderlo. Ma tra il santo e gli inseguitori si interpose un orso, rallentando così l’inseguimento. A metà strada il santo incontrò una donna povera che andava al mulino per macinare un sacchetto di grano, l’unica sua risorsa per campare. San Domenico ne chiese un po’ per la sua mula. La vecchia lo divise con generosità con la mula del santo; ma, giunta al mulino, con un solo sacchetto mezzo vuoto poté riempire miracolosamente due grandi sacchi di farina.
Quindi San Domenico arrivò a Cocullo, e trovò all’ingresso del paese molta gente che urlando rincorreva un lupo che teneva tra le mascelle un neonato. Commosso dalle lacrime della madre, San Domenico comandò al lupo di lasciare il piccolo. Tra lo stupore generale, la bestia si fermò, tornò indietro e depose il bambino illeso ai piedi del santo.

La povera gente di Cocullo dormiva allora in primitive capanne o all’aperto in campagna, e veniva frequentemente morsa da serpenti. San Domenico fece per loro molti miracoli guarendoli dai morsi dalle vipere o di cani rabbiosi.

Durante la permanenza a Cocullo, San Domenico fece ferrare la sua mula dal maniscalco locale. Questi, pensando di poter facilmente ingannare un forestiero, chiese un prezzo esorbitante. Il santo allora ordinò alla mula di restituire il ferro: l’animale si limitò a scuotere la zampa e il ferro si schiodò da solo e cadde. Gli abitanti di Cocullo lo conservarono e lo si può ancora ammirare nel santuario dedicato a San Domenico abate. E se non ci credete, andate pure a vedere…