Briciole di storia alvernina (5). 1259: San Bonaventura alla Verna

Verna, Cappella di San Bonaventura

San Bonaventura, teologo e Generale dell‟ordine Francescano, sale alla Verna nel 1259. Lì si sente ispirato a scrivere l’Itinerarium mentis in Deum, pietra miliare della filosofia medievale (Cfr. Prologo n. 2). San Francesco era morto il 4 ottobre 1226. La visione del Serafino alato, durante la quale S. Francesco ricevette le stimmate, era avvenuta a metà del mese di settembre 1224. Bonaventura era stato eletto ministro generale dell’Ordine francescano il 2 febbraio 1257. È mentre svolge il delicato ufficio di ministro generale (è quasi considerato un secondo fondatore dell’Ordine) che sente il bisogno di trovare alla Verna la pace donata da Cristo e predicata da Francesco.

San Bonaventura di Bagnoregio

San Bonaventura accanto a San Francesco nella robbiana dell’Assunta. La Verna, Santa Maria degli Angeli. Foto di A. Ferrini. Fonte immagine: https://www.ilbelcasentino.it/terracotterobbiane-seq.php?idcat=&pag=6&idimg=3518

San Bonaventura è stato uno dei più grandi filosofi e mistici del Medioevo. Dichiara espressamente nel suo Prologo di essere stato ispirato alla Verna e dalla Verna, dove era salito 33 anni dopo la morte di San Francesco,  a scrivere il suo Itinerarium mentis in Deum (Itinerario della mente in Dio). Potete leggere l’intero testo QUI. Io riporto parte dell’introduzione.

Itinerarium mentis in Deum, Prologo

Giotto, Visione del Serafino alato e impressione delle stigmate. I serafini sono descritti in Is 6,2 come provvisti di 6 ali, a fronte dei cherubini che ne hanno 4 (Ez 10,21). Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1432672

2.

Poiché dunque, sull’esempio del beatissimo padre Francesco, ricercavo anch’io con spirito ardente questa pace [donata da Cristo e predicata da San Francesco], io peccatore, che del tutto indegno sono il settimo a succedergli nel governo dell’Ordine, avvenne che trentatré anni dopo la sua morte per ispirazione divina mi ritirai sul monte della Verna, come in luogo quieto ove cercare la pace dello spirito, stando là, mentre con la mente esaminavo alcune vie mentali per ascendere a Dio, tra le altre cose mi si presentò quel miracolo, che proprio nello stesso luogo accadde al beato Francesco, ossia la visione d’un Serafino alato in forma di Crocifisso.

Soffermandomi a considerarla subito mi avvidi, che quella visione metteva dinanzi agli occhi l’estasi alla quale lo stesso Francesco era pervenuto nella contemplazione, e la via che ad essa conduce.

3.

Infatti, le sei ali del Serafino possono significare rettamente le sei elevazioni illuminanti che, come tappe o stadi preparatori, dispongono l’anima a pervenire a quella pace che essa attinge nel rapimento estatico proprio della sapienza cristiana. E la sola via che ad essa conduce è quell’ardentissimo amore per il Crocifisso che trasformò Paolo in Cristo, «dopo averlo rapito fino al terzo cielo», così da fargli esclamare: «Sono crocifisso con Cristo, non più io vivo, ma Cristo vive in me».

Questo amore per il Crocifisso compenetrò a tal punto l’anima di Francesco da manifestarsi nella sua carne, allorché, per due anni, prima della sua morte, egli portò impresse nel proprio corpo le santissime stimmate della passione. Le sei ali del Serafino fanno comprendere, pertanto, le sei successive illuminazioni spirituali, che, a partire dalle creature, conducono fino a Dio, al quale nessuno giunge per la via retta se non per mezzo del Crocifisso.

Infatti, «chi non entra per la porta dell’ovile, ma vi sale da qualche altra parte, questi è un ladro e un predone». Invece, «chi entrerà per questa porta, entrerà ed uscirà e troverà il pascolo». Per questo, Giovanni afferma nell’Apocalisse: «Beati coloro che lavano le loro vesti nel sangue dell’Agnello, sicché avranno il potere sull’albero della vita ed entreranno in città per le porte», quasi a voler dire che non si può entrare, con la contemplazione, nella Gerusalemme celeste, se non varcando quella porta che è il sangue dell’Agnello. Né, infatti, si è in alcun modo preparati alla contemplazione delle realtà divine, che conducono al rapimento estatico dell’anima, se non a condizione di essere, a somiglianza di Daniele, «uomo di desiderio».

Ora, due sono i mezzi che generano in noi questo desiderio: il grido della preghiera che prorompe, fremente, «dal gemito del cuore»; e il fulgore della riflessione, che fa volgere l’anima alla Luce con la massima immediatezza e intensità.

L’iconografia di San Bonaventura

San Bonaventura è riconoscibile, fra gli altri santi, per alcuni attributi che lo contraddistinguono: li potete vedere, alla Verna, nella Robbiana dell’Assunta.

  1. Il libro, in quanto Dottore della Chiesa: rappresenta sia il Vangelo, sia lo studio della teologia. Questo elemento iconografico è condiviso con molti altri santi.
  2. Il saio francescano con la corda, elemento comune a tutti i frati minori.
  3. Il piviale adornato di serafini. San Bonaventura proprio alla Verna si era sentito ispirato a scrivere dal ricordo della visione del Serafino alato da parte di San Francesco. Questo dettaglio è esclusivo di Bonaventura, soprannominato Doctor seraphicus, ed è quello che lo rende più riconoscibile.
  4. La mitria vescovile. Eletto ministro generale dei frati minori nel 1257, San Bonaventura era stato nominato vescovo nel 1265 da Clemente IV, ma aveva rifiutato la nomina. Dovette poi accettarla nel 1273 insieme al cardinalato.
  5. Il cappello cardinalizio appeso al braccio. Creato cardinale il 3 giugno 1273, Bonaventura ricevette il cappello cardinalizio mentre si trovava nel convento di Bosco ai Frati presso Firenze. Ma poiché in quel momento stava lavando i piatti della comunità, lo fece appendere ad un albero dicendo: Ora lasciatemi finire qui, ci penserò più tardi. L’iconografia rappresenta spesso San Bonaventura a fianco di un albero ai cui rami si trova appeso il cappello cardinalizio. Qui lo porta appeso al braccio destro, in altre raffigurazioni lo tiene deposto per terra, sempre in segno di umiltà. Anche questo è un elemento esclusivo di San Bonaventura.
Bosco ai Frati, Cappella di San Bonaventura. Il catino nel quale San Bonaventura rigovernava i piatti quando gli fu consegnato il cappello cardinalizio. La scena è raffigurata nel dipinto retrostante. Fonte immagine: https://www.boscoaifrati.org/la-storia
A Bosco ai Frati, San Bonaventura fa appendere all’albero il cappello cardinalizio

28 agosto 1260 (Olim dum adhuc)

Alessandro IV ricorda di aver proibito per lettera che il luogo della Verna fosse abbandonato dai frati e che ne fossero asportati campane, libri e ornamenti ecclesiastici, e concede che nell’ufficiatura della chiesa della Verna i frati possano usare paramenti di seta, benché questi siano proibiti dalle loro leggi (Ms E n. 6).

Se foste saliti alla Verna nell’anno del Signore 1260 avreste potuto constatare che la chiesa è ancora unica, quella di Santa Maria degli Angeli. Ma fra poco le cose cambieranno: stanno per sorgere gli oratori sulla Scogliera delle Stigmate.