Venti maggio, festa di San Bernardino… da Siena, direte voi. No: San Bernardino da Massa Marittima, perché è lì che Bernardino della nobile famiglia degli Albizzeschi nacque l’8 settembre 1380. Lì fu battezzato al fonte battesimale della bellissima cattedrale romanica di San Cerbone. I genitori sono i nobili Tollo e Nera. Morirono entrambi ben presto: la madre quando il piccolo aveva tre anni, il padre quando Bernardino ne ebbe sei.
L’arte della balestra
(cfr. Il verrettone di San Bernardino, «Toscana Oggi – La Traccia» n. 20, 30 maggio 2021, p. 3)
Il padre di San Bernardino, Tollo Albizzeschi, nel 1377 aveva preso in affitto a Valpiana presso Massa di Maremma, insieme ai parenti Cristoforo e Agnolino, una fonderia, un «edifizio da ferro» («ad faciendum ferrum»). In esso si producevano utensili – incudini, tenaglie, chiodi, picconi, mazze ad uso civile -, ma anche armi: punte di lancia, quadrelli e verrettoni, questi due ultimi utilizzati come dardi da balestra. I quadrelli erano punte a forma quadra, come indica il nome, e potevano attraversare le cotte in maglia più antiche. I verrettoni, a punta triangolare, avevano una capacità di penetrazione molto maggiore, permettendo di attraversare le corazze a piastre che si erano diffuse nel XIV secolo.
Massa basava allora la sua economia sullo sfruttamento delle miniere di argento e rame. L’attività estrattiva aveva prodotto un inurbamento che aveva portato il paese, dai 190 circa gruppi familiari del 1220, ai 3.500 abitanti del 1300, salvo il successivo spopolamento dopo la peste del 1348. La fonderia degli Albizzeschi rimane marginale rispetto a queste produzioni minerarie, ma è necessaria. C’è bisogno di picconi, vanghe, zappe, attrezzi da scavo nelle miniere, ferri per cavalli, chiodi ed altri attrezzi per gli usi civili ma anche militari di una città in espansione: spade, corazze, lance, punte di balestre.
Gli Albizzeschi, con la loro produzione di quadrelli e verrettoni, posero inconsapevolmente le premesse al successivo Balestro del Girifalco che ha reso celebre Massa Marittima. Tollo forgia armi potenti. Il figlio Bernardino, invece, prenderà un’altra strada. Le sue armi saranno solo quelle adatte a conquistare le anime.
La vocazione
Rimasto orfano, San Bernardino viene affidato alle cure di una zia materna, Diana. A undici anni, è chiamato a Siena dagli zii paterni. Studia sotto il maestro Onofrio e Giovanni Spoletano. Come maestro di eloquenza ha il celebre umanista Guarino Veronese. Si appassiona; dalle lettere e dalla filosofia passa al diritto, alla teologia, alla S. Scrittura. Ventenne, abbandona gli studi di diritto per assistere gli ammalati e i moribondi nella grande peste del 1400. Al termine dell’ondata di pestilenza subisce anch’egli il contagio. L’esperienza della malattia e della grazia della guarigione furono per lui segni di vocazione. Distribuì tutti i suoi averi ai poveri ed entrò, l’8 settembre 1400, nell’Ordine dei frati minori, scegliendo al suo interno la famiglia più rigorosa, quella dell’Osservanza. Precisamente quattro anni più tardi, l’8 settembre 1404, celebrò la sua prima Messa.
La predicazione
San Bernardino iniziò subito un’intensa attività di predicatore in tutta l’Italia centrosettentrionale. Tema costante della sua predicazione fu la riconciliazione tra le persone e le famiglie in lite, nel santo Nome di Gesù, l’unico da onorare. Portava con sé e faceva baciare ai fedeli delle tavolette di legno colorate in oro e azzurro sulle quali era dipinto o inciso il trigramma IHS (Iesus Hominum Salvator) sormontato da una croce e inscritto in un sole ardente.
Una visione sociale aperta
Originale fu anche la sua attenzione agli aspetti economici della vita. Perorò la causa degli imprenditori, artigiani e mercanti onesti che con le loro attività procuravano benessere alla società, oltre che a loro stessi. Sulla base della loro laboriosità, responsabilità e assunzione di rischio, riteneva che un moderato interesse fosse legittimo e non dovesse considerarsi usura. In questo senso, San Bernardino e l’Osservanza vengono considerati come gli iniziatori di una visione economica aperta alla modernità ancor prima della visione calvinista. Anzi, la visione economica di Bernardino era attenta prima di tutto all’uso sociale della ricchezza, volto al bene comune. San Bernardino si scagliò sempre contro i ricchi che invece d’investire i loro beni in attività di utilità pubblica preferivano prestare a usura per un proprio egoistico profitto.
San Bernardino sosteneva che «la roba», cioè la proprietà privata, non appartiene all’uomo in quanto individuo, dal momento che tutto proviene da Dio, ma è per l’uomo in quanto essere sociale, per il miglioramento della società nel suo insieme.
Ostilità e calunnie
La sua predicazione gli provocò ostilità negli ambienti che egli stigmatizzava con parole dure, ad esempio quello degli usurai e dei biscazzieri. Tali risentimenti innescarono polemiche molto aspre. Polemiche che rinfocolò anche l’accusa di idolatria e superstizione nei confronti del culto del Nome di Gesù (IHS) di cui egli era propagatore. Si giunse perfino ad un processo per eresia, che Bernardino sostenne a Roma nel 1427 e dal quale uscì indenne. Anzi, ne uscì con la richiesta di papa Martino V di predicare anche a Roma per 80 giorni consecutivi; cosa che fece con uno straordinario concorso di gente.
Gli effetti della predicazione
In seguito ai suoi cicli di predicazione, in varie città si giungeva persino a modificare gli statuti cittadini nei quali venivano introdotte norme per facilitare la riconciliazione tra le famiglie e le fazioni contendenti o per reprimere più duramente giochi d’azzardo, usura, costumi indecenti e pratiche magiche. Fedele alla sua vocazione di predicatore, e di teologo e trattatista, egli rifiutò più volte la cattedra vescovile. Rifiutò nel 1427 Siena, nel 1431 Ferrara, nel 1435 Urbino, ma fu vicario generale degli Osservanti nel 1437 e poi di tutte le famiglie francescane d’Italia.
Nel 1444, già gravemente malato, si recò a L’Aquila, anche per tentare di riconciliare due fazioni che si stavano sanguinosamente scontrando. Lì morì il 20 maggio. Si narra che dalla sua bara continuassero a uscire rivoli di sangue, finché le due fazioni non si furono riappacificate.
Bernardino fu proclamato santo da Niccolò V nel 1450. Fu maestro di un’intera generazione di francescani Osservanti che dopo di lui predicarono e scrissero trattati di teologia. Ricordiamo fra gli altri Giacomo della Marca, Giovanni da Capestrano, e Bernardino da Feltre che essendo un giurista fu il legislatore dei Monti di Pietà, istituzione ideata dai francescani.
San Bernardino e i mezzi di comunicazione sociale
Sapete quali sono i Santi patroni dei mezzi di comunicazione sociale riconosciuti dalla Chiesa?
S. Francesco di Sales (24 gennaio) è il patrono di tutti gli scrittori cattolici (Pio XI, «Rerum omnium», 26 gennaio 1923).
S. Gabriele arcangelo (29 settembre) è il patrono delle telecomunicazioni (Pio XII, breve apostolico «Quoniam omne datum», 12 gennaio 1951).
Santa Giovanna d’Arco, che veniva guidata dalle sue “voci”, è patrona della radio e della telegrafia.
S. Chiara di Assisi (11 agosto) è la patrona della televisione (Pio XII, breve apostolico «Clarius explendescit», 14 febbraio 1958).
San Massimiliano Kolbe, francescano conventuale, viene riconosciuto come santo protettore dei radioamatori; ed egli radioamatore lo è stato davvero. Nel 1938 conseguì la licenza e fu attivo quale radioamatore con il nominativo SP3RN.
Per il web, è patrono Isidoro di Siviglia, anticipatore di Google con i mezzi del VII secolo, cioè i suoi venti libri di Etymologiae. Papa Giovanni Paolo II infatti lo ha designato nel 2002 come patrono di Internet e di chi ci lavora. Ma può darsi che ci sia una svolta a seguito della beatificazione di Carlo Acutis, che il web l’ha usato davvero per evangelizzare i suoi coetanei…
Infine, è proprio il nostro San Bernardino ad essere stato proclamato patrono dei pubblicitari. Lo dichiarò tale Pio XII, con il breve apostolico «Laudativa nuntia» del 19 ottobre 1956.
Laudativa Nuntia
«L’attività pubblicitaria e tutto ciò che concerne la divulgazione, tra il popolo, di messaggi promozionali riguardanti uomini e cose, ha ricevuto in questi ultimi tempi, com’è risaputo, un impulso tale che essa è ritenuta una vera professione e tutti quelli che vi si dedicano si riuniscono in associazioni a carattere sindacale. Ora questa professione è in grado di incidere fortemente in due sensi: vale a dire, se esercitata con retta intenzione può spingere il popolo alla ricerca del vero bene, come può offrirgli incitamenti al male e portarlo decisamente alla rovina, se viene fatto con disonestà. Pertanto è sembrato opportuno che i pubblicitari possano giovarsi di un particolare aiuto celeste.
La richiesta dei pubblicitari
Perciò molti di essi vollero scegliere, come loro Patrono, San Bernardino da Siena, il quale, spinto da mirabile ardore nel propagare tra il popolo la fede cattolica, fece ricorso a quei mezzi che sono quanto mai adatti ad infonderla in tutti: come ad esempio brevi espressioni, capaci di scuotere gli animi; immagini indicanti le verità divine; specialmente il monogramma del SS. Nome di Gesù; ed infine la conoscenza di tutte quelle cose che possano essere comprese dal popolo.
Perciò, a nome di tutti i pubblicitari che fanno uso di giornali, raccolte, cinema, radio, carte geografiche e simili, ci furono rivolte preghiere perché proclamassimo quel Santo come Patrono di tutti gli italiani che esercitano un’arte di tal genere.
San Bernardino patrono
Noi, accogliendo questi voti fatti propri dal diletto figlio Nostro Cardinale Presbìtero di Santa Romana Chiesa Giacomo Lercaro, Arcivescovo di Bologna, volentieri abbiamo deciso di soddisfarli, col sottinteso che l’opera di costoro sia conforme alle norme della religione e dell’onestà. Per la qual cosa, dopo aver consultato la Congregazione dei Riti, con sicura scienza e Nostra matura deliberazione e con la pienezza dell’autorità apostolica, in forza di questa lettera e in modo perpetuo, facciamo, eleggiamo e dichiariamo San Bernardino da Siena celeste Patrono presso Dio di tutti i divulgatori di messaggi promozionali, comunemente chiamati “Pubblicitari”, con l’aggiunta di tutti quegli onori e privilegi liturgici che a buon diritto competono ai Patroni degli Ordini o Associazioni, nonostante qualunque cosa in contrario.
Proclamiamo, stabiliamo e decretiamo che la presente lettera sia e rimanga sempre immutabile, valida ed efficace; raggiunga e mantenga i suoi effetti pieni e senza danno alcuno; favorisca completamente ora e in futuro coloro a cui si riferisce o potrà riferirsi; e, in tal modo, tutto va giudicato e determinato secondo le regole; e da ora in poi sia senza effetto e nullo, tutto quello che diversamente da questo, chiunque, con qualsiasi autorità, consapevolmente o meno, cercherà di variare».
Le prediche di San Bernardino
Con San Bernardino, l’Ordine francescano conosce una svolta in direzione della predicazione popolare, mediante la riforma detta dell’Osservanza. L’efficacia della predicazione della Parola di Dio con San Bernardino raggiunge uno dei suoi vertici. Le sue prediche hanno uno stile molto popolare, diretto, incisivo, che si lascia comprendere da tutti. Ne è un esempio il passo in cui burlandosi delle false reliquie, come il latte della Vergine, dice: «questo latte è così abbondante che cento mucche non ne avrebbero fatto tanto». Oppure l’altro in cui invita l’uomo a sopportare i difetti della sua donna, facendogli notare che egli sopporta fin nella sua casa la sua gallina, perché tutti i giorni essa gli depone un uovo, o il suo maiale.
Inoltre, intervenendo sui più scottanti temi sociali come l’usura, la politica, la famiglia, l’educazione, San Bernardino si colloca fra i più attenti lettori della propria epoca; si raccomanda per la forza della parola, ma anche per il sapiente uso dell’immagine a corredo di quanto detto a parole. Utilizzava, infatti, nelle sue prediche, un’immagine che potremmo definire pubblicitaria: il trigramma del Nome di Gesù dipinto su una tavoletta, a indicare che, al di là delle divisioni fra i vari nomi e stemmi delle famiglie importanti, tutti trovavano unità nel Nome di Cristo.
Le prediche in piazza del Campo
Nell’estate del 1427, a partire dal 15 agosto, San Bernardino predicò in piazza del Campo a Siena (una chiesa non sarebbe bastata a contenere i fedeli) per quarantacinque giorni consecutivi. Benedetto di maestro Bartolomeo, un cimatore di panni, inventò una specie di scrittura stenografica, mediante la quale scriveva su tavolette di cera, parola per parola, la predica. Appena tornato a casa, la trascriveva; così ci è stato conservato l’intero quaresimale del Santo, pubblicato in tre volumi nel 1880 da Luciano Banchi. Invece ancora inedite son le prediche dette dal santo a Firenze. Leggiamo qualche brano tratto dalle prediche di Siena.
Alcuni passi delle prediche senesi di San Bernardino (1427)
IL PREDICATORE SOTTILE
«Elli fu un frate di nostro ordine, il quale fu valentissimo in predicazione, e diceva tanto sottile, tanto sottile che era una maraviglia; più sottile che il filato delle vostre figliuole. E questo frate aveva uno fratello opposito a lui; tanto grosso, di quelli grossolani, che era una confusione, tanto era grosso: el quale andava a udire le prediche di questo suo fratello.
Avvenne che, una volta fra l’altre, avendo udita la predica di questo suo fratello, elli si misse un dì in uno cerchio degli altri frati, e disse: “O voi, fuste voi stamane alla predica del mio fratello, che disse così nobile cosa?” Costoro li dissero: “O che disse?” “Oh! elli disse le più nobili cose che voi udiste mai.” “Ma dicci di quello che elli disse.” E elli: “Disse le più nobili cose di cielo, più che tu l’udisti. Elli disse,… doh, perché non vi veniste voi? che mai non credo che elli dicesse le più nobili cose!”. “Doh, dicci di quello che elli disse.” E costui pure: “Doh, voi avete perduta la più bella predica che voi poteste mai udire!”
Infine, avendo costui dette molte volte in questo modo, pure e’ disse: “Elli parlò pure le più alte cose e le più nobili cose che io mai udisse. Elli parlò tanto alto che io none intesi nulla.” Or costui era di quelli, tu mi intendi! Io dico che a voi bisogna dire e predicare la dottrina di Cristo per modo che ognuno la intenda; e però dico: declaratio sermonum tuorum. Elli bisogna che il nostro dire sia inteso. Sai come? Dirlo chiarozo chiarozo, acciò che chi ode, ne vada contento e illuminato, e none imbarbagliato.
LA TENTAZIONE DI S. BERNARDINO
Vôvi dire il primo miracolo ch’io facesse mai, e fu innanzi ch’io fussi frate…. Elli mi venne una volontà di volere vivare come uno angelo, non dico come un uomo. — Deh, state a udire, che Iddio vi benedica! — Elli mi venne uno pensiero di volere vivare d’acqua e d’erbe, e pensai di andarmi a stare in uno bosco, e cominciai a dire da me medesimo: “Che farai tu in un bosco? Che mangerai tu?” Respondevo così da me e me, e dicevo: “Bene sta, come facevano e’ santi padri: io mangiare dell’erba quando io avrò fame; quando avrò sete, berò dell’acqua.” E così deliberai di fare; e per vivare sicondo Iddio, deliberai anco di comparare una Bibbia per lègiare e una schiavina per tenere indosso.
E comparai la Bibbia, e andai per comparare uno quoio di camoza, perché non passasse l’acqua dallato dentro, perché non si mollasse la Bibbia. Col mio pensiero andava cercando dove io mi potesse appollaiare, e deliberàmi d’andare vedendo in sino a Massa; quando io era per la valle di Bocheggiano, io andavo mirando quando su questo poggio quando su quell’altro; quando in questa selva, quando in quell’altra; e andavo dicendo da me e me: “Oh, qui sarà il buon essere! Oh, qua sarà anco migliore!”
In conclusione, non andando dietro a ogni cosa, io tornai a Siena e deliberai di cominciare a provare la vita che volevo tenere. E andàmi costà fuore dalla Porta a Follonica, e incominciai a cogliere una insalata di cicerbite e altre erbuccie, e non avevo né pane né sale né olio; dissi: “Cominciamo per la prima volta a raschiarla, e poi l’altra volta e noi faremo solamente a raschiarla senza lavarla altromenti; e quando ne saremo più usi, e noi faremo senza nettarla, e dipoi poi e noi faremo senza cògliarla.”
E col nome di Jesu benedetto cominciai con uno boccone di cicerbita, e messamela in bocca cominciai a masticarla. Mastica, mastica, ella non poteva andare giù. Non potendola gollare, io dissi: “Oltre; cominciamo a bere uno sorso d’acqua.” Mieffe! L’acqua se n’andava giù, e la cicerbita rimaneva in bocca. In tutto, io bebbi parecchi sorsi d’acqua con un boccone di cicerbita, e non la potei gollare. Sai che ti voglio dire? Con un boccone di cicerbita io levai via ogni tentazione; che certamente io cognosco che quella era tentazione. Questa che è seguitata poi, è stata elezione, non tentazione. Oh, quanto si vuole bilanciare, prima che altri seguiti quelle volontà che talvolta riescono molto cattive, e paiono cotanto buone!
L’OZIO DEI FRATI
Dicono questi lavoratori: “Noi siamo noi che duriamo fadiga: noi ne duriamo tanta, che noi siamo come martori tutto l’anno: dàlle, dàlle, dàlle e mai non aviamo requia. Se ‘1 sole è caldo, elli ci abruscia; o voliamo noi o non, ci conviene patirlo al segare, al tribiare e al miètare. Simile di verno, alle nevi, a’ freddi, a’ venti; e se non facessimo così, non si potrebbe ricògliare. Voi frati avete ‘1 più bel tempo del mondo: di state al fresco, e di verno al sole.”
Aspetta aspetta, io ti vo’ rispondere. E’ sònne forse uno, che dicono a questo modo? Elli mi pare ch’io dirò a molti quello ch’io voglio dire. Se questa è così piacevole vita, come voi dite, e che no’ godiamo tanto, d’una cosa mi maraviglio molto, che più gente non ci viene a stare fra tanto agio; io non veggo troppi che agrappino a questo buon boccone. Tu dici forse, che raguni il grano nel granaio, e imbotti il vino nelle botti; e per chi? Per te, e anche per noi. Tu dici il vero: ma sta’ pure un poco saldo, e ode uno essempio, e poi dirai a tuo modo. E dirotti uno essempio da portarnelo e da non dimenticarlo.
Questo intervenne a uno nostro luogo. Elli era uno apresso a uno nostro luogo, el quale spesso spesso andava a ragionare con quelli nostri frati; e fra l’altre parole che elli una volta disse, si disse:
“Io non cognosco chi abbi il più bel tempo che voi avete voi;” assegnando sue ragioni dicendo: “Noi andiamo a lavorare quando co la zappa, quando co la vanga, al freddo, al caldo, a’ venti, a’ nievi, a grandine, a tempeste; e tutto 1’anno stentiamo, e non potiamo mai avanzare nulla; che se noi duriamo fadiga, noi compriamo a mille doppi el pane e ‘1 vino che noi logriamo. Voi vi state qui riposati: quando legete, quando scrivete; quando vi fa caldo e voi al fresco; quando vi fa fresco e voi al fuoco. Voi vi date in sul più bello godere del mondo. Se voi volete del pane, voi n’avete ogni dì di fresco; così del vino e di ciò che voi avete di bisogno.”
Dice il guardiano, quando costui ha detto ciò che elli vuole: “Vuoi tu durare la fatica che noi, e noi duraremo quello che tu duri, e vedrai quale è più dilettevole?” Disse quel contadino: “Sì, bene.” Dice il guardiano: “Oltre; qual voliamo provare prima, o la tua o la nostra?” Risponde colui: “Proviamo primo la vostra.” Dice el frate: “A le mani: viene stasera e cominciaremo, e pruova otto dì.” Colui rimane contento. La sera giògne all’Ordine, e gli dettero cena. Elli cenò di quello che loro gli dettero. Poi fu menato a dormire vestito in sul saccone de la paglia, come loro, sul quale non v’era se non una schiavina, e forse che era pieno di pulci.
La notte a mezza notte ellino vanno a bussare a la camera di costui all’ora che agli altri frati: “Su su a mattino, o compagno, su.” Costui si leva e vassene in chiesa con gli altri. El guardiano gli diè un paio di paternostri, dicendoli: “Tu non sai l’ufficio: sta’ qui e dirai de’ paternostri tanto, quanto noi peniamo a dire mattino; e quando noi sediamo noi, e tu siede; e quando noi stiamo ritti, e tu sta ritto.” E così insegnatoli, e ellino incominciano a dire il mattino: Domine, labia mea aperies.
Costui non era uso a stare desto: elli incomincia a chinarsi dal lato d’innanzi. Dice el frate: “Sta su, fratello, sta su; non dormire. “Elli si desta isbalordito, e ritorna a dire e’ paternostri. Sta un poco, e elli piega all’adietro; e’ paternostri li caggiono di mano. Dice il frate: “Sta’ su di buon’ora: di’ de’ patarnostri; vedi che ti so’ caduti in terra! Cògliali. “In somma, elli non fu fornito di dire mattino, essendo costui destato molte volte, che elli disse: “Oh, fate voi così ogni notte?” Egli rispose: “Questo continuamente ci conviene fare ogni notte.” El contadino disse: “Alle vangnele, io non ne vo’ più già io!” E saziossi in una notte di tanto bel tempo, quanto noi aviamo; e rizzosi su, e disse: “Apritemi, ch’io me ne voglio andare.”
“FORBETI IL NASO”
Modo di dire toscano e non solo: Pulisciti il naso, usato per zittire qualcuno
Doh! Io vi voglio dire quello che fu una volta qui in Siena. Elli si vendeva una volta la farina alle tina, e uno ne voleva furare costà in sul Campo di notte, e furavane e teneva questo modo. Si poneva una tasca in su per le reni, e aveva una campanella, e andava cariponi, e udendo quella campanella, pareva alla gente che elli fusse un porco di quelli di santo Antonio. Elli apriva la tina, e tolleva la farina due e tre e quattro volte la notte, e così se ne veniva e andava a portarla alla casa.
Avvenne che, essendo stato preso uno ladro e menato alla giustizia, costui che furava ogni notte la farina, diceva: “Elli merita mille forche! Io dico che elli si vuole affadigare e fare come fo io.” E mostrava i calli che elli aveva nelle mani, i quali aveva fatti per andare cariponi. Or a costui si poteva dire: “Forbeti il naso,” quando diceva così di colui. Simile si potrebbe dire così a una che sarà stata una grandissima ribalda, la quale udirà parlare d’una, a cui sarà aposta una infamia. Or costei si farà ben gagliarda a palesare quella infamia apasta, e dirà: — Elli si dice…. si dice…. — Che si dice? Che si dice? Sai che ti dico? Va’, forbeti il naso.
IGNORANZA
Elli furo due preti, i quali parlandosi insieme disse l’uno all’altro: “Come dici tu le parole della consecrazione del corpo di Cristo?” Colui rispose e disse: “Io dico: Hoc est corpus meum.”
Allora dicendo l’uno all’altro: “Tu non dici bene”; “anco tu non dici bene;” e stando in questa questione, sopraggionse un altro prete, al quale costoro gli dicono questo fatto. E ‘l prete lo’ disse: “Né l’uno né l’altro di voi dice bene, imperocché si vuole dire: Hoc est corpusso meusso;” “dimostrando lo’: tu vedi che egli dice corpusso, e però vuol dire meusso; e però da ora in là non dite altrimenti che così: Hoc est corpusso meusso.” Costoro non rimanendo d’accordo al detto di costui, deliberaro di domandarne a un piovano che stava presso a loro, e deliberati andarono a questo piovano, e poserli il caso. E il piovano vi rispose e disse: “O che bisogna tante cose, quanto che io me ne vo alla pura? Io vi dico su una Avemaria.”
Ora ti domando te: so’ scusati costoro? Non vedi tu che ellino fanno adorare per Iddio uno pezzo di pane? Certo ciascuno di costoro fa peccato mortalissimo, però che ellino debban fare con quelli modi e con quello ordine che ha ordinato Jesu Cristo a la santa Chiesa. Anco ti dico che d’ogni cosa che altri fa, deve sapere ciò che bisogna intorno a essa.
AD OGNI MORBO LA SUA MEDICINA
Chi andasse a uno medico, avendo tu una infermità nello stomaco, e elli andasse sicondo che elli truova scritto, e dicesse: “Io voglio andare sicondo questo autore” e leggiarà nel principio del libro dove so’ le medicine e’ rimedi atti a fare guarire la testa, e darà il rimedio sicondo che sarà scritto, mai non guarrài per quella medicina. Anco devi sapere che a lo speziale bisogna andare per le cose che bisognano allo infermo; ma se tu andasse a lui per la medicina che è stata ordenata, dicendo: “Dammi tale e tal cosa,” se lo speziale piglia il primo bossolo, o il primo vagello che egli truova per dare la medicina allo infermo, mai non guarisce per quella.
Imperoché se lo infermo ha bisogno della medicina da guarirgli lo stomaco, ed egli li dà la medicina da curarli il capo o il braccio, mai non guârrà per quella; se sempre elli stesse co’ medicine, curandosi in questo modo, mai non guarisce. E però dico, che volendo guarire della infermità, bisogna fare la medicina che sia atta all’infermità dello infermo. A proposito: el predicatore si conviene che predichi di quelle cose che bisogna per la salute del popolo, che lo sta a udire; e però dico, che ‘1 mio pensiero è di volere curare il difetto vostro, a giusto mio potere.
Il denaro
O ricco avaro, come non hai tu compassione al pòvaro, come ne se’ tu tanto crudele, che la gallina dimostra d’essere più piatosa, che tu non se’ tu? La gallina, quando le gittano pure quattro granelli di grano, ella chiama l’altre galline perché n’abbino anco loro. Così anco la chioccia, quando ha nulla da mangiare, chiama tutti i pulcini, spezialmente quando l’è dato un poco di panico.
Se altra ragione non ti movesse, questa ti dovarebbe muòvare. Idio è quello che ci dà tutti i beni in questo e ne l’altro mondo. Se egli t’ha dato tanto pane, che tu vivi in abondanza, e mandati un povaretto a l’uscio, il quale si muore di fame, e fattelo chiedare per suo amore, come se’ tu tanto ingrato, che tu non ne gli dai per suo amore? Elli t’ha dato del vino assai: ora ti manda costui perché tu ne li dia un poco. Come nel sai mandare adietro che tu non ne gli dia? Simile, t’ha dati de’ denari in abondanzia: ora ti manda el povaro e fattene chiedare per suo amore, che tu ne gli dia. Come se’ tu tanto villano, che tu il mandi via senza? Quel denaio è di Dio.
La pace
Io ho una tela grandissima di genti che sono in guerre, di mogli con marito e di marito con mogli; e simile, anco di molte altre persone, che credo avere uno fascio di scritte, di memorie, di questioni che sono fra cittadini, l’uno contra a l’altro. E però se io non potrò fare fare le paci particolari, parlaremo de le generali, e potrai nel mio dire comprendare per l’una e per l’altra. Doh; cittadini miei, rabbracciatevi insieme; e chi ha ricevuto ingiurie, perdoni per l’amore di Dio, e in questo dimostrarà di voler bene a la sua città. Hai l’essemplo della vita di Cristo; sempre disse: pace; non trovi che niuna cosa tanto teneramente raccomandasse, quanto la pace….
Cittadini miei, io vi predico pace, io vi raccomando la pace. O voi che avete buona volontà, non vi tirate adietro, seguitate questa pace per l’amore di colui el quale ve la raccomanda. Fate che ‘n voi sia sempre perfetto amore e perfetta carità. Sapete voi perché io indugio quasi dietro dietro questa predica de la pace? Solo perché avendo voi veduto da prima i pecati che voi fate, e dimostrato la pena che Iddio darà a chi sta in ostinazione questa poi suole commuovare i cuori e conduciarli a piegarsi inverso coloro che hanno fatte le ingiurie, e fannoli rapacificare.
Ma chi è in ostinazione, sta male el fatto suo. Questi cotali non gustano e non intendono li Comandamenti di Dio. In malevolam animam non introibit sapientia: Ne la malivola e pessima anima non entrerà questa sapienzia de la pace, — che ben cognoscono che ella è utile e santa cosa, ma per malizia non vogliono udire nulla. Ma in quelli che so’ di Dio, sempre vi granisce e germoglia, però che elli si piega a la ragione e al detto de’ dottori e la volontà di Dio e a quella che comanda la santa Chiesa, e volentieri si conduce a udire di queste tali prediche, e volentieri le mette a effetto, e cognosce che il nostro dire è santo e buono e utile a chi è del numaro de li eletti da Dio.
Vuoi vedere se Iddio s’ingegnò sempre ch’e’ suoi usassero questa virtù de la pace? Non disse egli ai suoi discepoli: In quamcunque domum intraveritis, primum dicite: pax huic domui. Quando voi entrate in una casa, fate che la prima cosa che voi facciate, che voi diciate: la pace sia in questa casa? — Simile siamo amaestrati noi da santo Francesco.
Suocera e nuora
Tu vedi, e questo è spesso spesso, quando la donna va a marito, ella va vestita ornata, pettinata, pelata e lisciata. Aspetta! Alla suociara t’arracomando! Ella è piena d’adornezza; ella ha e’ dindoli; ha le ghirlandarelle in capo, l’anella d’oro; ella è tutta adornata. E giògne alla casa del marito, ed è stata poco poco, e la suociara l’accusa al marito: “Così e così fa la tua donna: ella mi dicie, ella vuole èssare la madonna della casa, e vuole fare a suo modo d’ogni cosa, e non a mio per certo.” Elli è vero quello proverbio che dice: viene asino di montagna, e caccia cavallo di stalla. Là dove ella si credeva d’essere aitata, riverita ed amata, ed ella ci comincia a mèttare nimicizia.
Contro le parti [fazioni]
Quando io ho parlato a niuno di questi partigiani, e io l’ho domandato: “Se’ tu batteggiato? — Sì. — O di qual parte se’ tu? — E egli ha risposto: — Io so’ nato ghibellino. — Io ti domando, se tu se’ batteggiato. — Io dico di si. — E tieni la parte? — Sì. — Sai che è? Tu se’ figliuolo del diavolo, con tutto che tu sia batteggiato. Colui che è veramente batteggiato non tiene parti, se non da Dio, però che egli è stato ricomprato del sangue di Iesu Cristo. Quando tu fusti batteggiato el compare e la commare promissero per te la fede di dare de’ calci al mondo e a Settenasso. O voi che siete stati compari, non avete voi rinunziato per lo fanciullino al demonio? — Sì, bene. — E promettesti che non terrebbe parte niuna, né guelfa né ghibellina, ma che farebbe tutte quelle cose che tiene la santa Chiesa.
O non vedi tu ch’elli non attiene quello che tu promettesti per lui? Era scritto al soldo di Cristo, e ora l’ha rinnegato e tradito. Due sònno li capitani di questo mondo; l’uno è Dio, l’altro è il diavolo: quelli che so’ scritti al soldo di Iesu Cristo, so’ di quelli della città di Gerusalem, interpretata visione di pace. Quelli che so’ scritti al soldo del diavolo, so’ tutti li pagani, gli epicurei e molti altri, i quali tengono nuove oppinioni contro a la santa Chiesa, e chiamansì figli dell’ira al soldo di Babilonia, interpretata confusione. Quelli che so’ da la parte di Dio, tengono tutti i comandamenti con tutte le cerimonie di santa Chiesa, e gli altri danno contra a la Chiesa.
Contro l’usura
O usaraio, che hai prestato e furato già cotanto tempo e bevuto il sangue de’ povari, quanto danno hai fatto, e quanto peccato contra al comandamento di Dio! Tu non t’avedi che tu se’ fitto e fondato ne le pene infernali? Tu dici forse: “Io me ne confessarò.” Doh, povaretto, che perché tu vada al confessore, sai, al fratachione che t’asolve, se elli t’assolve, con lui insieme vi vai.
O confessori, quanti di voi ci so’ che so’ stati ingannati da molti che hanno promesso di rèndare, e poi si fanno beffe di Dio e de’ Santi? Non li voliate asolvere più! Se mai più ellino tornano a voi, siate savi: fate almeno sì che l’anima vostra non si perda con la loro insieme. Se tu li confessi, e essi ti dicano: “Io rendarò e vogliomi amendare per lo tempo a venire,” fa’ che tu vegga, eglino il voglino fare con operazione, e poi l’asolve.
La preghiera
Io ti voglio stamane insegnare a orare. Se tu fili con buona intenzione, tu òri con operazione. Oh nuova cosa, che mentre che tu lavori, tu puoi orare, e non te n’avedi! O tu che fai la tua arte e fâla lecitamente, sempre òri. Fai le scarpette? O fai l’arte della lana? Fai la maestria del legname o della pietra? O se’ fabro, o qualunque altro mestiero fai? Se tu il fai lecitamente, sempre òri; e questo è l’opera.
Se tu òri solo co la bocca, non ti varrà nulla. Doh, io ti voglio dire quello che intervenne a uno nostro frate. Uno nostro frate orava co la bocca solamente, non avendo il cuore a niuna cosa che elli dicesse; unde che orando a questo modo, egli gli aparve uno capo di cane che menava la bocca come faceva lui significando che il suo orare non era megliore che uno cane che menasse la bocca. Sai, quando tu dici l’avemaria o ‘1 paternostro, non avendovi il cuore, proprio fai come uno cane che mena la bocca. Così dico a te che dici l’ufizio, o frate o prete o qualunque religioso, se non v’hai il cuore, non fai nulla.
La penitenza
Ecci niuno fabro, o niuno orafo, o niuno spadaio? Così fa l’uomo all’anima sua, quando e’ fa penitenzia, come fa lo spadaio. Sapete quando voi passate dalli Spadai, e vollete colassù da’ Tolomei, coloro che bruniscono l’arme, che hanno un legno ed anco hanno una spada, e con essi un poca di pòlvare, e posta in sull’arme rugginosa, e dàlle, dàlle, dàlle, e brunisce, e tanto fa così, che la fa bella e pulita e chiara come una bambola.
Così fa l’orafo quando ha una croce vecchia o un calice. Elli el brunisce, e fallo bello col suo burino più che non era prima. Così simile fa il fabro colla sua lima, e fanno coloro magisterio per modo, che diventano più belle che quando erano nuove. E così fa la penitenzia all’anima nostra: ella la brunisce e falla pulita e chiara. Simile la lima della astinenzia, de’ digiuni, e ‘l brunire e disolidarsi in essa penitenzia; e questa tal penitenzia fatta con perfetto cuore, con fervente volontà ella fa l’anima tanto splendida e tanto rilucente e chiara, che è una cosa mirabile».