Ci sono salmi ad un solo stato d’animo e salmi dinamici, in cui l’orante evolve la propria situazione interiore. Il Salmo 88 non è certo da annoverarsi fra questi ultimi: dinamico non è davvero, anzi è monocorde, sul tono della disperazione, direi.
Salmo 88: lamentazione pura
Il Salmo 88 è la straziante lamentazione di un orante arrivato ormai al limite della sopportazione, al pari di Giobbe (Gb 3-27-31). Si tratta di una persona colpita da una malattia devastante (analogie con la situazione del re Ezechia (Is 38,10,20), o comunque da una sofferenza mortale. La situazione non è inusuale nei salmi; ma a differenza di tutti gli altri, in cui non manca mai la supplica se non la fiducia, qui risuona solo il lamento. Il Salmo 88 è il più cupo di tutto il Salterio.
Mancano alche altri elementi caratteristici, come l’imprecazione, oppure la confessione di colpevolezza o la protesta d’innocenza dell’orante. Manca anche una vera e propria conclusione.
Il simbolismo è basato sull’ampio immaginario dello Sheol: fossa, sepolcro, oblio, tenebre, abisso, ombre, Abaddon (simbolo di distruzione)…
Salmo 88: struttura
Il Salmo 88 ha una struttura semplice, suddivisibile in
- vv. 2-3: appello introduttivo al Dio della salvezza;
- vv. 4-19: lamentazione.
* Lo scenario del sepolcro (vv. 4-8): l’orante si sente come se fosse già nel sepolcro, a causa dello sdegno divino;
· * Il dramma della solitudine (vv. 9-19): anche l’isolamento da parte degli uomini, persino dei familiari e degli amici, è considerata effetto del medesimo sdegno. Dio sembra aver abbandonato il suo fedele, che con domande retoriche ne provoca l’attenzione per “convincerlo” ad intervenire in suo soccorso, perché solo da vivo l’orante può cantargli le sue lodi. È significativo che nella conclusione manchi la supplica con espressioni di fiducia e una promessa finale di ringraziamento: il salmista ritorna sul suo sconforto, sulla sua angoscia e la sua solitudine
Lo Sheol
Il dramma dell’orante è il terrore dell’oblio divino che, pensa, sopravverrà dopo la morte. secondo la concezione biblica primitiva, nello Sheol c’è una sorta di sopravvivenza umbratile che accomuna tutti, ma che on permette di entrare in contatto con Dio, autore della vita.
I flutti minacciosi sono un’altra immagine dell’abisso primordiale, ove si agitano le acque sotterranee che cercano di sgretolare la terra.
La menzione del mattino apre alla speranza (v.14): il mattino è il tempo propizio della preghiera. In quanto il sorgere del sole sembra una promessa di benevolenza da parte di Dio. Il salmo si chiude con la parola “tenebra”; eppure, la tenebra (choshek) è quell’assenza da cui Dio ha tratto la Luce… Un filo di speranza e di attesa apre un sottile spiraglio nell’atmosfera cupa di questo salmo, perché l’orante nell’estremo dolore si è pur rivolto al Signore invocandolo come “Dio della mia salvezza” (v. 2).