Il Salmo 79 è una lamentazione sulla triste situazione della Città santa, quella che si è verificata dopo la distruzione di Gerusalemme del 586 a.C. È una composizione che da lamento si muta in supplica al Signore perché intervenga, perdoni i peccati del popolo e lo liberi.
Salmo 79: contesto storico
Il Salmo 79 forma con i Salmi 44; 77; 102 un gruppo omogeneo di suppliche collettive, ma si distingue da essi per la chiara confessione del peccato.
È stato composto probabilmente durante l’esilio di Babilonia, o nell’immediato postesilio.
Salmo 79: struttura
Il Salmo 79 è chiaramente diviso in tre strofe dalle domande retoriche del v. 5 e del v. 10.
Lamentazione collettiva sulla situazione attuale (vv. 1-4)
In questa prima strofa prevale il simbolismo militare. La lamentazione descrive la profanazione del tempio e la sua distruzione (v. 1), l’eccidio che è seguito (vv. 2-3), gli scherni degli altri popoli, che non riconoscono Dio (v. 4; cfr.vv. 6-10). I vv.2-3 sono citati esplicitamente in 1Mac 7,17.
Supplica (vv. 5-9; 10-13)
Il tema della gelosia divina ricorre spesso nei profeti e nel Deuteronomio, quale fuoco che divora tutto ciò che trova. Il salmista chiede a Dio che questo fuoco anziché contro Israele si indirizzi contro le nazioni pagane devastatrici. Il Signore è invocato come “Vendicatore del sangue” dei suoi fedeli: spettava al capofamiglia, sposo e padre, difendere i suoi facendo giustizia dei loro offensori (cfr. Dt 32,43; 2Re 9,6-7). In questo caso, il delitto da punire è la deportazione dei prigionieri, il cui lamento deve raggiungere al cielo.
Il v.12, “Fa’ cadere sui nostri vicini sette volte l’affronto…”, non si limita alla legge del taglione, secondo cui la pena deve essere proporzionata al danno, ma si avvicina molto alla vendetta stabilita per i timori di Caino (Gn 4,15) e che Lamech espande a dismisura (Gn 4,24). In realtà l’espressione “sette volte” ha solo un valore enfatico, ad indicare una punizione esemplare.
La conclusione anticipa nel ringraziamento l’esaudimento della preghiera: il “Tuo popolo e gregge del tuo pascolo” (v.13) ha la certezza di appartenere in modo speciale a Dio e in questa fiducia innalza già il canto della lode.