
Il salmo 77 è una preghiera individuale, la lamentazione di un uomo angosciato che nelle ore notturne cerca il Signore rievocando le sue opere prodigiose del passato. «Nel giorno della mia angoscia io cerco il Signore, nella notte le mie mani sono tese e non si stancano; l’anima mia rifiuta di calmarsi» (v. 3).
Salmo 77: Fare memoria
«Mi ricordo di Dio e gemo, medito e viene meno il mio spirito. Tu trattieni dal sonno i miei occhi, sono turbato e incapace di parlare» (vv 4-5). Aggrapparsi alla memoria di un grande passato non vale come ripiegamento su qualcosa che non tornerà più: vale invece per l’orante a costruire un futuro di speranza. L’orante cerca infatti di farsi forza attraverso il ricordo di un canto lontano (cfr. vv. 6-7), tanto che la domanda straziante: «Forse il Signore ci respingerà per sempre, non sarà mai più benevolo con noi? È forse cessato per sempre il suo amore, è finita la sua promessa per sempre? Può Dio aver dimenticato la pietà, aver chiuso nell’ira la sua misericordia?» (vv. 8-10) diviene per lui una domanda retorica. Il Signore non dimentica, il Signore non ritira la sua misericordia: Egli stesso è Misericordia, Benevolenza e Grazia.
La fede e la sensazione della fede
La fede non è un anestetico, e le gioie della religione non sono consolatorie. Sì, può esservi indubbiamente anche un aspetto emotivo, una sensazione di conforto e di incoraggiamento. Ma non è questo l’essenziale nella fede, non è questo il motivo per cui si crede. Se la base è solo quella, potrà non reggere ai colpi della vita. E infatti la risposta è chiara: Dio non cambia, non è Lui che ha abbandonato il suo fedele. È il suo fedele che deve continuare a porre in lui la sua fiducia, anche se le apparenze dicono il contrario. C.S. Lewis scriveva ad una sua conoscente americana:
«La presenza di Dio non è la stessa cosa del senso della presenza di Dio. Questa ultima può essere dovuta all’immaginazione; alla prima si può non partecipare con “consolazione sensibile”. Il Padre non è stato veramente lontano dal figlio quando questi ha detto: “Perché mi hai abbandonato?”. Voi vedete Dio stesso, come uomo, soggetto al senso umano dell’abbandono […]. È la presenza reale, non la sensazione della presenza, dello Spirito Santo che genera Cristo in noi. Il senso della presenza è un dono in più per il quale ringraziamo quando ci viene dato, e questo è tutto».
È essenziale, per la vita dello spirito, distinguere fra la Presenza di Dio e la sensazione chiara della Presenza, tra la fede e il senso avvertito della fede. Si può credere in Dio e affidarsi a Lui anche senza sentirlo affatto… le emozioni non conducono lontano, la vera fede sta altrove.
Così, l’orante del Salmo 77 riafferma la sua fede in questo Dio invisibile e inavvertibile, tramutando il proprio canto di lamento in un canto di esultanza:
«Ricordo i prodigi del Signore, sì, ricordo le tue meraviglie di un tempo» (v.12). Da qui al termine della composizione il salmista rievoca le opere grandiose compiute da Dio fin dalla creazione e nella storia di Israele, con il passaggio del Mar Rosso e la liberazione dalla schiavitù in Egitto (vv. 13-21). Questa immagine, «Sul mare la tua via, i tuoi sentieri sulle grandi acque, ma le tue orme non furono riconosciute» (v. 20), è probabilmente alla base dell’episodio del cammino di Gesù sulle acque, in cui gli apostoli non riconobbero Gesù. Riconoscere le orme del Signore nella storia può essere difficile, ma è fondamentale per esercitare una fede che non si basi solo sul sentito dire o sull’aspetto emotivo o consolatorio…